Cattedrale Santa Maria Assunta Terni

La cattedrale di Santa Maria Assunta è la chiesa-madre della Diocesi di Terni-Narni-Amelia. L’edificio originario sorse probabilmente intorno al decimo secolo accanto al sepolcro di sant’Anastasio; questi avrebbe ricoperto la carica vescovile nel sesto o settimo secolo, periodo in cui si distinse per la tenacia profusa per difendere una città ancora profondamente scossa dai danni inferti dalla guerra gotica e dall’invasione dei Longobardi, estinguendo inoltre gli ultimi retaggi dell’eresia ariana.
Il sepolcro del santo era protetto da un sacello poligonale, di cui oggi rimangono solo alcuni resti nel pavimento del portico accanto ad una fitta serie di tombe, che confermano l’usanza cristiana di farsi seppellire vicino al corpo di un martire o, come nel nostro caso, di un confessore, al fine di accaparrarsi la sua speciale tutela celeste. In prossimità del sacello di sant’Anastasio si trova la fenestrella confessionis, un’apertura rettangolare strombata, delimitata da una cornice romboidale modanata con una testa di ariete, antico simbolo cristiano di forza e fecondità del pastore che consumò dà la sua vita per il gregge.
La prima chiesa di Santa Maria sorse, quindi, sull’area prima occupata dal sacello di sant’Anastasio e per tale motivo l’ubicazione della cattedrale, contrariamente a quanto accade solitamente altrove, appare oggi insolita per il fatto di occupare un’area topograficamente decentrata rispetto alla piazza principale.
La chiesa romanica era sufficientemente ampia e scandita da tre navate anticipate all’esterno da un portico sorretto da colonne di spoglio, due delle quali sono state successivamente inglobate nei pilastri del rivestimento barocco. Era dotata di un pavimento in stile cosmatesco e di arredi lapidei di straordinaria raffinatezza come quello che rappresenta l’Agnello mistico tra una coppia di pavoni al quale si aggiunga la decorazione del portale maggiore, realizzato dal maestro lapicida narnese Ocellus Scinda, che reca un lungo racemo abitato da animali simbolici e fantastici. Così come nella maggior parte degli edifici umbri di quel periodo, la cattedrale romanica era dotata di un presbiterio rialzato per dare accesso a quella che oggi è una cripta, ma originariamente somigliante ad un ambiente seminterrato. Qui sono conservate le spoglie e alcune memorie dell’altare di sant’Anastasio con il sepulcrum episcoporum.
La facciata romanica era anticipata da un portico sorretto da colonne di spoglio e illuminata da un paio di bifore tuttora visibili sulla controfacciata in cui è stato sottolineato anche il perimetro del rosone che probabilmente si apriva al centro della parete.

Un portale archiacuto realizzato nel 1439 dava originariamente accesso all’oratorio del Santissimo Sacramento spostato alla fine del Cinquecento sul transetto di sinistra. Lo dimostra il pregevole tralcio vitineo con grappoli d’uva beccati da un nutrito numero di volatili che orna l’intradosso dell’arco dipanandosi dalla mano di un vignaiolo per confluire, sotto forma di vino, nell’anfora posta sul lato opposto dell’arco. Il frutto della vite è l’elemento indispensabile della transustanziazione e, come specie eucaristica, identifica in sé il sangue versato dall’Agnello mistico, che lo scultore, tale Giuliano da Milano, ha posto sulla chiave di volta dell’arco.
Alcuni brani pittorici, riferibili alla prima metà del XV secolo, lasciano intuire che la cattedrale fosse decorata con affreschi votivi. Lo dimostra un lacerto che ritrae Sant’Antonio Abate o le figure di Santi vescovi e una Madonna annunciata colta all’interno di un edificio di semplice fattura quasi a richiamare il contesto lauretano legato alla Santa Casa.

Dalla metà del Cinquecento la cattedrale fu oggetto di un radicale progetto di ampliamento. Nel 1547 si diede inizio alla costruzione alla tribuna e all’abside che terminò nel 1559 con la sistemazione del coro firmato dal siciliano Domenico Corsi. Nel 1565 si mise mano all’ampliamento al corpo longitudinale e alle nuove cappelle secondo il progetto dell’aretino Sebastiano Flori, allievo di Giorgio Vasari. I lavori proseguirono fino a Seicento inoltrato, durante il quale fu realizzata la monumentale decorazione murale dell’abside dedicata all’Assunzione della Madonna. La scena, che trapela alcune assonanze con la mano di Andrea Polinori, rispetta i canoni iconografici in voga con gli apostoli che discutono attorno al sepolcro della Vergine Maria, mentre questa è assunta in cielo circondata dagli angeli.

I lavori di rinnovamento edilizio della cattedrale terminarono nel 1653 durante l’episcopato del cardinale Francesco Angelo Rapaccioli; questi interessarono un nuovo avancorpo di facciata costituito da un porticato aperto sormontato da un loggiato superiore illuminato da una serie di finestre ornamentali, che collegava il palazzo vescovile al seminario, due edifici realizzati per volontà del presule, al quale si deve l’aspetto barocco della corte episcopale. Durante l’episcopato del Rapaccioli si segnala la realizzazione dell’organo ad opera di Luca Neri che lo terminò tra il 1647 e l’anno successivo. Le canne di mostra furono decorate da un ricco racemo di quercia, di chiara ispirazione berniniana. E’ radicata a Terni la tradizione che tale ornamento, insieme all’impaginazione complessiva della mostra d’organo, sia stata progettata dal grande regista del barocco romano, che tuttavia non è stata finora comprovata da riscontri documentari coevi o sufficienti a suggerire una paternità indiscutibile. Resta comunque valida l’ipotesi di un’ideazione fornita attraverso schizzi o disegni peraltro ispirati al progetto del Bernini per la decorazione successiva dell’organo di Santa Maria del Popolo a Roma.
Nel 1762 fu realizzato l’altare monumentale destinato a custodire la reliquia del Preziosissimo Sangue donata dal cardinale Rapaccioli alla cattedrale quale segno tangibile del suo episcopato. Il primo progetto dell’altare fu realizzato da Luigi Vanvitelli, che per il sopraggiungere di incarichi sempre più impegnativi e prestigiosi, nonché del lungo periodo di silenzio dei canonici, affidò l’incarico al suo allievo di fiducia Carlo Murena, che dopo il trasferimento del maestro a Napoli assunse la direzione del suo studio romano. Il Murena realizzò il progetto ricalcando l’idea concepita dal Vanvitelli con una struttura architettonica concentrata soprattutto sul sarcofago classicheggiante che sostiene la mensa, il gradino e il monumentale taberna

colo, modellato in forma di tempietto. I preziosi marmi che rivestono l’altare vennero lavorati nella bottega di Antonio Vinelli mentre le decorazioni metalliche furono fuse da Francesco Guerrini, entrambi collaboratori del Vanvitelli. Sulla sommità dell’altare vennero collocate alcune statue in bronzo dorato raffiguranti i santi vescovi ternani sormontati dalla scultura apicale del Cristo Risorto. Due dipinti arricchirono le cornici ovali poste sulla sommità dell’altare; il primo fu realizzato da Giovanni Francesco Barla che raffigurò un Ecce homo di reniana memoria, mentre sul lato anteriore fu sacrificato un dipinto già venerato. Si tratta della Madonna orante realizzata da Giovanni Battista Salvi detto il Sassoferrato, eccellente pittore di soggetti sacri molto apprezzato dal cardinale Rapaccioli che ne fece il suo ritrattista ufficiale. La tela del maestro marchigiano assolse la funzione di immagine principale della chiesa fino all’ingresso di un altro piccolo quadro raffigurante anch’esso le sembianze della Vergine Maria, divenuto famoso nell’Ottocento per il verificarsi di fenomeni legati al movimento del volto e delle pupille documentati da decine di testimoni, che avviarono così una devozione tale da costringere il capitolo a realizzare una cappella in onore di quella che è tuttora invocata con il titolo di Madonna della Misericordia, patrona principale della città di Terni.

Il completamento decorativo dell’abside fu concluso nel 1782, anno Liborio Coccetti fu pagato trecento ducati per la decorazione del catino con una maestosa Trinità che accoglie la Madonna assunta.
Merita di essere ricordato l’interessamento del vescovo Cesare Boccoleri per il restauro della Cattedrale, concluso nel 1937 con una serie di lavori diretti da Gaetano Coppoli, mirati a consolidare l’edificio, a concludere la facciata con l’istallazione di alcune sculture di Corrado Vigni e il nuovo pavimento. L’edificio subì pesanti danni a causa dei bombardamenti aerei della Seconda Guerra Mondiale che causarono tra l’altro la perdita di numerosi documenti artistici.
All’inizio del Duemila, la cattedrale è stata oggetto di un grande progetto di valorizzazione; grazie all’impulso del vescovo Vincenzo Paglia, sono stati realizzati alcuni importanti lavori di rifacimento del pavimento progettato da Eugenio Abruzzini, con la collocazione delle tre porte di Bruno Ceccobelli, la realizzazione dell’altare, della cattedra e dell’ambone ad opera di Paolo Borghi al quale si deve anche la croce pensile. Alla decorazione della cappella Maria Madre della Chiesa sono stati chiamati gli artisti russi Valery Chernoritsky e Anastasia Sokolova, che hanno portato a termine uno dei cicli più completi della vita apocrifa della Madonna che si trovi in Occidente. Conclude il progetto decorativo della Cattedrale, il dipinto monumentale della controfacciata dedicato alla rete mistica e realizzato dal pittore italo argentino Ricardo Cinalli a testimonianza che nei suoi dieci secoli di storia la cattedrale è ancora un luogo dove l’arte esprime non solo il gusto del suo tempo ma anche i drammi dell’umanità affidata alla misericordia del Padre.

Giuseppe Cassio