Celebrazione per l’indizione della visita pastorale

Questa nostra assemblea, formata dai rappresentanti di tutte le singole comunità parrocchiali, dalle più popolose a quelle più piccole, da quelle cittadine a quelle dei castelli e dei borghi, assemblea formata da ciascuno di noi, è una delle esperienze più significative del nostro cammino ecclesiale.
Vescovo, presbiteri, diaconi, religiosi, religiose, persone consacrate, ministri vari istituiti e di fatto, catechisti, operatori pastorali, fedeli laici: tutto il popolo santo fedele di Dio… oggi siamo convocati e radunati attorno alla Parola e all’altare, segni di Cristo maestro e salvatore, per esprimere nella sinfonia dei vari ministeri, la nostra eucarestia all’inizio del nuovo anno pastorale e nell’avvio della Visita Pastorale.
Quali figli del Padre, discepoli di Gesù Cristo e membri della Chiesa, chiamati dal Signore, vogliamo chiederci, non se possediamo questa o quelle virtù, ma se abbiamo assunto il cuore del Padre, se abbiamo reso trasparente e carnale quella immagine e somiglianza di Dio su cui la nostra persona è stata plasmata nel momento della nostra creazione e nascita.

La Parola di Dio
Già nell’antifona di ingresso abbiamo pregato “Da’, o Signore, la pace a coloro che sperano in te”.
Da subito la Liturgia ci avverte che la tranquillità, la gioia del cuore, la riconciliazione, il perdono, in una parola la pace (Shalom) sono dono del Signore e la Chiesa, questa sera la nostra Chiesa insieme, lo invoca. L’origine e la sorgente sono in Dio: solo in Lui troviamo la Pace e Lui ce la dona, mentre lo invochiamo.
Nella colletta ci viene indicato il percorso che ognuno deve compiere per poter svolgere la Missione che ci è affidata da Gesù, che è quella di annunciare il suo Vangelo di amore. agendo da figli di Dio e discepoli di Gesù.
Il punto di partenza è la fede in Dio, creatore e provvidenza:” O Dio, che hai creato e governi l’universo”.
Per avere la capacità di lavorare con fedeltà e con tutto noi stessi al servizio del Regno “per dedicarci con tutte le forze al tuo servizio” non basta studiare il Vangelo, partecipare alla catechesi, far parte di una associazione o gruppo ecclesiale, ma avere la grazia di essere ammessi alla familiarità di Dio: “fa’ che sperimentiamo la potenza della tua misericordia”, essere ammessi a godere l’amore misericordioso di Dio Padre.
E tutti noi, fratelli e sorelle abbiamo sperimentato in abbondanza l’amore, il perdono, la benevolenza, la misericordia di Dio, che è nostro padre
sia nell’atto della nostra creazione,
sia nel disegno misterioso della Redenzione attraverso l’incarnazione, la passione, morte e risurrezione di Gesù,
sia attraverso il rinnovato perdono e la continua offerta della Grazia attraverso i sacramenti della Chiesa.

La prima lettura, tratta dal libro del Siràcide, quale introduzione al tema del Vangelo, presenta il perdono tra fratelli all’interno del popolo di Dio, come premessa indispensabile per ottenere a nostra volta il perdono di Dio: la condizione di esseri fragili e peccatori avrà prima o poi bisogno del perdono di Dio. Un brano, che nella concretezza delle diverse situazioni che si ripetono nell’esistenza dell’uomo, può aiutarci a trovare motivazioni e percorsi per un’esistenza purificata, rasserenata e nobilitata dal perdono.
Soprattutto il ricordo dell’alleanza dell’Altissimo e i benefici da lui ricevuti (salmo: Ricorda l’alleanza dell’Altissimo e dimentica gli errori altrui) sarà la motivazione suprema per spingere al perdono.

Il brano di Vangelo di Matteo, la parabola dei due debitori, è un dei punti più alti del Vangelo, delle “parole” di Gesù in riferimento alla necessità di perdonare sempre, parole confermate dal “fatto” del dono della sua vita per l’umanità e per i peccatori).

Il perdono di coloro che ci offendono, ci fanno del male, dei nemici è uno dei punti più difficili da comprendere e accettare ed è la caratteristica più significativa che distingue il cristiano.
Quanti di noi accettano e sono disposti a mettere in pratica la lezione di Gesù?
Come viviamo nella diocesi, nelle parrocchie, tra noi sacerdoti e diaconi, nelle famiglie, nei rapporti quotidiani, la consegna del perdono?
Fermiamoci brevemente su questo aspetto cruciale della nostra identità cristiana.

Nella nostra natura, ferita dal peccato e immersa nella cultura laica e secolarizzata, è irrefrenabile l’impulso a rompere il rapporto con chi ci offende e a vendicarci di chi riteniamo ci abbia fatto del male.

Voltaire diceva: “chi perdona al delitto ne diventa complice”.
Gli ha fatto eco Nitsche: “chi perdona è un debole, incapace a far valere i diritti.. La pazienza è codardia e incapacità a vendicarsi”.
E infine, il padre della psicanalisi, Freud, sentenziava: “il perdono, una pretesa assurda e dannosa per la salute psichica…”.

Al tempo di Gesù vigeva la necessità di mantenere relazioni pacifiche.
Chi costruiva la pace, l’armonia si considerava benedetto da Dio.
Colui che era stato offeso era obbligato ad accordare il perdono all’offensore che glielo chiedeva.
Ma era un obbligo ristretto ai membri del popolo di Israele.
Il perdono si era tenuti a concederlo per un massimo di tre volte, poi si poteva dare corso alle vie legali.

La domanda di Pietro a Gesù: devo perdonare fino a 7 volte? Indica che Pietro aveva compreso che Gesù andava oltre i limiti posti dai rabbini, cioè tre volte. Aveva capito che Gesù propendeva verso l’amore incondizionato, totale.
La risposta di Gesù va oltre ciò, e spaventa Pietro: si deve perdonare 70 volte sette!
E’ chiaro il richiamo alle parole di Lamec: Sette volte sarà vendicato Caino, ma Lamec settantasette» (Gen 4,23-24), dando origine ad una rappresaglia senza limiti, contro cui si pone il ribaltamento operato da Gesù: dove l’uomo porta la rappresaglia là deve arrivare il perdono.

Il comportamento del servo del Vangelo, che era debitore di una cifra spropositata, appare tanto più odioso se lo si considera strettamente collegato alla prima scena, quella del condono totale del debito, della grazia ricevuta per la sua vita e per quella della sua famiglia.
Non doveva egli far valere a sua volta la misericordia più che la giustizia, memore della grazia ricevuta?
“Sdegnato, il padrone lo diede in mano agli aguzzini, finché non avesse restituito tutto il dovuto. Così anche il Padre mio celeste farà con voi se non perdonerete di cuore, ciascuno al proprio fratello“.
Parole dure, che sembrano smentire quanto detto precedentemente da Gesù.
Qualcuno interpreta queste parole dicendo che chi non accetta la misericordia e il perdono, sarà trattato secondo la logica della giustizia.

Altri ci aiutano a cogliere nelle parole del Vangelo una realtà più profonda: chi non sa perdonare, potrà pure essere una persona giusta, ma Dio non lo riconosce come suo figlio, perché non ha le fattezze dell’amore. Le parole dure rappresentano un ulteriore richiamo a riprodurre in noi i lineamenti e i sentimenti del Figlio, Gesù, e dei figli del Padre.
I figli del regno di Dio sono misericordiosi come il Padre celeste. Hanno le fattezze del Padre celeste, riflesse in quelle di suo figlio Gesù, e che ci ama di amore incondizionato fino al dono della vita e non perde mai la speranza che il figlio e fratello possa essere recuperato alla vita.

Il percorso di comunione che stiamo facendo e che vogliamo portare, con la visita pastorale, nelle singole comunità parrocchiali, ha la radice e il fondamento nella comunione trinitaria, nella quale con Gesù siamo immessi. Nelle nostre comunità, nelle nostre famiglie, durante la nostra esistenza, siamo chiamati a riprodurre l’amore, la misericordia e la gioia, doni di Dio all’uomo e alla Chiesa, segno efficace della Grazia e mistero della presenza di Dio nel mondo.
Tutti noi, avvolti e amati da Dio, possiamo essere la speranza per un mondo trasformato e salvato secondo l’esempio e i parametri di Gesù.
Questa sera Gesù nell’Eucarestia ripete la sua parola di perdono incondizionato per ciascuno di noi e dona alla nostra chiesa il suo Corpo e il suo Sangue, la medicina che guarisce dal rancore, dall’odio e dalla vendetta, e il pane che dona la vita.
Accogliamo il dono di Gesù e incamminiamoci insieme per portare il balsamo di vita di cui il mondo ha bisogno.