La Chiesa del cardinale Martini o la chiesa di papa Ratzinger? – incontro con Andrea Tornielli 2012

La Chiesa del cardinal Martini o la Chiesa di papa Ratzinger? Li hanno spesso presentati come contrapposti, uno come il «panzekardinal» e poi il Papa conservatore che vorrebbe riportare indietro le lancette dell’orologio della storia, l’altro come l’eterno «papabile» progressista e il profetico cardinale del dialogo. Eppure Joseph Ratzinger, oggi Papa Benedetto XVI, e Carlo Maria Martini, l’arcivescovo emerito di Milano recentemente scomparso, pur provenendo da Paesi, ambienti, formazioni diverse, hanno in comune lo sguardo sulla società secolarizzata e la percezione delle necessità di ripresentare il Vangelo in modo umanamente convincente a chi oggi è nel dubbio o non crede.È quanto ha sostenuto il vaticanista de «La Stampa» Andrea Tornielli, autore della nuova biografia «Carlo Maria Martini. Il profeta del dialogo» (Piemme), che nel pomeriggio di giovedì 18 è intervenuto a un incontro nella chiesa di San Cristoforo a Terni.

Di fronte a centinaia di persone Tornielli ha ricordato come Martini, ripercorrendo il filo rosso dei suoi famosi discorsi alla città di Milano, abbia affermato: «Oggi siamo in qualche modo una Chiesa minoritaria, ma se ci collochiamo bene nella società attuale possiamo essere fortemente lievito, fermento, sale, luce… Questa Chiesa si colloca in un complesso pluralistico, democratico, avendo qualcosa da dire di importante, di significativo, di serio, di convincente, di atteso. E lo dice volentieri. Come a significare che, anche se siamo una minorità, non dobbiamo deplorare e lamentarci, ma riconoscere che abbiamo una missione significativa da compiere».

Per Martini la «nuova evangelizzazione» è «urgente e indilazionabile» e consiste nel «curvarsi su quel ferito che è la nostra società occidentale, con tutte le sue miserie, fatiche e pesantezze, per trovare che cosa fare per essa con amore e umiltà».

Proprio Martini ha ricordato come una delle iniziative che più hanno caratterizzato il suo episcopato milanese, la «Cattedra dei non credenti», gli sia stata ispirata da Ratzinger. Alla fine degli anni Sessanta, il futuro cardinale gesuita si trovava in ritiro in una casa nella Selva Nera. «Ebbi tra le mani il testo tedesco della “Introduzione al Cristianesimo” di Joseph Ratzinger… Ricordo il gusto con cui lessi quelle pagine. Mi aiutavano a chiarire le idee, a pacificare il cuore, a uscire dalla confusione… Conservo ancora oggi quegli appunti. Fu in particolare da quella lettura che ritenni il tema del “forse è vero” con cui si interroga l’incredulo, e che mi guidò poi per realizzare la “Cattedra dei non credenti”».

Ha aggiunto Tornielli: «C’è chi potrebbe pensare che questa prospettiva di dialogo, questa condivisione della fatica con l’incredulo, così vicina allo stile martiniano, sia lontana anni luce dal Ratzinger di oggi. Ma non è vero». Il giornalista ha infatti ricordato un passaggio significativo del libro-intervista dell’allora cardinale Ratzinger, «Dio e il mondo», uscito nel 2001, nel quale si legge: «La natura della fede non è tale per cui a partire da un certo momento si possa dire: io la possiedo, altri no… La fede rimane un cammino. Durante tutto il corso della nostra vita rimane un cammino, e perciò la fede è sempre minacciata e in pericolo. Ed è anche salutare che si sottragga in questo modo al rischio di trasformarsi in ideologia manipolabile. Al rischio di indurirci e di renderci incapaci di condividere riflessione e sofferenza con il fratello che dubita e si interroga. La fede può maturare solo nella misura in cui sopporti e si faccia carico, in ogni fase dell’esistenza, dell’angoscia e della forza dell’incredulità e l’attraversi infine fino a farsi di nuovo percorribile in una nuova epoca».

Alla luce di queste parole si comprende meglio il perché Benedetto XVI abbia voluto dar vita al «Cortile dei Gentili», l’iniziativa affidata al Pontificio consiglio della cultura. Il farsi carico delle angosce di chi non crede aiuta innanzitutto il credente, ha spiegato il Papa. Che nelle sue encicliche e discorsi ha sottolineato più volte l’importanza della fede testimoniata, mettendo in guardia dal ridurla a schema, ideologia o morale. Come ebbe a dire a Fatima il 13 maggio 2010:

«Quando, nel sentire di molti, la fede cattolica non è più patrimonio comune della società e, spesso, si vede come un seme insidiato e offuscato da “divinità” e signori di questo mondo, molto difficilmente essa potrà toccare i cuori mediante semplici discorsi o richiami morali, e meno ancora attraverso generici richiami ai valori cristiani… Ciò che affascina è soprattutto l’incontro con persone credenti che, mediante la loro fede, attirano verso la grazia di Cristo, rendendo testimonianza di Lui».