Narni – pontificale di San Giovenale 2018

Cari fratelli e sorelle,
Signor Prefetto, Sindaco, Autorità civili e militari, responsabili della Festa,
L’amore e la devozione per il nostro santo patrono Giovenale ci ha radunati sul suo sepolcro nel giorno della sua festa. Ognuno di noi è qui per rinnovare e prolungare una storia di amicizia e relazione con san Giovenale; ha ragioni di fede e di speranza che lo portano ad un dialogo pieno di confidenza, fiducia e attesa: gratitudine e lode, invocazione e richiesta di grazie.

La cattedrale gremita non manifesta solo la devozione per il santo patrono.
Rinnova l’unione dell’antico e valoroso popolo narnese, credente e devoto,
il rafforzamento della identità cittadina, che ha le sue radici nell’azione civile e pastorale del santo vescovo Giovenale, nelle tradizioni cristallizzate negli statuti cittadini e nelle consuetudini, che vengono rinnovate per l’impegno e la dedizione di tanti narnesi veraci e generosi.
Il corteo storico, con i costumi ricchi e lucenti, la corsa all’anello, la rievocazione dell’offerta dei ceri, la liberazione del prigioniero, la gioiosa festa serale e tanti altri eventi sono i momenti particolari della festa del beato Giovenale, che ha in questa celebrazione e nella successiva processione col busto del Santo il momento culminante.
E’ la celebrazione del solenne pontificale, come è chiamata questa Santa Messa solenne con la partecipazione del vescovo, de canonici, sacerdoti e ministri vari, delle autorità civili e militari con le rappresentanze delle corporazioni, dell’Ente Corsa, dei Terzieri: un’unica famiglia che qui è la famiglia di Dio, che nella fede in Gesù risorto, loda e ringrazia Dio per averci donato in san Giovenale un padre-patrono premuroso e provvidente. Così preghiamo nella colletta:
“Guarda Signore questa tua chiesa,
nella quale il santo martire Giovenale ti servì fedelmente come padre e pastore:
concedi a noi tuoi figli, di tenere come norma di vita il Vangelo,
che egli ha insegnato e testimoniato sino all’effusione del sangue”.

In questo luogo, nella celebrazione dell’Eucarestia sperimentiamo di essere non solo cittadini narnesi, ma popolo santo fedele di Dio, acquistato da Gesù Cristo con la sua passione, morte e risurrezione, e che ora si ricostruisce. San Giovenale, padre e pastore, è stato apostolo che ha predicato il Vangelo ai nostri padri e con la sua presenza viva nell’arco della storia, e ancora oggi, continua a sostenerci e ad accompagnarci.
E infatti questa comunità cristiana ha sperimentato nella storia ed anche oggi il patrocinio e la protezione di san Giovenale. Molti di noi, singoli e famiglie, hanno compiuto il gesto devoto di accendere un cero di ringraziamento sulla tomba del santo per la vicinanza sperimentata di san Giovenale. Siamo fieri ed orgogliosi di essere della sua stirpe e famiglia. Ma ciò non basta.

Non è sufficiente una preghiera fugace, un cero devoto, un passare veloce accanto alla tomba del Santo. Sono segni di una devozione, ma che devono tramutarsi in espressione di una ben più profonda adesione ai valori e agli insegnamenti di san Giovenale: il Vangelo come norma di vita, che porta anche noi ad essere santi.
La rappresentazione che ne fa il Masaccio nel Trittico di San Giovenale,
(dipinto a tempera e oro su tavola, datato 23 aprile 1422 e conservato nel Museo Masaccio a Cascia di Reggello (Fi),
San Giovenale è raffigurato con gli abiti vescovili, col pastorale e la Sacra Scrittura in mano, come un vescovo santo, fedele alla Parola di Dio.
Spesso noi ci vantiamo dei nostri santi, ne parliamo con ammirazione, ma siamo restii nel seguirli sulla stessa via della santità perché la riteniamo impresa ardua, irraggiungibile, non per noi.
A tale proposito l’ammonizione di San Francesco d’Assisi può esserci di richiamo:
“Guardiamo con attenzione, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore l’hanno seguito nella tribolazione e persecuzione, nell’ignominia e nella fame, nella infermità e nella tentazione e in altre simili cose; e ne hanno ricevuto in cambio dal Signore la vita eterna. Perciò è grande vergogna per noi servi di Dio, che i santi abbiano compiuto queste opere e noi vogliamo ricevere gloria e onore con il semplice raccontarle”.
In questa giornata tutti noi siamo invitati ad accogliere il messaggio di san Giovenale: diventare santi come lui! Si, proprio santi!

Papa Francesco, in una recente lettera (Esortazione apostolica Gaudete et exultate, 19-3-2018) invita tutti i cristiani a diventare santi, come san Giovenale. E ne indica la strada. Di questo vorrei parlarvi brevemente oggi.

Papa Francesco afferma con forza, richiamando il messaggio del Concilio Vaticano II:
“Per essere santi non è necessario essere vescovi, sacerdoti, religiose o religiosi. Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali”. (GE 14).

Papa Francesco vuole presentare la concretezza e l’accessibilità a tutti di questo progetto, tanto che fra i santi “può esserci la nostra stessa madre, una nonna o altre persone vicine. Forse la loro vita non è stata sempre perfetta, però, anche in mezzo a imperfezioni e cadute, hanno continuato ad andare avanti e sono piaciute al Signore” (GE 3). È in questo senso che Francesco parla dei “santi della porta accanto”: “Mi piace vedere la santità nel popolo di Dio paziente: nei genitori che crescono con tanto amore i loro figli, negli uomini e nelle donne che lavorano per portare il pane a casa, nei malati, nelle religiose anziane che continuano a sorridere. In questa costanza per andare avanti giorno dopo giorno vedo la santità della Chiesa militante”.

La santità cui siamo tutti chiamati è insomma umile, feriale, accessibile a ognuno, e non ha bisogno di garanzie di appartenenza, tanto che la si può trovare dappertutto. Essa si costruisce attraverso piccoli gesti: “Per esempio: una signora va al mercato a fare la spesa, incontra una vicina e inizia a parlare, e vengono le critiche. Ma questa donna dice dentro di sé: No, non parlerò male di nessuno. Questo è un passo verso la santità. Poi, a casa, suo figlio le chiede di parlare delle sue fantasie e, anche se è stanca, si siede accanto a lui e ascolta con pazienza e affetto. Ecco un’altra offerta che santifica. Quindi sperimenta un momento di angoscia, ma ricorda l’amore della Vergine Maria, prende il rosario e prega con fede. Questa è un’altra via di santità. Poi esce per strada, incontra un povero e si ferma a conversare con lui con affetto. Anche questo è un passo avanti” (GE 16).

Così, se qualcuno di noi si pone la domanda: “Come si fa per arrivare ad essere un buon cristiano?”, la risposta è semplice: è necessario fare, ognuno a suo modo, quello che dice Gesù nel discorso delle Beatitudini. (GE 63)
Per realizzare questa risposta quello che conta, afferma ancora il Papa, è “compiere azioni ordinarie in un modo straordinario” (n. 17), con tutto l’amore di cui siamo capaci.

Francesco insiste invece sul fatto che non si può essere santi senza l’aiuto di Dio: “La Chiesa ha insegnato numerose volte che non siamo giustificati dalle nostre opere o dai nostri sforzi, ma dalla grazia del Signore che prende l’iniziativa” (n. 52). Questa è una grazia da chiedere con la preghiera, l’umiltà e la fiducia.

Infine “La santificazione è un cammino comunitario, da fare a due a due” (GE 141), nella comunità ecclesiale, nella famiglia, nella comunità religiosa.

Quando celebriamo la festa dei santi patroni, di san Giovenale sperimentiamo una parentesi di gioia vera tra tante sofferenze o tante illusioni, che ci procura la vita. In fondo ai santi chiediamo di aiutarci a districarci nella vita e trovare la via della serenità, benessere, felicità, concordia e amore: ciò che facciamo con questa celebrazione e la successiva processione. Ebbene il messaggio di san Giovenale di quest’anno ci viene ricordato da Papa Francesco: possiamo trovare serenità, benessere, vera gioia nella ricerca della santità, in una vita santa.

Vorrei concludere richiamando l’esortazione di san Paolo nella prima lettura, negli Atti degli apostoli, che per estensione, vorrei potessimo sentire rivolta a tutti coloro che sono costituiti in autorità sul popolo:
Paolo mandò a chiamare a Èfeso gli anziani, i capi della Chiesa; disse loro: “Vegliate su voi stessi e su tutto il gregge, in mezzo al quale lo Spirito Santo vi ha costituiti come custodi per essere pastori della Chiesa di Dio, che si è acquistata con il sangue del proprio Figlio. Io so che dopo la mia partenza verranno fra voi lupi rapaci, che non risparmieranno il gregge”.

Formulo l’augurio che ognuno, secondo le proprie responsabilità competenze possa guidare il popolo che gli è affidato, proteggendolo dagli innumerevoli lupi rapaci. Che ciascuno di voi, l’intera città e la comunità cristiana, alla scuola di san Giovenale possa sperimentare la concordia e la gioia, riservata a coloro che si sforzano di diventare santi, discepoli di Gesù.