Narni San Giovenale 2018 – cerimonia della rievocazione storica dell’offerta dei ceri

Questa sera rievochiamo e rinnoviamo il gesto delle autorità comunali della città di Narni, delle sue contrade e dei rappresentanti delle arti, per l’offerta dei ceri a san Giovenale nelle mani del suo successore, il vescovo di Narni.
Tutti voi tenete a rinnovare questo gesto, al termine della sfilata per le vie della città e ad avvio solenne dei solenni festeggiamenti in onore del Santo Patrono. Avete attraversato la città, messa a festa, sotto lo sguardo dei concittadini e di gente venuta da varie parti d’Italia e oltre.
Questa maestosa Cattedrale, chiesa madre, costruita ad onore di Dio Onnipotente, sopra il sepolcro glorioso di San Giovenale, e l’intera chiesa diocesana rappresentata dal vescovo, dai canonici e dai sacerdoti e diaconi, accolgono in un abbraccio di pace e di benedizione, cittadini comuni e autorità di Narni.

Nella cerimonia dell’offerta dei ceri, vengono tacitamente confermati e rinnovati gli statuti di questa città (Statuti del 1371), sottoscritti dalle autorità e anche dal vescovo del tempo, come è rappresentato in questa cattedrale. In pratica viene rinnovato l’impegno di tutti a promuovere il benessere comune e la pacifica civile convivenza.
Affido alla vostra benevolenza alcuni pensieri e sentimenti, che mi animano in questo momento.

I rappresentanti delle contrade, dei castelli e delle arti questa sera sono convocate e chiamate in un appello solenne. Ciò sembra voler dire: ecco, anche quest’anno noi ci siamo con la nostra identità e caratteristiche, con le nostre genti. Tutti intendiamo concorrere al bene comune.
Siamo qui come pellegrini e devoti di san Giovenale, che riconosciamo nostro patrono.
Nell’offerta dei ceri offriamo le nostre persone, i concittadini che rappresentiamo per testimoniare la fede in Dio e la nostra rinascita in Gesù Risorto mediante il battesimo.
Torniamo a casa con sentimenti di gratitudine e col proposito rinnovato di condividere il progetto di vita cristiana proposto e predicato da san Giovenale ai padri di questa comunità con le parole e il martirio e che qui risuona ancora oggi.

Questa sera, nell’ambito della festa, avviene anche la simbolica liberazione del prigioniero,
un gesto simbolico che ci aiuta a passare dall’autosufficienza compiaciuta a quell’opera di liberazione, di cui anche ai nostri tempi c’è tanto bisogno.

Pensiamo ai prigionieri e agli schiavi di tutto il mondo.
I prigionieri di vizi e abitudini malsane e distruttive.
I prigionieri dell’egoismo, dell’orgoglio, del potere, di una lussuria incontrollata.
I prigionieri di ricchezza scandalose e di beni non condivisi o male usati.
I prigionieri delle tecnologie, malamente usate.
I prigionieri della miseria materiale, culturale e spirituale.

Pensiamo ai tanti imprigionati senza colpa, trattati senza rispetto della dignità umana, per motivi politici, di razza, di religione,
Pensiamo per un istante ai tanti immigrati e ai richiedenti asilo che fuggono da condizioni di vita disumane e verso i quali, cittadini laici e cristiani, nutriamo sempre più frequentemente, un senso di fastidio e di repulsione.
Ricordiamoci di san Giovenale, giunto ad evangelizzare le nostre genti dopo un percorso avventuroso dall’Africa.

Infine non trascuriamo una riflessione sul prigioniero che è in ciascuno di noi, da liberare per vivere secondo verità, rettitudine, giustizia, umanità e bellezza. Come pure adoperiamoci per rendere più liberi uomini e donne dei nostri giorni.

Formulo l’augurio che viviate questi giorni nella serenità, nella lealtà e allegria, ma anche nella riscoperta del vostro amore per san Giovenale e di quei valori, civili e cristiani, che costituiscono la vera nobiltà delle vostre contrade e della vostra città, nel passato e nel presente.