Natale 2015 – celebrazione della Notte santa

Il tempo è compiuto, la meta è raggiunta, gli invitati sono radunati, tutto è pronto per far festa a Gesù nel giorno della sua nascita: Buon Natale a Gesù! Buon Natale a voi e ad ogni uomo che vive sulla terra!
Il lieto messaggio che ci viene dalla Liturgia e dal Vangelo di Luca è di incoraggiamento e di speranza per tutti noi, porzione del popolo di Dio, bisognosi di misericordia e di conforto.
Una breve presentazione e la riflessione sui tanti e singoli personaggi, protagonisti volontari o ignari della nascita di Gesù, può aiutarci a collocarci tra la folla, che si accalca attorno grotta di Betlemme per accogliere il dono natalizio della pace.
L’annuncio della nascita di Gesù è descritto da san Luca in una cornice storico-teologica solenne e nello stesso tempo realistica, nella quale il tempo e i vari protagonisti ci aiutano ad avvicinarci a Gesù in maniera adeguata.
L’impero di Cesare Augusto, caratterizzato dalla pax augustea, cantata da Virgilio, nella quale i campi diventano biondi, le vigne ricche di grossi grappoli di uva rossa e il miele trasuda dalle querce.
Il censimento di Quirino: strumento per tenere sotto controllo i popoli, costringere ognuno a pagare tassa e tributi, far sì che tutti tengano chino il capo di fronte al sovrano, padrone e despota.
Chi legge il brano ha in mente un altro triste censimento, quello promosso da Davide e che costò una tragica pestilenza. Il Censimento appartiene solo a Dio. Per Dio il censimento è l’occasione perché l’uomo alzi la testa, perché Dio guardi in faccia ogni persona, perché nessuno manchi all’appello davanti a Dio.
Giuseppe, che apparteneva alla casa e alla famiglia di Davide, da Nazareth salì in Giudea alla città di Davide chiamata Betlemme, per farsi censire, obbediente alle leggi umane, ma soprattutto sottomesso alla volontà di Dio.
Insieme a Maria, sua sposa, che era incinta, la signora e regina protagonista del disegno di Dio.
“Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per lei i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio”.
L’evento più importante della storia è descritto in due righe.
A Luca interessa annunciarci che Maria ha dato alla luce il figlio primogenito. Perché primogenito?
Il riferimento è ai primogeniti d’Israele che erano riservati, consacrati a Dio, consegnati totalmente al disegno della vocazione voluta dal Signore. I sogni da realizzare sono quelli di Dio.
Lo avvolse in fasce… chiara allusione al libro della Sapienza:
“Anch’io, appena nato… fui allevato in fasce e circondato di cure” (Sapienza, 7,4): così è descritta la nascita del più saggio degli uomini, Salomone. Anche il più grande degli uomini nasce come tutti gli uomini.
Luca vuol dirci che Gesù è veramente uomo come noi, ha assunto la nostra condizione in tutto, è divenuto mortale. Dio era perso di amore per noi. IL verbo si è fatto carne… ha assunto la nostra mortalità… tanto Dio ama l’uomo! Essere uomo è bello al punto che Dio si fa uomo.
Maria lo ha adagiato nella mangiatoia… anche qui vi è un chiaro riferimento ad Isaia ( 1,3): “Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende”».
In quella mangiatoia dobbiamo riconoscere il nostro Signore, siamo invitati a riconoscere Dio come il bue e l’asino… la sapienza di Dio che ci viene dato in cibo.
Non c’era posto nell’albergo, ma il termine usato (Katalima), non era l’albergo. Era improbabile che una piccola cittadina come Betlemme avesse un albergo. Inoltre l’ospitalità era sacra, e resta impensabile che Maria nella sua condizione fosse scacciata.
Katalima è la camera della casa dove erano stati accolti, dopo c’era la grotta, dove erano ricoverati gli animali (il bue e l’asino). Non era conveniente che il parto avvenisse in quella stanza, dove non c’era riservatezza, perciò Maria dovette adattarsi nella grotta con la mangiatoia.
Luca racconta la nascita di Gesù con poche parole, per poi presentare i pastori. La buona notizia di Gesù è riservata a loro, perché?
I pastori, al tempo di Gesù, non hanno nulla della poesia con cui noi li guardiamo. Essi sono considerati briganti, cavallette insaziabili, il nulla che viene dalla steppa…
Tra gli israeliti erano circondati da disprezzo, erano pubblicani, persone impure, pagati poco, vivevano di furti,a volte omicidi… conducevano una vita come le bestie, non potevano entrare nel tempio, falsi, ladri disonesti… Erano considerati gli ultimi della terra.
Sono persone avvolte dalle tenebre della notte… hanno paura della luce che rivela la loro miseria e impurità… Avevano paura che arrivasse il messia, perché erano consapevoli di meritare un giudizio di condanna.
Un angelo si presentò… e invece di scagliare saette, li avvolse di luce. Muoiono di paura… essi furono spaventati di spaventi grandi…
“Non temete vi porto un annuncio di gioia e di una gioia grande”. Invece di essere avvolti dai castighi di Dio, sono avvolti dalla luce dell’amore di Dio, che si presenta a tutti, buoni e cattivi, come amore.
Compare una moltitudine dell’esercito celeste, non di Ottaviano Augusto, ma quello del regno di Dio che canta pace agli uomini che lui ama. E ama più di tutti gli altri i pastori, che sono gli ultimi della terra, emarginati da tutti. L’amore è effuso dal cielo partendo da questi ultimi. Amore incondizionato che Dio ha per tutta l’umanità.
Tutti noi, peccatori, in angustia per i nostri peccati, siamo amati dal Signore. Dio si fa uomo per noi, per farci sentire la sua vicinanza. Nell’Anno della misericordia l’annuncio di Natale attraverso il racconto di Luca, assume una attualità particolare.
Come i pastori, categoria emarginata, sono i destinatari primi della pace di Dio, anche noi oggi siamo destinatari dell’amore incondizionato e immenso di Dio.
Nei giorni passati ho incontrato tanta gente: lavoratori, malati, anziani, bambini, giovani studenti, carcerati, disoccupati, poveri di ogni genere. Tanti animati da speranza, ma altrettanti sotto il peso, a volte insostenibile, della sofferenza, di privazione, della disoccupazione, della solitudine e dell’incertezza. A tutti ho formulato l’augurio che viene da Gesù e che riassumo come segue.
Le porte sante, che abbiamo aperte in questa cattedrale, ma anche quella del carcere e quella simbolica della mensa dei poveri da una parte aprono l’esistenza di tutti, santi e peccatori ad una speranza nuova per la presenza misericordiosa di Dio, fatto uomo. Ma nello stesso tempo sono monito per tutti, ciascuno per la sua parte e funzione, pubblica e privata, a rendere concrete e quotidiane le sfaccettature plurime delle opere di misericordia: dar da mangiare agli affamati, creare condizioni sociali di giustizia perché ognuno abbia un lavoro dignitoso, un tetto dove abitare, ai giovani sia garantita l’istruzione e un futuro di speranza, gestire le strutture sanitarie in maniera che a tutte le persone siano garantite le cure necessarie, ai profughi sia data accoglienza umana, ai popoli siano risparmiate violenze e guerre, ogni uomo sia accolto come figlio di Dio, la natura sia rispettata e curata come nostra madre terra, ad ogni uomo e donna sia annunciata la gioia della fede e dell’amore di Dio.
Ad ognuno di noi gli angeli danno l’annuncio che Gesù è nato; Dio fatto nostro fratelli di sangue, lo troveremo in un bambino avvolto in fasce e deposto in una mangiatoia. Ai poveri viene dato il segno di dove incontrare Dio: nella stessa povertà e semplicità di un bambino, che ha bisogno di tutto.
Coraggio, fratelli, accogliamo la carezza di Dio e la benevolenza del bambino Gesù, che è la speranza dei nostri giorni.