Pasqua 2018 – messa crismale

Un tempo era il sangue dei capri e la cenere di un vitello ad aspergere quanti erano immondi. Serviva però solo a purificare il corpo. Ora invece, per la grazia del Verbo di Dio, ognuno viene purificato in modo completo nello spirito.
Seguiamo anche noi il Signore, cioè imitiamolo, e così avremo trovato il modo di celebrare la festa non soltanto esteriormente, ma nella maniera più fattiva, cioè non solo con le parole, ma anche con le opere”.
(Dalle «Lettere pasquali» di Sant’Atanasio, vescovo (Lett. 14, 1-2; PG 26, 1419-1420) (Celebriamo la vicina festa del Signore con autenticità di fede)

Cari fratelli Presbiteri e diaconi, ministri vari, religiosi, religiose, fedeli tutti,
Anche quest’anno inizio l’omelia richiamando un brano delle «Lettere pasquali» di Sant’Atanasio, vescovo, per esortarvi a celebrare adeguatamente la Pasqua del Signore e la nostra Pasqua 2018.
La Messa crismale, che il Vescovo concelebra con i presbiteri e durante la quale benedice il sacro crisma e gli altri oli, è una delle principali manifestazioni della pienezza del sacerdozio del Vescovo e un segno della stretta unione dei presbiteri con lui.
Al centro c’è Cristo sacerdote, circondato da coloro che ha unto e consacrato suoi sacerdoti per adorare Dio Padre e assistere e curare tutto il popolo sacerdotale.
L’ Antifona d’ingresso inquadra questa nostra assemblea, epifania della Chiesa, organicamente strutturata, nei vari ministeri e carismi, attorno a Cristo:
“Gesù Cristo ha fatto di noi un regno
e ci ha costituiti sacerdoti per il suo Dio e Padre;
a lui gloria e potenza nei secoli dei secoli. Amen. (Ap 1,6)
Sacerdoti eletti e consacrati tra e per il popolo santo fedele e per il nostro Dio e Padre.

Il popolo, per il quale Gesù ha dato la vita e che ci è stato affidato, vive in condizione di provvisorietà storica, morale e spirituale. Ripercorre e riproduce la storia del popolo di Israele, nell’esperienza dell’Esodo e nella peregrinazione nel deserto: alternanza di entusiasmo e gratitudine a Dio per la liberazione ottenuta, ma anche momenti di rimpianto per ciò che si è lasciato: la precarietà appiattita e soddisfatta del piatto di cipolle gratificanti. La storia si ripete ad ogni generazione con caratteristiche proprie e peculiari. Sacerdoti di un popolo dalla dura cervice e noi stessi coinvolti nella palese ribellione al Signore o nella distratta e superficiale dimenticanza delle vie della verità e della libertà, ci ritroviamo impoveriti e invischiati nella mondanità e nella lontananza da Dio.
Il predominio dell’egoismo di singoli e di gruppi, dell’ingordigia, della ricerca di guadagno ad ogni costo, il potere che si fa oppressione e prepotenza, l’illegalità e la corruzione producono la conseguente schiavitù, l’impoverimento, la miseria di intere nazioni, lotte e guerre insensate.
Anche nella nostra nazione, che si gloria di avere radici e cultura cristiana, si ravvede la necessità di una riflessione sapienziale e discernimento sulla situazione preoccupante di povertà diffusa, di disoccupazione specie giovanile, di scontri intergenerazionali, di diffusa illegalità, che ha nelle mafie di varie denominazioni l’espressione più alta. Non possiamo tacere e nasconderci anche il sottile diffondersi di una certa mentalità che, col pretesto della difesa di libertà male intese, impone visioni e leggi in contrasto non solo col Vangelo, ma anche con l’identità stessa dell’essere umano. Una tale visione materialistica, orizzontale e precaria dell’esistenza, incapace di elevarsi ai valori perenni del vero, del bene e del giusto, porta alla logica conseguenza della scarsa considerazione per la vita umana tout court, all’assenza di ogni freno morale, alla mancanza di attenzione al bene comune, al rispetto degli altri ed anche di se stessi.
Solo a mo’ di esempio, e considerando il nostro territorio, è evidente il gran numero di disoccupati, di giovani che emigrano, di famiglie cadute in stato di indigenza, di episodi di teppismo o delinquenza giovanile, di bullismo. E che dire della situazione della nostra cara Terni, bisognosa di un comune straordinario sforzo per ricostruire l’orditura amministrativa, politica e sociale, per risollevare il morale e la fiducia dei cittadini dopo la dichiarazione di dissesto finanziario e il commissariamento?
E’ necessaria una riflessione comune, seria e responsabile per individuare proposte, progetti, programmi e persone che promuovano il bene comune, di tutta la cittadinanza.

Oggi facciamo memoria del nostro atto di nascita come sacerdoti a servizio e per la salvezza del popolo, di questo popolo così sofferente.
Siamo sacerdoti, ministri di Dio e del popolo, popolo di Dio e nostro: il popolo di Dio composto direttamente dai battezzati e indirettamente da coloro che non aderiscono alla Chiesa, ma che pure serviamo con dedizione e amore.
Vogliamo farci carico delle pene e delle speranze dell’umanità e in particolare di coloro, in mezzo ai quali il Signore ci ha posti.
Gesù, che nel Vangelo attualizza e realizza la missione preannunciata dal profeta Isaia (61), oggi in modo particolare ci associa a sé e indica l’obiettivo della missione sacerdotale:
“Lo spirito del Signore Dio è su di me,
perché il Signore mi ha consacrato con l’unzione;
mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri,
a fasciare le piaghe dei cuori spezzati,
a proclamare la libertà degli schiavi,
la scarcerazione dei prigionieri,
a promulgare l’anno di grazia del Signore,
il giorno di vendetta del nostro Dio,
per consolare tutti gli afflitti”.

Questa missione viene evidenziata dal rito della benedizione degli oli, che sottolinea il mistero della Chiesa come sacramento globale del Cristo, che santifica e salva ogni realtà e situazione di vita.
Insieme al crisma, sono benedetti l’olio dei catecumeni per quanti lottano per vincere lo spirito del male, in vista degli impegni del Battesimo e l’olio degli infermi per l’unzione sacramentale di coloro che nella malattia compiono in sé ciò che manca alla passione redentrice del Cristo. Così dal Capo si diffonde in tutte le membra della Chiesa e si espande nel mondo, il buon odore di Cristo.
Associati a Cristo in questa opera di speranza e di salvezza, abbiamo bisogno di precisare ulteriormente il servizio particolare e specifico che il popolo sacerdotale ha da prestare al mondo: portare il lieto annuncio e incoraggiare a irrobustirsi nella fede in Dio e nella adesione a Cristo.
Richiamiamo l’invito del papa san Giovanni Paolo II, al n. 34 della Christifideles Laici (l’Esortazione post sinodale, 30 dicembre 1988) dove si dice: “Urge rifare il tessuto cristiano della società umana. Ma la condizione è che si rifaccia il tessuto cristiano delle stesse comunità ecclesiali… dove si conservano tuttora molto vive tradizioni di pietà e di religiosità popolare cristiana; ma questo patrimonio rischia di essere disperso sotto l’impatto di molteplici processi, tra i quali emerge la secolarizzazione…”; Evangelizzarsi per evangelizzare.
Viene da chiedermi: le nostre parrocchie sono comunità dove in primo luogo ci si evangelizza?
I presbiteri, i diaconi, i fedeli sono dediti a promuovere insieme un cammino di fede, guidati da una intensa relazione e vicinanza con la Parola di Dio e con l’Eucaristia per “rifare il tessuto cristiano delle stesse comunità”? Solo quando si cammina e si cammina insieme lasciandosi evangelizzare, si può evangelizzare e rifare il tessuto cristiano della società
Ma come può avvenire ciò?
Papa Benedetto XVI, ripreso da papa Francesco dice: “La chiesa cresce per attrazione e non per proselitismo”.
Ciò avviene quando si vive concretamente la vita di fede, quando si manifesta al mondo l’unità tra la proclamazione della verità e la coerenza della vita, quando si è testimoni e si attua concretamente una testimonianza visibile e una comunicazione attraverso relazioni dirette.
Nella visita pastorale che sto effettuando mi vado rendendo conto di quanto sia urgente questa azione da parte di tutto il popolo sacerdotale, animato da presbiteri e diaconi.
Per esempio, le famiglie cristiane, che sono toccate da Gesù, devono farsi portavoce del Signore verso il gran numero di coppie “smarrite” o sull’uscio della chiesa per incoraggiarle ad entrare per trovare la speranza nel Signore.
La stessa cosa vale per i giovani, quasi scomparsi dalle nostre comunità: è necessario che presbiteri, genitori e giovani stessi formino una alleanza per ascoltare le esigenze dei giovani, in altrettanti sinodi parrocchiali o foraniali, per rispondere alle loro domande espresse e inespresse, per dare voce al loro grido assordante e afono allo stesso tempo.

Nella celebrazione della Messa crismale, un momento centrale è costituito dalla rinnovazione delle promesse sacerdotali: memoria particolare del giorno della nostra Ordinazione, fondazione della Comunione presbiterale.
Nell’obbedienza si realizza la comunione e nella comunione la missione diventa testimonianza:
Comunione col vescovo, tra presbiteri e diaconi, con i Consigli pastorali, col popolo di Dio. Tutto ciò non sempre si verifica. A volte sembra che le decisioni, i richiami, gli inviti del vescovo siano espressioni da interpretare in libertà, lasciate alla buona volontà dei singoli, e da seguire subordinatamente ai progetti personali o della propria comunità.
Riporto come esempi la fluttuante partecipazione agli incontri del clero, agli appuntamenti diocesani, foraniali dei vari Organismi di partecipazione, delle comunità pastorali, l’adesione condizionata agli orientamenti pastorali degli uffici diocesani e alle norme della Chiesa particolare e universale.
Come si fa a pretendere obbedienza dai parrocchiani quando si è disattenti verso gli inviti, le raccomandazioni e i suggerimenti del vescovo?
Devo dare atto e sono grato ai tanti che vivono fedelmente tutto ciò. Vorrei che oggi rinnovassimo con sincerità le nostre promesse di adesione filiale, leale e generosa alla Chiesa e al vescovo. E che oggi segni la ripresa di un più sincero e convinto cammino di comunione.

Questa celebrazione non ha un anonimo riferimento ad una generica comunità sacerdotale, ma a questa comunità sacerdotale, composta dal popolo santo fedele di Terni-Narni-Amelia, dal vescovo, dai Presbiteri e diaconi con i nostri nomi e cognomi, nell’anno di Grazia 2018.
Vogliamo allargare la comunione, ricordando e ringraziando i presbiteri e i diaconi, che prossimamente festeggeranno il proprio Giubileo di Ordinazione e di servizio ministeriale alla Chiesa:

50 anni di presbiterato (1968)
Don MARCELLO GIORGI
Ordinato il 1 settembre 1968
Parroco di SS. Trinità e S. Maria della Pace – Valenza

25 anni di presbiterato (1993)
Don TIZIANO PRESEZZI
Ordinato il 7 febbraio 1993
Parroco di S. Lino Papa e Martire – Vigne

Don PETRU BLAJ
Ordinato il 6 marzo 1993
Parroco di Santi Giuseppe Egidio e Marina – Montoro

Don MAREK SYGUT
Ordinato il 29 giugno 1993
Parroco di S. Giovanni Apostolo ed Evangelista – Vacone

Don VINCENZO GRECO
Ordinato il 24 ottobre 1993
Parroco di S. Maria del Carmelo – Terni

Don LUCA ANDREANI
Ordinato il 30 ottobre 1993
Parroco di S. Maria del Rivo – Terni

Don LISNARDO MORALES SERRANO
Ordinato il 27 novembre 1993
Parroco di S. Maria Assunta – Otricoli

Sono tornati alla Casa del Padre nell’ultimo anno, i seguenti ministri buoni e fedeli:

1. Don Maurizio Cuccato (* Bagnoli di Sopra PD 21-8-1944- † Conselve Pd 19 giugno 2017)
2. Don Lorenzo Civili (* Alviano 09/06/1926 – † Terni 11 luglio 2017)
3. Don Mario Santini (* Amelia 25 – 3 1922 – † Porchiano 18 agosto 2017)
4. Diacono Franco Coppo (funerale 25-7-2017)

Ci sentiamo uniti, inoltre, ai nostri confratelli che non possono essere qui con noi perché ammalati o anziani, o perché impegnati in missioni lontane: don Sergio Vandini, don Sergio Raparelli, don Andrea Piccioni.

Cari fratelli e sorelle,
mutuando da Papa Francesco le parole pronunziate alla messa crismale del 2014 (17 aprile 2014), avendo davanti tutti voi confratelli sacerdoti, specie quelli che festeggiano il giubileo, desidero chiedere al Signore tre cose per ognuno:
– Che conservi «il brillare gioioso» negli occhi dei nuovi ordinati, pronti a partire «per “mangiarsi” il mondo e per consumarsi in mezzo al popolo fedele di Dio»;
– Che conservi «la profondità e la saggia maturità della gioia nei preti adulti», quelli che «hanno tastato il polso del lavoro» affinché raccolgano le forze e si riarmino;
– Infine che quella stessa gioia «risplenda nei sacerdoti anziani, sani o malati», affinché, guardando alla croce, riscoprano la consapevolezza di possedere «un tesoro incorruttibile» e riassaporino la gioia di «passare la fiaccola», di «veder crescere i figli dei figli» e di «salutare sorridendo e con mitezza, le promesse in quella speranza che non delude».
Lasciamoci istruire e guidare da Maria, madre della Chiesa e dei sacerdoti, nella fedeltà alla Parola e alla missione ricevuta dal Signore il giorno della nostra unzione e nell’esprimere la nostra gioia con le tonalità e i contenuti espressi da Lei nel canto del Magnificat.

+ P. Giuseppe Piemontese OFM Conv
Vescovo di Terni-Narni-Amelia