Pasqua 2021 – messa in Coena Domini

Cari fratelli e sorelle,
con questa celebrazione diamo inizio al triduo pasquale, memoriale della Pasqua ebraica, il rinnovo della nuova ed eterna Alleanza, la celebrazione attualizzata della Pasqua del Signore. Non un triduo di preparazione, ma una pasqua celebrata in tre giorni, a cominciare da questa sera. E vi sono tutti gli elementi: la chiesa comunità famiglia che fa memoria, come abbiamo ascoltato nella prima lettura; la parola di Dio annunciata e condivisa; la mensa imbandita con Gesù agnello immolato e donato come nostro alimento, come pane dei pellegrini.
Nella prima lettura abbiamo ascoltato la descrizione della Pasqua dell’esodo, la narrazione dettagliata di come prepararsi e partecipare al passaggio dell’angelo, all’attraversamento del Mar Rosso, il passaggio dalla schiavitù alla libertà. Quella Pasqua che è anticipo della Pasqua di Cristo.
Nella seconda lettura, memoriale della Pasqua del Signore, ci viene trasmesso quello che Paolo ha ricevuto a sua volta dal Signore stesso: “questo è il mio corpo”. Allo stesso modo dopo aver cenato prese il calice dicendo: “questo calice è la nuova ed eterna alleanza del mio sangue, fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me”. Come la comunità di Paolo, ogni comunità, anche noi, anche la nostra comunità, facciamo Pasqua facendo memoria e partecipando alla mensa del Signore. Nel Vangelo, Giovanni non narra l’istituzione dell’Eucarestia come gli altri evangelisti, come Paolo stesso. Ma nel racconto della lavanda dei piedi durante la cena, memoriale della Pasqua, esodo di Gesù, ci trasmette il senso, il significato della Pasqua di Gesù, la presentazione, la drammatizzazione, il complimento del suo amore, dell’amore di Gesù per noi fino alla pianezza, fino alla fine. La lavanda dei piedi che san Giovanni racconta nel vangelo è la manifestazione concreta di come Gesù ci ama e di come dobbiamo amarci fino alla fine della vita, fino al colmo della misura.
Quest’anno, come gli altri anni, come tradizione, non rinnoviamo la lavanda dei piedi, ma vogliamo farlo spiritualmente. Ci chiediamo, allora, chi sono gli apostoli ai quali Gesù lava i piedi. Questa sera mi piace immaginare che Gesù lavi i piedi ad ognuno di noi. Immaginiamo Gesù che si cinge l’asciugatoio, si china davanti ad ognuno di noi, lava i nostri piedi, li bacia, li asciuga. A Pietro che fa rimostranza per questo gesto, Gesù dice un’espressione che dobbiamo ricordare sempre: “se non ti lavo i piedi non avrai parte di me, non sarai dei miei”. E tuttavia Gesù dice: “se io dunque, il Signore e il maestro, ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni agli altri. Vi ho dato un esempio, infatti, perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”.
Cari fratelli e sorelle, la Pasqua del Signore si attualizza ogni volta che nell’amore laviamo i piedi gli uni agli altri. Facciamo Pasqua ogni volta che viviamo l’amore vicendevole.
Papa Francesco ha riassunto questo concetto “Fratelli tutti”; occorre partire da questa consapevolezza, sempre rinnovata, e crescere nell’amore, crescere nella fede, diffondere la speranza in tempo di pandemia attraverso l’amore vicendevole, il servizio vicendevole. Gesù chiede di poterci lavare i piedi. E noi non dobbiamo impedirglielo, come voleva fare Pietro. Occorre che ci lasciamo servire da Gesù, col suo metodo. Occorre che ci lasciamo ammaestrare, istruire, che ci lasciamo perdonare. A volte ci vergogniamo di presentarci al sacramento della Penitenza, tanti non lo fanno, perché dicono che si confessano direttamente con Dio. Ebbene Gesù ci dice che deve lavarci i piedi e se noi non glielo consentiamo non saremo parte con lui. Questo lavacro che è misericordia, che è perdono, che rinnovamento dalla testa ai piedi, come poi Pietro ha ribadito. Occorre che ci lasciamo nutrire da Gesù, curare la Gesù, che ci lasciamo amare da Gesù. Non pensiamo sempre che siamo noi che dobbiamo fare, dobbiamo amare, dobbiamo servire. Certo, questa è la risposta, ma innanzitutto lasciamoci servire e amare da Gesù. Occorre però, come abbiamo detto, seguire il suo comando lavarci i piedi gli uni gli altri e cioè ammaestrarci gli uni gli altri, perdonarci gli uni gli altri, occorre che ci aiutiamo a nutrire gli uni gli altri, a curare, in una parola che ci amiamo gli uni gli altri fino alla fine. È questo il comandamento che Gesù ci ha mostrato e ci ha affidato e per noi non dovrebbe essere difficile se pensiamo al fatto che Gesù ci ha amato per primo, ci ha servito per primo ci ha lavato i piedi per primo. L’eucaristia nel giorno del Signore, quella alla quale siamo invitati a partecipare tutte le domeniche, è il segno di speranza, è segno di vita, di ripresa anche dal covid.
Scrivevo a conclusione della lettera per i quarant’anni della visita di San Giovanni Paolo II a Terni, queste parole: “La comunità ecclesiale celebrando il gesto più santo ed efficace della propria esperienza religiosa, l’eucarestia, vuol dare il proprio contributo per promuovere un senso alto del lavoro umano e l’edificazione di una nuova società. Il pane e il vino, frutto della terra e del lavoro dell’uomo, nell’eucarestia diventano Gesù Cristo, cibo e bevanda di vita, medicina che cura il corpo l’anima e lo spirito, debilitati da comportamenti autodistruttivi e dalla pandemia. Essa, convito dei credenti, rinnovato ogni domenica, giorno del riposo dal lavoro e della festa, diventi per tutti premessa e modello e speranza certa di un futuro di giustizia, di condivisione, di benessere nella comunità degli uomini. Celebrando l’eucaristia ci lasciamo servire da Gesù e ci predisponiamo a servire e ad amare come Gesù, riceviamo dal pane eucaristico forza e coraggio per farci lavare e lavare i piedi ai nostri fratelli.