Con san Francesco una vita nuova sulle orme di Gesù
Il figlio del mercante Pietro di Bernardone svolgendo il medesimo lavoro paterno da Assisi si spostava anche a Roma e pertanto percorreva la Flaminia che passava a Terni. Cambiata vita a circa ventiquattro anni in conseguenza del fare misericordia con i lebbrosi si incamminò a ammonire le persone ad abbandonare i vizi e vivere le virtù evangeliche. Tale vita itinerante lo vide prima nella valle spoletana e sull’Appenino umbro marchigiano e poi, percorrendo le strade da lui fatte precedentemente per fini commerciali, a Terni e dintorni.
Ritornava su quei percorsi un uomo cambiato e dedito alla predicazione esortativa da cui traspariva la sua mentalità mercantile: tutto è un dono che ha come origine il Signore che è il sommo bene, tutto il bene. Dei doni ci si può appropriare oppure, rendendo grazie al donatore, restituirli mediante la cura dei fratelli; in questo modo ci si lascia prendere nell’avventura del Signore e così si vive la festa della vita per la quale si è stati creati.
Questa modalità di vivere il Vangelo si diffuse presto anche nei dintorni, come ad esempio allo Speco di Narni dove san Francesco cambiò l’acqua in vino e un angelo suonò una musica nuova, segno della letizia evangelica. Oppure a Narni che con il convento di San Girolamo mostrò la bellezza di tale modo di vivere come è espresso nell’incoronazione di Maria attorniata dai santi francescani dipinta di Domenico Ghirlandaio proveniente da tale chiesa e ora esposta nel locale museo comunale.
Pochi mesi prima di morire ad Assisi da Francesco fu composto il Cantico di frate sole, vera e propria rielaborazione di quanto già espresso in suoi testi precedenti come ad esempio l’Esortazione alla lode di Dio scritta presso la Romita di Cesi. Le creature menzionate sono quelle incontrate e viste lungo la sua vita e leggendo la strofa «Ludato si’, mi’ Signore, per sor’Acqua, la quale è multo utile et humile e preziosa e casta» il ricordo va alla cascata delle Marmore mediante cui il Velino una volta versatosi nel fiume sottostante scorre nel Nera attraversando il territorio della diocesi. Veramente in tale acqua si può scorgere, non senza ragione, la spiritualità francescana, che ha resa ancora più rigogliosa questa terra producendo frutti di santità che ancora rimangono e sono incontrabili da chiunque visita questo territorio periferico rispetto a Roma o Assisi, ma certamente non marginale.
I Protomartiri francescani
I grandi orizzonti della carità e verità furono i confini della predicazione di Francesco d’Assisi e i frati Minori. Pertanto si incamminarono lungo le strade ma per giungere a portare il lieto annuncio anche ai non cristiani che in quei tempi erano innanzitutto i mussulmani. Anche allora – come oggi e in ogni religione e cultura – l’islam non era una realtà monolitica ma vi erano diversi modalità di vivere la fede. Francesco in Egitto con il sultano al-Malik al-Kamil, nipote del famoso Saladino, ebbe modo di vedere una realtà dialogante; infatti presso la sua corte vi erano diversi cristiani, sia copti sia latini; così tale incontro ancora oggi è ricordato come esempio di dialogo.
Diverso fu l’esito della predicazione in Marocco dove la realtà era più aggressiva e davanti al loro entusiasmo giovanile non sempre ponderato si scatenò uno scontro conclusosi con l’uccisione di cinque frati oriundi dell’Umbria meridionale. Un vero e proprio fallimento davanti al quale ancora oggi l’imbarazzo e sconcertante; tuttavia proprio quel limite divenne fecondo. Infatti quando il canonico agostiniano Fernando da Lisbona ebbe modo di vedere a Coimbra i loro copri straziati da una morte cruenta riconobbe nella loro vita la possibilità di realizzare il proprio desiderio di radicalità evangelica martiriale. E così divenne frate minore assumendo il nome di Antonio con cui ancora oggi è venerato non solo a Padova ma in tutto il mondo. Morto a Padova il 13 giugno 1231 dopo meno di un anno fu canonizzato a Spoleto da papa Gregorio IX; la diffusione della sua fama nonché delle agiografie ebbe come effetto collaterale anche una maggior conoscenza del martiri dei cinque frati Minori uccisi a Marrakech. Se Chiara d’Assisi udendo la loro vicenda voleva andare in Marocco per donare anche lei la vita a Cristo da parte sua frate Egidio d’Assisi rimproverava i responsabili dei frati Minori, ossia i ministri, di non aver agito per una loro solerte canonizzazione.
A distanza di secoli non solo sono stati canonizzati da papa Sisto IV ma la loro terra d’origine sempre più ricorda a fa conoscere di questi cinque frati la storia per certi tratti ingenua nel loro integrale entusiasmo, certamente radicale ma tuttavia non inefficace.