Un cammino da san Valentino ai Protomartiri francescani
Il passaggio di san Francesco nell’Umbria meridionale produsse molto frutto perché grazie ad essa il sangue dei Protomartiri francescani oriundi del territorio ternano divenne il seme della vocazione francescana di sant’Antonio di Padova, attualmente venerato il tutto il mondo. In loro si vede compiuta la parola di Gesù: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24).
Ma è bene ricordare che patrono di Terni è san Valentino vescovo e martire che il 14 febbraio è venerato anche quale patrono degli innamorati; egli ricorda una realtà tanto semplice quanto imprescindibile, ossia che se si può morire per amore – come fecero molti martiri – non si può vivere senza amore. La mancanza di amore procura malattie psicosomatiche, rattrista fino a desiderare di morire come purtroppo si può constatare nel mondo, attorno a noi, tra le nostre comunità e persino dentro di noi. L’amore invece sollecita a prendersi cura dell’altro donandogli del tempo e a volte persino la vita, come accadde con i protomartiri francescani nel 1220 o in san Massimiliano Kolbe – che dal 17 luglio al 29 ottobre 1918 dimorò – in tempi più vicini a noi. Proprio la testimonianza di quest’ultimo francescano polacco morto, nel campo di concentramento di Auschwitz nel 1941 il 14 agosto, vigilia della solennità di santa Maria assunta, mostra che se l’amore se non si esprime in un sacrificio ossia mediante gesti concreti e una carità operosa rimane aleatorio. D’altro canto se il sacrificio non è motivato dall’amore inasprisce la vita come a volte a dato di scorgere anche in persone tanto impegnate quanto arrabbiate. Invece allorché l’amore si manifesta in un sacrificio e quest’ultimo è espressione dell’amore come avvenne per i Protomartiri francescani allora realmente si è davanti a quella bellezza che salva il mondo menzionata da Fedor Dostoevskij.