Solennità della Santissima Trinità e giubileo della forania di Amelia e Valle Teverina – 22 maggio 2016

Cari fratelli e sorelle,
ispirati e sospinti da Dio, siamo radunati per prendere consapevolezza della presenza di Dio nel mondo, nella storia dell’umanità, in ciascuno di noi.
Siamo qui a balbettare, smarriti, di Dio, del suo mistero, che Gesù ci ha rivelato: il mistero di Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo.
I santi, i mistici, particolarmente sintonizzati sulle frequenze giuste, esprimevano sconcerto, stupore, ammirazione, adorazione, lode esaltazione di fronte al mistero di Dio Uno e Trino. Riuscivano solo a balbettare monosillabi, sospiri e smorfie di gioia.
Francesco d’Assisi nel momento culminante della sua relazione con Dio quando gli furono imprese le stimmate riusciva solo a pronunziare espressioni, parole che si riferivano a Dio, a quello che Dio era: “Tu sei santo Signore Dio che operi cose meravigliose, tu sei forte, tu sei grande, tu sei altissimo, tu sei onnipotente, tu sei amore e carità, tu sei umiltà, tu sei pazienza, tu sei bellezza. Solo questi attributi riusciva a pronunciare, altro dal suo cuore non riusciva di fronte al grande mistero di Dio.
E’ Gesù, che ci ha rivelato e parlato del Mistero di Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo.
Nel Vangelo abbiamo ascoltato: “Molte cose ho da dirvi, ma per il momento non siete capaci di portarne il peso”. E quale uomo può essere in grado di sostenere il peso della liberazione di Dio: “Quando verrà lui, lo Spirito della verità, vi guiderà a tutta la verità”. E’ lo Spirito Santo che ci è stato donato il giorno del Battesimo e della Cresima e che ci viene donato tutte le volte che celebriamo il sacramento dell’Eucarestia è lo Spirito che apre il nostro cuore alla comprensione di Dio. Dio si è adoperato, Padre, Figlio e Spirito Santo, per coinvolgerci e associarci nel suo mistero di Amore.
Attraverso il mistero della creazione, nell’opera di amore della redenzione e nella santificazione originaria e quotidiana in attesa e nella preparazione della beata speranza. Tutto il nostro cammino che si riempie sempre i di più in attesa del giorno definitivo nel quale potremo vedere il Signore faccia a faccia così come Egli è.
Nel dogma della Trinità c’è racchiuso il sogno per noi. Se Dio è Dio solo nella comunione, allora anche l’uomo sarà uomo solo in una analoga relazione di comunione e d’amore.
Quando in principio il Creatore dice: «Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza» (Gen 1,26), se guardiamo bene, vediamo che Adamo non è fatto a immagine del Dio che crea; non a immagine dello Spirito che si librava sulle acque degli abissi, non a immagine del Verbo che era da principio presso Dio.
Molto di più, Adamo ed Eva sono fatti a immagine della Trinità, a somiglianza quindi di quella comunione, del loro legame d’amore, della condivisione. Qui sta la nostra identità più profonda, il cromosoma divino in noi. In principio, è posta la relazione. In principio a tutto, c’è il legame.
Ogni uomo o donna manifesta nella sua esistenza in una singolarissima maniera, pallida e a volte distorta, il mistero di Dio uno e trino.

Come ha detto Papa Francesco, la solennità liturgica di oggi: “mentre ci fa contemplare il mistero stupendo da cui proveniamo e verso il quale andiamo, ci rinnova la missione di vivere la comunione con Dio e tra noi sul modello di quella trinitaria. Siamo chiamati a vivere non gli uni senza gli altri, sopra o contro gli altri, ma gli uni con gli altri, per gli altri, e negli altri…”.
“La Trinità – ha aggiunto Francesco – è anche il fine ultimo verso cui è orientato il nostro pellegrinaggio terreno: lo Spirito Santo ci guida alla piena conoscenza degli insegnamenti di Cristo, del suo Vangelo; e Gesù, a sua volta, è venuto nel mondo per farci conoscere il Padre, per guidarci a Lui, per riconciliarci con Lui”.
Cerchiamo, pertanto, di tenere sempre alto il “tono” della nostra vita, ricordandoci per quale fine, per quale gloria noi esistiamo, lavoriamo, lottiamo, soffriamo; e a quale immenso premio siamo chiamati”.
Ogni cristiano è chiamato a rendere attuale nella sua vita il mistero trinitario, Padre, Figlio e Spirito Santo e lo facciamo attraverso il segno della croce, espressione della nostra fede in Dio che ci ha salvato attraverso Gesù sul legno della croce.
E’ il ‘segno’ che per tutti i cristiani dovrebbe aprire e chiudere la giornata, vissuta così nell’amore della Santissima Trinità.
Ogni genitore, quando ancora i propri bambini sono incapaci di camminare sicuri, dovrebbe guidare le loro manine a tracciare sulla fronte, sul cuore e sulle spalle, fino a disegnarla con chiarezza, come segno di tutta l’esistenza, la croce, quella di Gesù, il Vivente, accompagnando il segno con le parole “Nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo’.
Una brevissima professione di fede che dovrebbe segnare ogni passo del nostro pellegrinare: ogni inizio di giornata, di lavoro, di sacrificio, di riposo, vero distintivo e professione di ciò che siamo diventati con il Battesimo: figli di Dio, figli di un Padre, che si è donato gratuitamente e da cui siamo creati e a cui apparteniamo; fratelli del Figlio di Dio, Gesù, mandato dal Padre per salvarci e talmente vicino a noi da essere ‘pane di vita’; ‘abitati’ dall’ Amore stesso di Dio, lo Spirito Santo, ricevuto nel Battesimo, effuso su di noi nella Cresima, che ci assiste e dà forza nella difficile nostra vita.
Tracciando il segno della croce, se siamo attenti, professiamo le principali verità di fede: Dio Uno e Trino, Padre, Figlio e Spirito Santo e la morte e resurrezione di Gesù, espressione concreta di quanto sia infinito l’Amore di Dio.
Sintesi della nostra fede, della nostra missione, della nostra condizione di cristiani che credono, amano, sperano, tracciamolo, all’inizio e al termine di ogni azione importante, nei momenti lieti e tristi, nella sofferenza e nella malattia, all’inizio della vita e nel momento della morte perché il segno della croce di Cristo sia chiave del paradiso e segno di riconoscimento per noi nella comunità dei beati.