Concattedrale San Giovenale Narni

La concattedrale di Narni è dedicata a san Giovenale, che ricoprì la carica di primo vescovo della città nel IV secolo. Il suo corpo fu sepolto all’interno di una cavità rocciosa esterna alle mura e compresa tra la porta meridionale della città e la superficie attualmente occupata dalla concattedrale. Attorno alla tomba fu eretta una cella memoriae per interessamento del vescovo Massimo, trasformata poi in luogo di culto dal santo vescovo Cassio. Tale ‘memoria’ è documentata persini nei Dialoghi di papa Gregorio Magno, dove si segnalano le gesta di san Cassio durante l’occupazione di Narni da parte di Totila e il culto tributato a san Giovenale da parte dello stesso presule, che era solito celebrare la messa presso la tomba del suo predecessore. Le reliquie di san Giovenale furono trafugate nell’878 da Adalberto I di Toscana che le trasportò a Lucca depositandole nella chiesa di San Frediano. San Giovenale era molto venerato nel IX secolo, se il trafugamento del suo corpo spinse addirittura il papa, Giovanni VIII, a scomunicare Adalberto finché questi non avesse restituito le spoglie del santo alla città di Narni. Fu così che nell’880 Adalberto riconsegnò ciò che aveva sottratto e il papa revocò la scomunica; il principe trattenne però a Lucca le reliquie di san Cassio e di santa Fausta che rimasero infatti a San Frediano fino al 1679, anno in cui tornarono a Narni.
L’attuale edificio va collocato nel periodo compreso tra la fine dell’XI e la prima metà del XII secolo. Probabilmente questo sostituì una chiesa preesistente disposta perpendicolarmente rispetto alla costruzione successiva con l’altare corrispondente alla tomba del martire decorato da un mosaico con la Maiestas Domini di cui oggi restano alcune consistenti tracce. Non è escluso che questo edificio vada identificato con quello consacrato nel 1145 da Eugenio III, il quale, eletto dodici giorni prima a Farfa, durante la sua sosta a Narni, diretto a Viterbo, si fermò appositamente per consacrare l’oratorio di San Giovenale. Per assecondare le esigenze dei fedeli si pensò, quindi, di accostare al primo edificio una chiesa più grande, che avrebbe rappresentato inoltre una ‘cerniera’ tra l’antica polis e la zona extra moenia in fase di espansione.
La nuova chiesa rispettò l’impianto basilicale con la classica impostazione a tre navate dotate di un transetto absidato; per agevolare l’accesso al sacello di san Giovenale si decise successivamente di aprire una ‘quarta’ navata sul lato nord, destinata ad espandere lo spazio e a creare un più stretto rapporto fra la chiesa vera e propria e l’antico sacello attraverso una sorta di ‘corridoio’ per i fedeli, forse ricalcante un antico vicolo che conduceva alla sepoltura di san Giovenale. L’escamotage della ‘quarta’ navata evitò pertanto lo stravolgimento dell’impianto chiesastico garantendo così la riservatezza della tomba del martire.

Nel 1324 si conclusero i lavori per l’ampliamento dell’abside e all’inizio del Quattrocento si alzò la torre campanaria. Durante gli episcopati di Costantino Eroli e Carlo Boccardi, la chiesa fu dotata di un elegante portico e di una nuova cappella destinata alla confraternita dei Muratori; altri lavori riguardarono la realizzazione del coro ligneo e successivamente, per impulso del vescovo Pedro Gormaz si mise mano alla costruzione della cappella del Santissimo Sacramento e della cappella della Madonna della Consolazione, che fu impiegata anche per la sua sepoltura. Al Gormaz si deve anche la realizzazione dei pulpiti, del fonte battesimale e la sistemazione del sacello di san Giovenale.
Un’altra sensibile trasformazione della chiesa si ebbe nel Settecento; in tale periodo fu ampliato il transetto destro e rinnovata la decorazione della cappella di Santa Caterina per interessamento del cardinale Giuseppe Sacripante, che la dedicò alla Beata Lucia Broccadelli, mistica domenicana narnese vissuta nel XV secolo tra Narni e Ferrara. Il Sacripante apportò anche una svolta conclusiva ai lavori per il nuovo presbiterio, comprensivo di cripta e altare dotato di confessione, che si prolungavano dal 1644 e che terminarono nel 1711. All’interno della confessione sono venerate, entro un’urna di marmo nero, le reliquie di san Giovenale ivi poste nel 1649. Lo squilibrio della croce provocato dall’ampliamento della cappella della Beata Lucia venne presto risarcito grazie all’erezione di un vano speculare dedicato a San Giuseppe, fatto costruire a spese del canonico Antonio Risi nel 1757.

 ITINERARIO – IL VIDEO

La visita comincia con il Fonte battesimale. Realizzato nel 1506, questo si trova oggi nell’antica cappella dei Muratori. Reca le immagini scolpite di san Giovenale e gli emblemi del vescovo Gormaz, del Capitolo, della città di Narni e della famiglia Cardona – probabile committente del fonte – mentre sulla sommità si trova la statua di San Giovanni Battista. Il fonte potrebbe essere opera dello scultore luganese Antonio di Gasperino, il quale nel 1510 realizzò un’opera simile per la Collegiata di Santa Maria Maggiore di Spello.
Nelle vicinanze del fonte si trova una nicchia che ospita l’immagine della Madonna con Bambino tra gli angeli, dipinta agli inizi del XV secolo da un anonimo maestro, che trae il nome dalla città di Narni, al quale è stato accorpato un discreto catalogo di opere dotate di una fermezza grafica che ricorda i modi di alcune personalità artistiche di ambito senese come Taddeo di Bartolo e Paolo di Giovanni Fei.

La cosiddetta ‘quarta’ navata ospita alcuni altari di particolare pregio come quello di San Carlo Borromeo, realizzato probabilmente da Cristoforo e Gregorio Grimani nel 1615, a soli cinque anni dalla canonizzazione del santo, che visitò spesso la città di Narni durante i suoi frequenti viaggi verso Roma.
Poco oltre si trova la cappella di San Rocco riallestita nel 1756 dall’Università dei Muratori, che sacrificò a tale scopo il quattrocentesco monumento funebre del vescovo Carlo Boccardo.

Segue la cappella del Santissimo Sacramento interamente realizzata nell’ultima decade del Quattrocento da Francesco e Sebastiano Pellegrini. E’ introdotta da un arco trionfale che a sua volta sfrutta un antico varco tra la navata destra e la ‘quarta’ navata. L’ingresso poggia su due pilastri scolpiti, che sostengono una cornice di bassorilievi e festoni; il timpano reca al centro il Calice eucaristico sorretto da una coppia di angeli. I pennacchi dell’arco sono occupati da una coppia di medaglioni che racchiudono i busti di Mosè e David. Completa la decorazione della cappella il tappeto musivo di stile cosmatesco, che è l’unica traccia in situ del pavimento originario.

La cappella del Santissimo Sacramento è contigua al sacello di san Giovenale (oggi conosciuto come oratorio di San Cassio) dotato di un singolare rivestimento lapideo, rimaneggiato durante l’episcopato del Gormaz. La superficie è interrotta da un paio di nicchie che ospitano la trecentesca statua di San Giovenale e una Pietà del 1525. L’ingresso è sormontato dalla lapide sepolcrale di San Cassio e Santa Fausta del VI secolo, mentre in alto, sulla parete dell’antica cinta muraria domina l’immagine musiva della Maiestas Domini, realizzata a cavallo tra l’XI e il XII secolo affiancata dalla Madonna “advocata” e da alcuni santi. All’interno del sacello si trova la cavità che ospita il sarcofago di arenaria dove fu riposto il corpo di san Giovenale; nel IX secolo, infatti, le reliquie del santo furono trafugate da Adalberto I di Toscana e portate illecitamente a Lucca per ritornare nella cittadina umbra solo grazie all’intervento papale. Nel 1642, il vescovo Giampaolo Bocciarelli dispose una nuova ricognizione e si preoccupò di trasferire le reliquie sotto il nuovo altare maggiore, dove attualmente si trovano. L’altare voluto dal vescovo Ottavio Avi, custodisce alcune reliquie di san Cassio, che lo stesso presule ritirò da Lucca, città nella quale furono deposte da Adalberto nel IX secolo.

Il sacello del santo patrono è affiancato da quello della Madonna del Ponte, edificata a spese della famiglia Eroli. Qui era venerato il crocifisso ligneo che ora si trova nella navata sinistra. Dal 1714 la cappella fu dedicata alla Madonna e nel 1754 vi si sistemò la tela che ritrae la riproduzione del simulacro mariano conservato nell’omonimo santuario nei pressi del Ponte di Augusto.

La cappella successiva è dedicata alla Beata Lucia Broccadelli, monaca terziaria domenicana di origini narnesi dotata di particolari doni spirituali e mistici, che gli valsero il dono delle stimmate. Fu consigliera del duca di Ferrara Ercole I d’Este nonché fondatrice e superiora dei monasteri di San Domenico a Viterbo e di Santa Caterina a Ferrara, città nella quale morì nel 1544 in concetto di santità. La cappella fu commissionata dal cardinale narnese Giuseppe Sacripante a Nicola Michetti, architetto romano allievo di Carlo Fontana, che pochi anni prima aveva contribuito ai lavori per l’altare maggiore e la confessione del duomo narnese. Lo stesso cardinale affidò l’incarico di decorare la nuova cappella a Francesco Trevisani e Luigi Garzi, che conclusero il lavoro nel 1714. Di particolare rilievo i dipinti su tela del Trevisani alcune scene della vita della beata Lucia.

L’attuale cappella del Santissimo Sacramento custodisce gli altari di San Filippo Neri e della Pietà, ad opera di Pierantonio Mezzastris del XV secolo. Alla metà del secolo successivo va assegnata la devota immagine della Madonna con Gesù Bambino tra i Santi Marco Evangelista e Anselmo accanto alla quale si sale al presbiterio che ospita il monumentale altare barocco con relativa confessione realizzati in linea cronologica da Matteo Albertini, Carlo Spagna e Giuseppe Paglia, del 1644-1711. All’interno della confessione fu ricavato un vano ove furono riposte le reliquie di san Giovenale il 24 aprile 1649. L’altare è rivestito di marmi intarsiati e presenta l’Agnus Dei, emblema del Capitolo. Un ciborio ligneo di ispirazione berniniana è sorretto da quattro colonne in marmo di Cottanello.

Sull’abside poligonale, ampliata nel 1322-24, si aprono sette cappelle decorate da affreschi databili alla prima metà del XV secolo. Di rilievo la seconda cappella da sinistra con Gesù Cristo in mandorla adorato da angeli al quale sottostà una Madonna in trono con Gesù Bambino e quattro Santi. Sempre in questa cappella si ritrovano alcune scene della vita di Sant’Egidio, santo monaco assai venerato nel Narnese. Le cappelle sono parzialmente oscurate dal coro ligneo attribuito al maestro senese Lorenzo di Pietro detto il Vecchietta e realizzato a spese del cardinale Berardo Eroli durante l’episcopato di Boccardo.
Al centro dell’abside domina la grande tela con l’Apoteosi di San Giovenale, realizzata intorno alla fine del Seicento da Girolamo Troppa.

La cripta, detta Cappella del Corpo Santo, custodisce le spoglie di alcuni vescovi di Narni vissuti nel XVII e XVIII secolo. Un elemento davvero inconsueto è rappresentato dalla vetrata che sostituisce la pala d’altare, direttamente collegata all’urna del santo patrono con lo scopo di creare una continuità nella successione episcopale.

Tornando in chiesa vale la pena soffermarsi sui due pulpiti monumentali realizzati nel 1490 durante l’episcopato del Gormaz, al quale si deve un periodo di fervente attività artistica volta a dotare la cattedrale di nuovi luoghi liturgici come il fonte battesimale, la cappella del Ss. Sacramento e la cappella della Consolazione, realizzata nel 1512, per accogliere una tavola della Madonna col Bambino e la sepoltura del Gormaz.

Nel transetto di sinistra si trova la cappella di san Giuseppe, commissionata dal canonico Antonio Risi nel 1757, per la sepoltura del fratello Antonio. La pala d’altare raffigura il Transito di San Giuseppe, l’ovale di destra la Natività di Gesù e quello di sinistra la Santa Famiglia firmate dal pittore siciliano Giuseppe Sortini, che le realizzò nel 1760.

Nella navata sinistra sono presenti brani pittorici che vanno dal XII al XV secolo, concentrate per lo più nell’angolo esterno alla cappella della Consolazione. Si distingue un Cristo in mandorla, un Santo Vescovo e un personaggio coronato, una Santa Lucia ricalcata sui modelli di Piermatteo d’Amelia e una Santa Caterina d’Alessandria. In questo spazio si venera la statua monumentale di Sant’Antonio Abate, realizzata nel 1474 dal Vecchietta per l’omonima chiesa narnese.
Nella stessa navata si trova la lapide del vescovo Erolo Eroli e il monumento funebre di Pietro Cesi, realizzato nel 1477 dalla cerchia di Bernardo Rossellino.
Due altari sono dedicati a San Pietro, con relativa pala realizzata nel 1560 da Livio Agresti e dedicata alla Consegna delle chiavi e l’altare di san Biagio con quadro di Filippo Micheli, del 1675.

Una parete nei pressi della controfacciata è decorata da un affresco che ritrae San Nicola da Tolentino nell’atto di vigilare sulla stesura degli Statuti narnesi. Si tratta di un documento pittorico di straordinaria importanza, non solo per la datazione alla metà del Trecento, ma soprattutto per il suo diretto collegamento con un fatto realmente accaduto. Nel 1347, infatti, il Comune decise di redigere i primi statuti in seguito al verificarsi di alcuni contrasti con il rettore del Patrimonio di San Pietro. Probabilmente tra le due parti vi fu come garante il vescovo agostiniano Agostino Tinacci. La presenza di san Nicola da Tolentino, infatti, potrebbe essere stata giustificata dal fatto che il presule appartenesse allo stesso ordine del santo e che quest’ultimo fosse considerato tutore della concordia tra i cittadini e della corretta amministrazione della giustizia, avendo operato in vita a riparare gli abusi in questo campo.

Terminiamo la visita con una sosta davanti alla tavola di San Giovenale. Realizzata dal Vecchietta nella seconda metà del Quattrocento per la perduta chiesa di Sant’Antonio abate, questa era parte integrante di un dossale, di cui si sono persi i restanti pannelli, uno dei quali ritraeva san Cassio. Le due tavole con santi patroni furono trasferite in Cattedrale in occasione del Giubileo del 1700, ma solo quella dedicata a san Giovenale è giunta fino a noi sottoforma di grande reliquiario. Nella parte inferiore fu applicata, infatti, una teca contenente parte di un’asta lignea impiegata per la portantina che riportò le reliquie del santo durante il viaggio da Lucca a Narni, a seguito del trafugamento delle stesse ad opera di Adalberto I.

Giuseppe Cassio