Ordinazione diaconale Martelli, Zen, Gubbiotti

La comunità nella sua interezza, popolo santo fedele di Dio: fedeli, religiosi, ministri vari, diaconi, presbiteri, vescovo, è radunata nell’attesa della venuta del Signore Gesù: Maranatha! invochiamo all’inizio di una nuovo anno liturgico.
Ogni domenica, siamo ecclesia-convocata per annunziare-celebrare la morte-risurrezione del Signore nell’attesa della sua venuta.

Questa assemblea particolare è convocata per invocare il dono dello Spirito su questi fratelli, destinati all’Ordine del diaconato, quali banditori senza riserve della presenza-venuta del Signore nel consesso umano e nel mondo intero: creazione, animali e piante.
Un evento di grazia che si pone all’inizio del tempo di Avvento, tempo di grazia per il rinnovamento della nostra vita, per la santificazione della Chiesa, per un ulteriore passo di umanizzazione della società civile.

Il nastro del tempo si riavvolge- Rewind per ricordare e fare memoria degli eventi, fatti e parole che hanno riguardato l’avvento del Signore Gesù e la comunità dei suoi discepoli, la storia della Salvezza, e che contengono la forza, la vis per consentirci di leggere i segni dei tempi, dare senso e valore all’esistenza condivisa. Ma anche proiettarci nel futuro, incontro al Signore che viene nel mistero del tempo e che tornerà definitivamente alla fine-compimento di questa era.
Gesù stesso ci propone alcuni consigli, attraverso la Parola di questa santa Liturgia:
lasciarci illuminare dalla luce “Vieni, camminiamo nella luce del Signore”. (Is. 2, 1-5).
Il buio delle notti, soprattutto invernali della Palestina al tempo dei profeti e di Gesù, prive della illuminazione artificiale, è simbolo appropriato della necessità non di una luce qualunque, smorta, ma della luce del Signore, che sconfigge le tenebre, in cui è avvinta l’umanità.
E l’Avvento è proprio questo tempo di cammino verso la Luce del Signore, che splende nell’orizzonte della fede e ci richiama con forza di illuminazione e di attrazione.

Che ci sia bisogno di questo urgente ritorno alla nostra vera origine è sotto gli occhi di tutti. Ci si sente smarriti e confusi, leggendo le cronache che ci svelano, giorno per giorno, a quali aberrazioni può condurci il “mistero del male”, che ha preso il predominio in noi, dopo aver persa la gioia di conoscere il Padre e di sapersi da Lui amati.
Dopo 2000 anni di cristianesimo Gesù è ancora sconosciuto da molta parte dell’umanità. E anche tra coloro che hanno ricevuto e custodito per secoli la Buona notizia del Vangelo, vediamo oggi tanta freddezza, noncuranza, dimenticanza, superficialità, tradimenti.

Gesù stesso, nel Vangelo, sembra tratteggiare la leggerezza e l’allegra follia, alla quale si è abbandonata la società odierna: Siamo come gli uomini al tempo di Noè: “Nei giorni che precedettero il diluvio, mangiavano, bevevano, prendevano moglie e marito, fino a quando Noè entrò nell’arca e non si accorsero di nulla, finché venne il diluvio e inghiottì tutti, così sarà anche alla venuta del Figlio…”.
La colpa di quella generazione, non si ravvisò in mancanze gravi e precise, ma in un senso di trascuratezza, che determinò uno stile di vita superficiale. Mangiare, bere e procreare non sono certo azioni biasimevoli, ma sono compiute senza alcuna percezione del senso della vita e della storia.
All’inizio di questo Avvento, Gesù rinnova il monito: sull’umanità che vive in tale superficialità tornerà, in maniera inaspettata, il Figlio dell’Uomo, come arrivò il diluvio su quella generazione… spensierata e impreparata, in vista di una purificazione rigeneratrice e del giudizio definitivo, che speriamo di misericordia.

“Vegliate, perché non sapete in quale giorno verrà il Signore”. (Mt 24,42)
Nell’Avvento Gesù ci ripete l’invito accorato: Vegliate!
Vegliare, innanzitutto per pregare. Gesù stesso ce ne ha dato l’esempio, ritirandosi sistematicamente nella notte o all’alba a pregare.
Vegliare per attendere il ritorno di Gesù nella gloria. Come la sposa che attende il ritorno dello sposo e ne coglie ogni minimo indizio di vicinanza.
Vegliare nella preghiera per resistere e non venir meno nella prova dell’esistenza, della malattia, della tentazione, della disperazione, secondo le parole e l’esempio di Gesù nel Getsemani.
Vegliare per amare… Come la madre veglia sul proprio figlio, il padre sulla famiglia, il cristiano veglia nell’attesa amorosa e operosa di Dio.

Per voi, fratelli candidati diaconi, oggi l’invito di Gesù a vegliare aggiunge una ulteriore qualifica del tempo di avvento, che segnerà tutta la vostra vita.
La vostra attesa sarà di diaconia operosa nella edificazione del Regno fino alla venuta del Signore.
Vi state “laureando” come servitori, che con l’esempio e la professionalità, svolgono la missione del “servizio evangelico”. Come i servitori=diaconoi di Cana, che servono alla festa delle nozze del re che è Gesù, alla mensa del Signore dove siedono discepoli di ogni lingua, popolo e nazione.
Una diaconia incarnata ed esemplificata da Gesù. Dopo la laurea avviene il tirocinio alla scuola e sotto la guida di Gesù Maestro.
“Exemplum dedi vobis”, “Vi ho dato l’esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi” (Gv 13,15). Questo è lo slogan, il motto, il programma, che avete scelto per questo evento, volgendo lo sguardo a Gesù per dare forma alla vostra vita nell’esercizio quotidiano.

“Spetta al diacono, spiega il Rituale dell’Ordinazione nelle premesse (191), conferire solennemente il Battesimo, conservare e distribuire l’Eucarestia, in nome della Chiesa, assistere e benedire il Matrimonio, portare il Viatico ai moribondi, leggere la Sacra Scrittura ai fedeli, istruire ed esortare il popolo, presiedere il culto e le preghiere dei fedeli, amministrare i sacramentali, presiedere il rito del funerale e della sepoltura. Dediti alle opere di carità e di assistenza, si ricordino del monito del beato Policarpo: “Siano misericordiosi, attivi e camminino nella verità del Signore, il quale si è fatto servo di tutti”.
Da questa sacra Ordinazione, i candidati (celibi) si consacrano in modo nuovo a Cristo, mediante la libera assunzione definitiva del celibato davanti alla Chiesa.
Anche ai Diaconi sono imposte le mani, non però per il sacerdozio, ma per il ministero – servizio. (Constitutiones Ecclesiae Aegyptiacae, III, 2).

Cari fratelli,
la Dimensione diaconale è la prima e quella fondamentale del sacramento dell’Ordine che non verrà offuscata o superata dalla ordinazione presbiterale o episcopale, ma permarrà sempre e darà valore e significato all’esercizio degli altri due ministeri.
Indosserete per sempre la dalmatica e la stola del servizio, il grembiule di Gesù nell’ultima cena, per lavare i piedi ai poveri, servirli perché in essi è presente Cristo. Ricordate la bella immagine, lasciataci da don Tonino Bello:
“Stola e grembiule sono il dritto ed il rovescio dello stesso paramento sacro: la stola che ci fa ministri del Vangelo ed il grembiule che ci fa ‘lavapiedi del mondo”.

Un servizio che ha come atteggiamento profondo l’umiltà di chi non si sente superiore agli altri, ma ultimo, dipendente da Dio e dai superiori, soggetto ai fratelli, specie ai poveri, che sono i “nostri signori e nostri padroni“ (san Vincenzo De Paoli).
Un servizio che nasce dalla forza dell’amore: un amore vero, adulto, forte, entusiasta, sensibile, verso Dio e verso gli uomini, nostri fratelli e che ha la qualifica particolare dell’amore celibatario: esclusivo e totale.
La modalità e la misura ce l’ha insegnata Gesù:“Il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per essere servito, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti” (Mt 10,45).
Queste parole sono state pronunciate da Gesù dopo la pretesa dei figli di Zebedeo di essere i primi ministri di Gesù nel suo Regno e la successiva ribellione degli altri apostoli per rivendicare ciascuno il diritto ad essere il primo e il più grande di tutti.
Il vero discepolo diventa diacono-servitore fino al dono della vita, dalle piccole e quotidiane situazioni fino alla testimonianza suprema della vita.

Maria, la serva del Signore, sia la vostra Madre, il vostro modello e la vostra maestra.
Madre perché lei ha generato Gesù, il capo della Chiesa e le altre membra; ha accolto come figlio l’apostolo Giovanni ai piedi della croce e in lui tutti gli apostoli di Gesù;
il vostro modello perché Lei è la vera serva del Signore;
la vostra maestra perché ha insegnato ai servitori – i diaconoi (διακόνοι) di Cana, cosa fare.
Durante il ministero pubblico di Gesù, le uniche parole pronunciate da Maria sono quelle delle nozze di Cana. A Gesù fa presente la necessita venuta a crearsi: “Non hanno vino” (Gv 2, 3). Maria, rivolge poi le sue ultime parole, quelle definitive, ai servitori di Cana:
“Qualsiasi cosa vi dica fatela!”. (Gv 2, 5)
E’ il programma di vita mariano dei servitori-diaconi (διακόνοι): ascoltare, accogliere ed eseguire quanto dice Gesù. Gesù sia il vostro maestro, raccomandato e proposto da Maria.

In questa celebrazione, aurora dell’Avvento, mentre invochiamo lo Spirito sulla Chiesa e su questi novelli leviti, vogliamo rivolgere lo sguardo nella stessa direzione, verso l’orizzonte di Dio per riconoscere e discernere i segni della venuta del Signore Gesù.
In questo tempo di trasformazioni, di raffreddamento della fede della Chiesa e anche della nostra Chiesa particolare, vogliamo percepire con gioia la carezza, che il Signore dolcemente ci dona con l’ordinazione di questi tre diaconi.
Voi cari fratelli ordinandi, con la vostra generosa disponibilità, riempite di gioia le nostre persone e la Chiesa di Dio: noi vi diciamo grazie! Diciamo grazie ai vostri familiari, che vi sostengono, ai formatori, alle persone e alle comunità cristiane, che vi hanno accompagnato. Un grazie alla signora Daniela Novelli, per il suo consenso e la sua collaborazione al ministero diaconale del consorte Graziano.
La nostra presenza questa sera non è solo espressione di amicizia verso di voi, ma è assunzione di impegno ad accompagnarvi e seguirvi nel vostro ministero con la preghiera, con la simpatia e l’amicizia, con il confronto e il richiamo fraterno nei momenti incerti, con il sostegno alle vostre persone nei progetti di ministero, che la Chiesa, tramite il vescovo vi affiderà.

L’imperativo evangelico: Vegliate! si riempie di attesa, carica di speranza, per la presenza certa di Gesù nei segni sacramentali, che oggi ci elargisce nell’attesa della sua venuta. Lui che è il nostro Salvatore.
A Lui sia gloria nei secoli dei secoli.