Relazione del vescovo ai sacerdoti, diaconi e Consiglio pastorale diocesano del 5 settembre 2016 “Gesù ci battezzerà in Spirito Santo e fuoco”

L’incontro odierno vuole essere l’occasione per scambiarci la gioia di rivederci  dopo il periodo estivo e rendere grazie al Signore e a ciascuno di voi per le tante iniziative pastorali con i giovani e adulti: grest, campi scuola estivi, GMG, pellegrinaggi, esercizi spirituali, vacanze comunitarie, ecc. Sia lode al Signore per il dono della vita e della fede. Con fiducia e speranza nella misericordia del Signore preghiamo per tutti coloro che sono stati colpiti dal terremoto, vivi e defunti: a tutti il Signore doni la sua pace.

 

  1. Uno sguardo al Cammino della Diocesi negli ultimi due anni

La nostra Chiesa diocesana ha ripreso, con umiltà e fiducia, il cammino ordinario dopo la presenza dell’Amministratore Apostolico mons. Vecchi.  Negli interventi, fatti nel corso delle assemblee di inizio anno, dopo aver osservato, ascoltato, interrogato e condiviso suggestioni ed impressioni, ho proposto le mie considerazioni e ho suggerito percorsi e mete pastorali all’intera comunità diocesana.

            Nell’anno 2014-2015, partendo da una analisi, sostanzialmente condivisa, della realtà diocesana, ci siamo orientato verso un primo obiettivo della Comunione, che si realizza attorno alla Parola, all’Eucarestia e che si esprim nella carità.

Si è richiamata la centralità del vescovo e della cattedrale, e delle celebrazioni diocesane, da lui presiedute, quali segni visibili e luoghi teologici per edificare la comunione.  Si è voluto ribadire che siamo non una diocesi e molte chiese, non una Chiesa, federazione di parrocchie “autocefale”, ma un’unica Chiesa comunione, “manifestazione concreta dell’unica Chiesa in questo territorio”, che si edifica attorno a Cristo, Parola e Pane.

La comunione si traduce in Missione,(secondo obiettivo) costituendo essa stessa primo elemento della missione, per cui il percorso pastorale diocesano si è sviluppato attorno al binomio-slogan “Comunione e Missione“.

Sono state proposte alcune linee di missione, mutuate dal Concilio Vat. II, attualizzate dalla EG, nello stile proposto da papa Francesco: quello del pastore che precede il gregge, lo accompagna e lo segue.

Sono state ribadite l’attenzione alle relazioni umane, alla vivacità del linguaggio (con particolare riguardo all’omelia), l’attualità della comunicazione, la necessità di una conversione personale e pastorale, che si avvalga di uno stile di lavoro collegiale e sinodale con l’apporto degli organismi di partecipazione, tutti rinnovati.

Abbiamo declinato contenuti e metodo della missione sulle cinque vie, proposte dal Convegno ecclesiale di Firenze: uscire, annunciare, abitare, educare, trasfigurare (cfr Relazione del vescovo a Foligno, pag. 6).

Il nostro programma si è intrecciato con la celebrazione dell’Anno della Vita consacrata, (30 novembre 2014- 2 febbraio 2016).

L’anno Santo della Misericordia è stata la categoria con la quale abbiamo letto e programmato la comunione e la missione nell’anno pastorale 2015-2016. “Comunione e Missione nel segno della Misericordia” è la sintesi programmatica dell’anno, ancora in corso e quindi la proposta, il contenitore, il paradigma, il binario sul quale è stato veicolato il nostro programma e percorso pastorale. Lo spirito e le proposte, suggerite da Papa Francesco nella Misericordiae vultus, integrate da quelle scaturite dal CpD e dagli uffici diocesani, ci hanno accompagnato  nella riscoperta e traduzione del Vaticano II a 50 anni dalla sua conclusione.

Iniziative liturgiche e pastorali, accompagnate dalle opere di misericordia spirituali e corporali, hanno guidato le parrocchie e le foranie nella preparazione e celebrazione del Giubileo, che ha avuto nel pellegrinaggio, nel passaggio della Porta Santa della nostra Cattedrale e nella celebrazione col vescovo il momento solenne e culminante.

Il Giubileo non si è ancora concluso e continuerà il suo percorso fino alla chiusura della Porta Santa il 13 di novembre 2016. Una prima riflessione di verifica è stata da me proposta nelle giornate di Foligno (19-21 giugno 2016). Invito le Parrocchie a fare altrettanto. Nel frattempo vogliamo guardare avanti, a partire dalla realtà civile ed ecclesiale nella quale ci troviamo, per discernere insieme i Disegni del Signore e le strade che Egli ci indica da percorrere.

Anno pastorale 2016-2017

Nell’anno 2015-2016, insieme alla celebrazione del Giubileo, si è avvia la riflessione sulla “Geografia della Diocesi” con la preparazione, la presentazione e lo studio dell’Instrumentum Laboris (IL) nelle parrocchie e nelle foranie della Diocesi, nelle Associazioni e nei Movimenti ecclesiali e con l’ulteriore approfondimento e apporto dell’assemblea di Diaconi e presbiteri e le conclusioni del Consiglio Pastorale Diocesano (CpD). Le analisi, le riflessioni e i suggerimenti pervenuti hanno approvato l’ipotesi presentata nell’IL e incoraggiato nel prosieguo del progetto.

Su tali riflessioni il vescovo, coadiuvato dal Collegio dei Consultori, ha definito la mappa delle prime Comunità Pastorali, da avviare già nell’anno pastorale 2016-2017. Inoltre ha proceduto alla provvista delle parrocchie vacanti con un primo avvicendamento e trasferimento di Presbiteri e Diaconi.

In vista del nuovo anno pastorale, due sono i percorsi che vengono presentati alla Comunità diocesana:

  • Il primo delinea il cammino comune da fare insieme e i contenuti da approfondire per acquisire una maturità e mentalità di fede, che fanno di noi comunità e cristiani credenti, discepoli di Cristo e testimoni e annunziatori del Vangelo.
  • Il secondo riguarda la riorganizzazione strutturale del territorio della Diocesi nei prossimi anni attraverso la sfida delle Comunità pastorali da avviare, sperimentare e curare.
  1. DIVENTARE CRISTIANI CREDENTI

Battesimo, cresima, eucarestia sono i sacramenti  dell’Iniziazione cristiana, che ci fanno entrare nella Chiesa (iniziazione da =in-ire, entrare dentro), e che introducono sempre più profondamente nel mistero di Cristo e della Chiesa durante tutta la nostra vita. L’Eucarestia attualizza e realizza ogni domenica la nostra iniziazione, che è la base il fondamento della Comunione e della  Missione.

La vita cristiana e le dinamiche della vita della Chiesa hanno origine nell’atto creativo e nell’amore del Padre, che chiama all’esistenza e immergendoci nel mistero pasquale di Gesù ci ammette alla comunione trinitaria per mezzo dello Spirito. Nell’Eucarestia, attorno a Gesù che si offre per la vita del mondo,  per noi e a noi, si attualizza ogni domenica la nostra iniziazione e introduzione nel mistero di amore di Dio. “Sine dominico non possumus”, “Non possiamo vivere senza celebrare il giorno del Signore”, confessano, prima di morire, i Martiri di Abitene (III-IV secolo d.C., 49 cristiani giustiziati nel 304 in Africa, nell’attuale Tunisia). In Cristo e nella partecipazione al suo sacrificio pasquale “viviamo, ci muoviamo, ed esistiamo” (At 17,28).

Dall’Eucarestia, la comunità cristiana credente parte e realizza la missione nelle periferie esistenziali: geografiche, civili, culturali, economiche, sociali, religiose.

L’analisi che ci viene proposta dal piano Cei per gli anni 2010-2020 nel capitolo “Nodi della cultura contemporanea”[1] oramai non è solo teoria per grandi città, ma fa da sottofondo anche alla nostra realtà diocesana, la quale mostra ancora di avere una consistenza numerica di cristiani frequentanti, ma la cui prevalenza è composta da persone adulte-anziane, dalla solida fede antica, propense a pratiche devozionali.

Le famiglie si stanno allineando rapidamente alla crisi propria delle società secolarizzate. Un parroco mi comunicava che le 40 coppie giovani, che conta nella sua parrocchia, tutte sono conviventi. Un altro mi diceva che in un corso prematrimoniale tutte le 20 coppie presenti erano già conviventi.

I fanciulli che frequentano le parrocchie per il catechismo spesso sono “digiuni” circa la vita cristiana e non conoscono neppure i rudimenta, che fino a pochi anni fa venivano insegnati in famiglia. Gli stessi ragazzi che, grazie a Dio continuano a  frequentare la catechesi parrocchiale per l’Iniziazione cristiana,  celebrano la cresima come il sacramento del “ciao” o dell’estrema unzione della pratica religiosa. I fidanzati che chiedono la celebrazione del matrimonio cristiano spesso hanno motivazioni ben diverse, con scarsa attinenza alla fede.

Molti pastori e catecheti  attribuiscono tale fenomeno non solo alla generale scristianizzazione della società, ma anche  alla scarsa cura che le comunità ecclesiali pongono nell’introdurre e accompagnare bambini, fanciulli, ragazzi, giovani e adulti nella iniziazione alla fede e alla vita di Cristo e della Chiesa.

“Bisogna ammettere molto semplicemente che di questo fenomeno – la scomparsa dell’iniziazione e dell’iniziazione cristiana in specie e di conseguenza – oggi non c’è sufficiente consapevolezza nelle nostre chiese europee. O meglio, non c’è consapevolezza adeguata della gravità del fenomeno. E non c’è neppure la scossa, il dolore, il senso di urgenza che questo fatto dovrebbe provocare. All’interno della Chiesa si discute e si litiga su questo e su quello, ma il fallimento dell’iniziazione cristiana trova l’assuefazione generale. Quella che noi continuiamo a  chiamare “iniziazione cristiana”, di fatto è, nella stragrande maggioranza dei casi, l’accompagnamento all’abbandono della Chiesa. Oso affermare che questo fenomeno è enormemente più grave e molto più ampio del fatto che oggi molti matrimoni cosiddetti “cristiani” abortiscano. Anzi, direi che è il fallimento, la scomparsa del senso dell’iniziazione, in senso antropologico e cristiano, che spiega in gran parte i problemi che nascono all’interno di famiglie e di coppie che non sono mai state cristiane, nonostante ogni apparenza in contrario. Non c’è difficoltà, generalmente, a riconoscere che l’epoca costantiniana è finita e che siamo ormai fuori del cosiddetto regime di cristianità. Ma la nostra pastorale dei sacramenti continua, imperterrita, come se tutto fosse come prima, e la fede cristiana dei nubendi fosse da dare per scontata, come ancora poteva forse esserlo mezzo secolo fa. Quanti parroci avranno il coraggio di verificare l’effettiva e avvenuta “iniziazione cristiana” di chi chiede di sposarsi in Cristo? O sarà più facile aggrapparsi ad una qualche “misericordia postuma”?

Anche la nostra ormai è una società scristianizzata, da rievangelizzare con una Nuova Evangelizzazione. Del resto la realtà delle nostre parrocchie, che è emersa dall’analisi sapienziale, compiuta dai gruppi, movimenti, consigli pastorali parrocchiali e foraniali sulla traccia dell’IL, conferma l’andamento generale.
Si evidenzia: Individualismo, Indifferenza, Consumismo;

Spopolamento civile e religioso: in alcune parrocchie il divario tra battesimi e funerali è notevolissimo;

Frequenza alla Messa, che è molto ridotta, rispetto a qualche anno addietro (10%?);

Le adesioni alle aggregazioni di impegno laicale ecclesiale sono diminuite. Reggono relativamente gruppi devozionali, di preghiera, composti da persone per lo più donne di età adulta;

in alcune zone si nota un’alta percentuale di cittadini stranieri (20%?) e non manca la presenza di cristiani ortodossi ed alcuni islamici;

Vi è un numero notevole di Parrocchie di piccole dimensioni, che non consentono però una compiuta missione ecclesiale (AC).

Dopo secoli in cui la fede si generava, in modo quasi automatico, oggi le nostre comunità si trovano per la prima volta a dover inventare l’annuncio, a dover generare la fede. Ormai non si tratta più di custodire la fede, ma siamo chiamati a generarla la fede.

Oggi siamo più consapevoli dell’antico assunto che “Cristiani non si nasce, si diventa” (Tertulliano).

La chiesa universale ha pensato e proposto un percorso liturgico-sacramentale di Iniziazione cristiana degli Adulti (1972), (In Italiano 1978). La Cei ha pubblicato ben tre documenti sulla Iniziazione cristiana:

  • Nota pastorale “L’iniziazione Cristiana:1. Orientamenti per il catecumenato degli adulti” (30/03/1997);
  • Nota pastorale “L’iniziazione Cristiana:2. Orientamenti per l’iniziazione dei fanciulli e dei ragazzi dai 7 ai 14 anni” (23/05/1999);
  • Nota pastorale “L’iniziazione Cristiana: 3. Orientamenti per il risveglio della fede e il completamento dell’iniziazione cristiana in età adulta” (8 giugno 2003).
  • Mons Paglia inoltre ha affidato alla Diocesi una lettera pastorale e un direttorio sulla Iniziazione:

Lasciate che i fanciulli vengano a me”, I nostri ragazzi e la fede, orizzonte          dell’Iniziazione cristiana. (2010)

L’iniziazione cristiana dei ragazzi” , direttorio ( marzo 2012)

  • Ultimo in ordine di tempo il forte invito della CEI a rinnovare impostazione e cambiare rotta : CEI, INCONTRIAMO GESÙ Orientamenti per l’annuncio e la catechesi in Italia. 2014.

Credo che la nostra diocesi debba riprendere con decisione e sistematicità quegli orientamenti, attualizzandoli e confrontarli con i cambiamenti culturali e sociali accaduti nel frattempo. Dopo aver sperimentato il Direttorio  per “L’iniziazione cristiana dei ragazzi” per 4 anni, dovremo confrontarci in una verifica  comunitaria del medesimo.  Inoltre penso  che non solo i ragazzi, ma l’intera comunità diocesana sia chiamata a percorrere la strada della Iniziazione in riferimento agli adulti, ai giovani e ai ragazzi. Possiamo cogliere dalla tradizione della Chiesa e della nostra comunità ecclesiale, dal discernimento dei segni dei tempi e dalla comune attenzione allo Spirito, modalità, tempi e percorsi per annunciare il Vangelo e rinascere e far rinascere alla fede e entrare nel mistero di Cristo e della Chiesa.  Richiamo a modo di esempio gli ambiti umani e pastorali, nella dimensione della fede da rigenerare  per un fruttuoso ingresso nella Chiesa:

  • Evangelizzazione, primo annuncio della fede e iniziazione alla vita cristiana
  • Evangelizzazione e riscoperta della fede per gli adulti
  • Evangelizzazione e percorsi di iniziazione alla fede e alla vita cristiana dei fidanzati
  • Evangelizzazione e iniziazione alla fede e alla vita cristiana delle famiglie
  • Evangelizzazione e Iniziazione alla fede e alla vita cristiana dei ragazzi, fanciulli e giovani.
  • Catechesi comunitarie e permanenti per l’educazione e la crescita della fede.
  • Esperienze diversificate della Parola, della Teologia, della preghiera, della carità.
  • Annuncio di Cristo attraverso la diffusione dei semi del vangelo, la testimonianza della fraternità, la promozione umana, la testimonianza franca, coraggiosa e rispettosa della fede in Gesù Cristo nei nostri contesti civili, sociali e culturali.

Cosa fare? Da dove partire?

Non è mia intenzione rivoluzionare la vita cristiana e pastorale della Diocesi, né ricominciare tutto da capo. Occorre collocarsi più consapevolmente sulla strada che la nostra Chiesa sta percorrendo, secondo le indicazioni dei suoi piani pastorali. L’attenzione e il discernimento dei segni dei tempi, anche di quelli del nostro Territorio, deve spingerci a scrivere un “capitolo” nuovo della storia della Salvezza, ora e qui, riscoprendo antiche e nuove motivazioni evangeliche di vita cristiana da presentare con chiarezza, coerenza e amore ai nostri contemporanei.

Il nostro camminare insieme all’uomo “fenomenico” deve mirare non a realizzare iniziative ed eventi altisonanti, ma ad incontrare e fare incontrare Gesù Cristo sulla strada, ad introdurci con gradualità e gioia nel mistero di Cristo e della Chiesa.

Metodi ed obiettivi pastorali devono essere adeguati ad una reale iniziazione cristiana, alla formazione di una mentalità di fede, che aiuti a testimoniare Cristo nelle situazioni ordinarie e impegnative della vita:

“Educare al pensiero di Cristo, a vedere la storia come Lui, a giudicare la vita come Lui, a scegliere e ad amare come Lui, a sperare come insegna Lui, a vivere in Lui la comunione con il Padre e lo Spirito Santo” (DB 38).

Giovanni rispose a tutti dicendo: «Io vi battezzo con acqua; ma viene uno che è più forte di me, al quale io non son degno di sciogliere neppure il legaccio dei sandali: costui vi battezzerà in Spirito Santo e fuoco”. (Luca 3,16)

Il battesimo che noi amministriamo è “con acqua” e (come quello del Battista) non riesce a produrre la trasformazione delle persone in “cristiani”. Il nostro compito è quello di far incontrare Gesù, di accompagnare uomini, donne, fanciulli, ragazzi e giovani verso Gesù perché li battezzi in Spirito Santo e fuoco. Solo allora saremo diventati donne e uomini nuovi, cristiani, credenti, che vivono la vita secondo lo Spirito, disposti a portare e testimoniare a tutti il Vangelo=Gesù.

  1. LE COMUNITA’ PASTORALI

Il secondo percorso, che ci vedrà impegnati nei prossimi anni, è la sfida delle Comunità pastorali da avviare, sperimentare e curare gradualmente nel territorio della Diocesi.

Questo aspetto è strettamente collegato al precedente, ed è funzionale a formare cristiani credenti e comunità vive,  come gli stessi vescovi italiani affermano.

Durante l’anno pastorale appena trascorso tutta la Diocesi si è trovata a riflettere e a integrare una traccia di riflessione, raccolta nell’IL nel quale venivano illustrati ragioni, percorsi e obiettivi di tali Comunità pastorali.

La proposta di Comunità pastorali è nata da alcune esigenze:

  • La trasformazione della società e la frammentazione delle parrocchie
  • Aiutare le parrocchie a definirsi come comunità di fede, speranza e carità
  • L’urgenza di una evangelizzazione più efficace, attraverso comunità vive, aperte alla trasmissione della fede
  • La necessità di individuare nuove e più adeguate risposte pastorali e missionarie ai bisogni delle comunità;
  • Discernere e sperimentare forme di comunione di vita tra presbiteri, che scaturiscono da una spiritualità propria dell’unico presbiterio.

Il presupposto di fondo è tendere all’attuazione dell’ecclesiologia di comunione indicata dai documenti conciliari, ripresa dai nostri vescovi e da Papa Francesco nell’Evangelii gaudium.

Pensare le Unità pastorali in termine di organizzazione è veramente riduttivo. L’Unità pastorale deve avere come obiettivo la generazione della fede attraverso la costruzione di comunità che abbiano il tratto della fraternità.  E’ una fraternità che non si qualifica semplicemente in termini del volersi bene, ma una fraternità che è la vita stessa di Dio, così come si è manifestata in Gesù Cristo. Una fraternità quindi da accogliere dalle mani di Dio, una fraternità che non viene dalla carne e dal sangue, ma che ci viene regalata da Dio. E’ una risposta profetica a quest’ora della storia.

Profezia e risposta ad un’attesa di un uomo che sempre più, sotto la cenere dell’individualismo e dell’autoreferenzialità, sta domandando appartenenza, sta domandando parole vere, sta domandando qualità di vita e di relazioni (cfr. Mons. Lauro Tisi, Cammino verso le Unità pastorali a Trento).

Un altro obiettivo  delle Comunità pastorali è di portare a ripensare lo stile di vita dei preti perché sia uno stile di comunione, arricchito da  incontri frequenti tra di loro, nutrito da momenti di preghiera comune, dalla lectio divina, e se possibile dai pasti in comune e dall’ abitazione comune. Preti disponibili ad educare la fede e alla fede attraverso l’annuncio qualificato della Parola e la celebrazione dei sacramenti. Preti che siano padri nel promuovere la fraternità e nell’accompagnare con sistematicità coloro che sono in ricerca di Dio e l’iniziazione di chi vuol apprendere la sequela di Gesù.

La parte n. 5  dell’IL descrive in maniera dettagliata gli obiettivi, la forma e il percorso da seguire per costituire una comunità pastorale funzionale. Ad esso rimando (pag. 9-11).

MODALITA’ DI ATTUAZIONE DELLE COMUNITA’

  1. Alcuni le chiamano “unità pastorali”, altri “parrocchie in alleanza”, noi “Comunità pastorali” (così a Milano).
  2. Esse nascono non prevalentemente perché vi è scarsità di preti, ma per favorire una modalità di comunione e di relazione tra comunità e preti in alleanza.
  3. Le parrocchie non vengono soppresse, ogni parrocchia avrà un parroco (un parroco potrà avere anche due parrocchie).
  4. Ogni parrocchia continuerà a vivere alcuni momenti essenziali della comunità (Messa domenicale, celebrazione dei sacramenti, liturgia funebre, e altro).
  5. Il vescovo definisce gli ambiti territoriali delle Comunità pastorali.
  6. Un parroco della Comunità pastorale viene designato dal vescovo quale coordinatore pastorale. Un sacerdote “facilitatore”, incaricato dal Vescovo, sarà di aiuto e da stimolo nella costituzione della Comunità Pastorale.
  7. Il percorso non viene calato dall’alto, ma le singole Comunità pastorali dovranno “inventare” il proprio percorso, in un costante confronto e comunione col vescovo. Si avvia un cantiere di lavoro, che sarà lungo e mai chiuso. Le parrocchie vengono sensibilizzate singolarmente e poi insieme: consigli pastorali, catechisti, ministri straordinari, associazioni, ecc.
  8. E’ auspicabile la nascita del Consiglio pastorale della Comunità con persone che saranno elementi di raccordo con le singole parrocchie.
  9. Cosa faranno insieme: analisi e discernimento della vita cristiana, ecclesiale, civile e sociale della gente del territorio; avvio di un programma di iniziazione e formazione per un cammino di fede, edificazione della comunità e la missione.
  10. Resta il ruolo della Forania per il coordinamento della Pastorale, della formazione cristiana, della pastorale giovanile, dei corsi prematrimoniali, della carità, ecc.
  11. Opportunità importante per spiegare e avviare la comunità pastorale è la Benedizione delle famiglie 2017, la visita sistematica agli anziani e ai malati, i tempi forti dell’Anno liturgico, le feste parrocchiali.

CONCLUSIONE

L’avvio del nuovo Anno pastorale è sostenuto dal tempo di grazia del Giubileo. Affidiamo il nostro tempo e il nostro percorso alla Madonna della Misericordia perché ci accompagni e ci aiuti ad essere docili alla Volontà del Signore.

 

Terni, 5 settembre 2016

+ P. Giuseppe Piemontese OFM Conv