La felice coincidenza della festa di s. Firmina con la solennità di Cristo Re dell’Universo ci fornisce una serie di elementi utili per nutrire e far crescere la nostra fede.
Ciò che emerge dalla Parola di Dio proclamata contiene l’essenza della predicazione e dell’intera opera di Gesù che, totalmente condensata sul Regno di Dio, ora nel momento supremo della sua esistenza terrena viene manifestato in tutta la sua forza e potenza.
Forza e potenza che tuttavia non sono quelle di un regno di tipo umano fastoso ma che contengono e donano l’essenza dell’amore, passando attraverso il mistero della sofferenza e della croce, quale manifestazione piena e concreta dell’amore.
Gesù lo aveva dichiarato in più di una circostanza: “Chi non rinuncia a sé stesso e non prende la sua croce non può essere mio discepolo”. “Se non vi convertirete e non diventerete come bambini non entrerete nel Regno dei cieli” ecc. fino ad arrivare al momento in cui, a Cesarea di Filippo, lo stesso Signore esorcizza quasi ogni possibile interpretazione contraria. Ricorderemo quanto egli disse all’apostolo san Pietro, il quale avrebbe voluto distogliere Gesù dalla via della Croce, preferendo un messianismo e una regalità differente: «Va’ dietro a me, Satana! Perché tu non pensi secondo Dio, ma secondo gli uomini» (Mc 8, 33).
Ora egli è davanti a Pilato.
La domanda del governatore romano è chiara: Sei tu re? e la risposta di Gesù è altrettanto chiara: io sono re; con la precisazione: “Ma il mio regno non è di questo mondo”.
Tutto ciò che viene di seguito nella evoluzione dei fatti che si susseguono sta a dimostrare che la regalità di Cristo è orientata alla salvezza del mondo e non per soggiogarlo.
“Chiunque è dalla verità ascolta la mia voce”.
La voce di Cristo, che poi in sostanza è il Vangelo, ossia lui stesso, lo hanno saputo ascoltare e seguire tutti coloro che sono rimasti affascinati dalla sua parola, dal suo esempio e -come dire- nauseati da una regalità del mondo altra, hanno preferito seguire quella proposta dal Signore Gesù.
Tra queste persone, la nostra cara Santa Firmina la quale ben comprese quanto abbiamo sentito del libro dell’Apocalisse: egli è colui che ci ha liberati dai nostri peccati e con il suo sangue ha fatto di noi un regno…
La vita della giovane Firmina, in questo contesto e particolarmente in questa domenica nella quale si celebra la 39ma giornata mondiale della gioventù, diventa luce e specchio perché, anche in considerazione dell’anno giubilare che sta per aprirsi, i giovani e ciascuno di noi possa interiorizzare questo grande dono e soprattutto esserne notizia, con la propria esistenza rinnovata, nei confronti di chi è cosiddetto lontano, ossia notizia positiva a chi reputa di non aver più prospettiva di vita oppure è anche in lotta con se stesso, con le proprie fragilità, con il proprio carattere, con le proprie contraddizioni.
Con chi si sente distrutto dentro e talora diventa anche segno e strumento distruttivo per gli altri.
In questo contesto Santa Firmina è testimone della Misericordia di Dio, del suo amore fattosi carne in Gesù Cristo e solo accogliendo questo dono ha dato, come si suol dire oggi, una sterzata decisiva alla propria vita.
Consapevole della parola del Signore, “chi vorrà salvare la propria vita la perderà, ma chi perderà la propria vita nel mio nome la conserverà per il Regno dei cieli”, si offre a noi oggi soprattutto perché davanti ai tanti, forse anche infiniti e ripetuti slogan di offerte di felicità, sappiamo cogliere il senso pieno e profondo che l’esistenza cristiana ancora propone ed offre.
Anche a distanza di centinaia di anni l’esempio di santa Firmina resta per noi il testamento ricco a cui attingere per poter cogliere il bene e solo il bene.
Se ognuno di noi sogna e desidera che le sorti del mondo possano cambiare, siamo certi che questo non potrà avvenire per magia. Dovremmo perciò essere consapevoli che, sull’esempio della odierna solennità, nessuna regalità può sussistere soggiogando gli altri, la natura e il mondo.
Si discute tanto ed altrettanto ci si scontra su concetti che, inseguendo il desiderio della pace, paradossalmente fomentano invece l’acuirsi delle divergenze inoltrandosi in un groviglio di sentieri senza uscita, seminando sconforto, paura e morte.
Santa Firmina, vissuta in tempi non meno complessi dai nostri, ci viene offerta come una sorta di lente attraverso la quale vedere chiara e nitida la via del Vangelo e così inquadrare meglio anche il motto e l’obiettivo dell’anno giubilare: “pellegrini di speranza”.
Davanti ai mali dell’umanità che, per dirla con san Paolo, sono i frutti della carne, che si oppongono ai frutti dello Spirito, ad iniziare dallo stato personale di ciascuno, abbiamo la possibilità di ricevere il dono della pace dello spirito per poterlo condividere tra di noi.
Ad iniziare dai cosiddetti formatori, ossia dai genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, gli amministratori della cosa pubblica, il messaggio della regalità di Cristo unito all’esempio di vita di Santa Firmina siano per noi non tanto il motivo per una commemorazione annuale, che poi svanisce all’istante o viene fissata nel ricordo se non addirittura deposta nell’archivio delle cose fatte, quanto piuttosto il luogo esistenziale a cui attingere quella spiritualità che caratterizza l’essere umano in quanto tale, del quale il mondo d’oggi sembra aver perso le tracce inseguendo sogni che poi non sono altro che miraggi, che si infrangono nella crudeltà di una realtà non ben finalizzata.
“Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?” (Mc 8, 36-37).
Carissimi fratelli e sorelle santa Firmina insieme a sant’Olimpiade, mediante l’esempio della loro vita, sembra che ci esortino ed implorino a prestare somma attenzione a questo monito del Signore Gesù: “Che giova infatti all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?”
Ricordiamoci di avere l’anima, quella parte spirituale che, se abitata dalla presenza santa di Dio, non cessa di alimentare santamente, ossia positivamente ogni atto, gesto e pensiero del nostro esistere.
Perdere l’anima equivale a distruggere il sacrario del nostro essere, del nostro essere in relazione con Dio, con i nostri fratelli e sorelle, con la natura e il mondo intero.
Firmina ed Olimpiade ben compresero questo e per nulla furono disposti a barattare la propria anima, fondandola al presente e proiettandola al futuro nel Regno eterno di Gesù.
Ci siano pertanto di esempio specialmente in questo nostro tempo tanto tormentato dalla barbarie umana in tutte le parti del mondo: dalle ingiustizie sui più fragili alle intolleranze più varie; dall’egoismo su vasta scala a quanto rimane sommerso nelle macerie dell’indifferenza; dal cyberbullismo alla violenza di genere fino ad arrivare alle guerre. Ma in tutto questo non dobbiamo perdere la speranza, perché anche ai nostri giorni il Signore dona a noi il suo Spirito insieme allo squarcio salutare di tante persone che testimoniano la fede, così come fecero S. Firmina e s. Olimpiade. insieme a Maria Santissima siano essi i nostri intercessori in Cielo, affinché sorretti dal loro aiuto abbiamo la determinazione di rifiutare il male, la forza e costanza nel perseverare nel bene.
Amelia – festa Santa Fermina 2024
