Maria S.ma Madre di Dio, Regina della pace caratterizza ogni anno l’inizio del suo nuovo ciclo.
La Chiesa pellegrina nel tempo sulle strade del mondo accoglie la Madre di Dio dalle mani del Figlio, così come dalla croce venne affidata all’apostolo Giovanni.
Lei è per noi modello da accogliere nelle nostre case, ossia nella nostra vita, affinché illuminata dalla sua presenza, arricchita cioè dalla sua esperienza, possiamo diventare ed essere sempre di più autentici discepoli, veri cristiani, persone animate da sentimenti di fratellanza, veri costruttori di pace.
Maria concretizza nella storia quella splendida benedizione di Aronne che abbiamo sentito proclamata nella prima lettura.
Ella, in pratica, attraverso il suo aderire incondizionato al progetto che le era stato proposto, traduce nella storia le promesse di Dio.
Per mezzo della sua risposta positiva, le parole pronunciate dai profeti diventano parola, la Parola eterna di Dio, che attraverso Maria diventa carne; il creatore si fa creatura.
Maria S.ma è madre di Dio.
E per mezzo di Gesù Cristo Verbo eterno del Padre, fatto carne nel tempo, mediante la redenzione operata con l’offerta della sua vita, rende ciascuno di noi figlio adottivo.
Così san Paolo annuncia ai Galati il Vangelo, ossia la bella notizia. Questa bella notizia arriva fino a noi oggi e con loro possiamo rivolgerci a Dio con le stesse parole di Gesù: “Abbà Padre”.
Oh se avessimo sempre la piena consapevolezza di questo inestimabile dono! La portata del suo significato per la nostra e per l’altrui esistenza!
Tuffiamoci pertanto in questo oceano di amore e, con la certezza di ricevere solo pienezza di vita, attiviamo ogni nostro desiderio di bene, attingendo alla fonte stessa del bene: Dio, il quale in Gesù Cristo, mediante l’assenso e disponibilità totale di Maria, si è fatto così vicino a noi da diventare egli stesso uomo.
Quel Dio il quale “molte volte e in diversi modi nei tempi antichi ha parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio”. (Eb 1,1-2).
Questo figlio che ha parlato e che continuamente parla, nella liturgia del tempo natalizio, lo ammiriamo ancora in fasce; contempliamo ancora la vicenda della notte santa con tutti i personaggi che la compongono.
Siamo invitati ad ascoltare con i pastori, in mezzo al frastuono delle tante voci e rumori che caratterizzano il nostro tempo, la voce degli angeli che annunciano anche noi la nascita della Vita vera, che illumina, riscalda, accoglie, abbraccia ed ama ogni vita.
Siamo invitati a metterci in cammino come i pastori, subito, senza esitare, attratti dalle parole di speranza e di luce pronunciate dall’angelo: “Oggi è nato per voi il salvatore, che è Cristo Signore”
Come i pastori sentiamoci depositari privilegiati di un messaggio unico, che conferisce significato di gioia per la nostra vita. Questo ci aprirà e ci farà godere dello stupore di cui abbiamo sentito nel Vangelo. Stupore per la immensità di Dio che si fa presente nell’umiltà delle persone e delle cose.
Quanto il mondo di oggi ha necessità di questo balsamo!: dello stupore per quanto Dio continua a manifestare nella umiltà, piccolezza delle cose e delle persone.
E facciamo nostra anche l’esperienza di Maria, la quale “custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore”.
In un mondo abituato al provvisorio al cosiddetto “usa e getta”, al consumismo delle vicende, del tempo, delle esperienze e dei rapporti tra le persone, Maria Santissima ci educa a conservare nel nostro cuore l’esperienza della vita del Figlio e di meditarla.
Quanti esempi si possono fare in merito e tutti riconducibili a una esperienza originaria di stupore che, comunque, in un modo o nell’altro ha segnato la nostra vita: penso al catechismo da piccoli, la prima comunione, la cresima, il fidanzamento, l’innamoramento, il matrimonio, l’ordinazione sacerdotale ecc.
Sono tutte esperienze che, se non conservate e diligentemente custodite nello scrigno sacro del cuore e meditate di continuo, finiscono per evaporare diventando come avanzi appiccicaticci di cose consumate, senza gusto né nutrimento, sulle pareti imbrattate da altre esperienze che ormai invadono l’esistenza; lasciando sul terreno, forse appena il ricordo, ma certamente le tracce ormai perdute di una energia che sarebbe stata propulsione di vita, di pace interiore e conseguente impegno per la costruzione di una pace più grande.
Ma, nonostante queste tinte fosche, il Natale ci porta ancora e di nuovo la bella notizia che in Gesù niente è perduto.
Egli si è fatto uomo proprio perché in lui e mediante lui, possiamo ricuperare il senso pieno della nostra dignità di figli di Dio e di fratelli tra di noi.
Inoltre l’anno giubilare appena inaugurato sarà per noi ulteriore motivo di ricomposizione del bene.
La pace annunciata dagli angeli abbia in Dio il suo riferimento e nelle relazioni interpersonali l’applicazione concreta e non solo una chimera da inseguire.
Il sogno di molti, direi di tutti, ossia la pace, è innanzitutto un dono che viene da Dio: “Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
È dono ma anche impegno, per il raggiungimento del quale nessuno può essere esente e sottrarsi.
Celebriamo oggi la 58 ma Giornata Mondiale della Pace; Papa Francesco, contestualizzandola entro il Giubileo, intitola il suo messaggio: “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace” e facendo una sintesi delle diverse ingiustizie e sacche di violenza a danno di tutti, dei più poveri e della natura, ribadisce che: “Ciascuno di noi deve sentirsi in qualche modo responsabile della devastazione a cui è sottoposta la nostra casa comune…all’inizio del nuovo anno vogliamo metterci in ascolto di questo grido dell’umanità per sentirci chiamati, tutti, insieme e personalmente, a rompere le catene dell’ingiustizia per proclamare la giustizia di Dio. Non potrà bastare qualche episodico atto di filantropia. Occorrono, invece, cambiamenti culturali e strutturali, perché avvenga anche un cambiamento duraturo”
Per tutto questo e per tanto altro siamo chiamati a chiedere perdono a Dio e tra di noi: “Rimetti a noi i nostri debiti, concedici la tua pace”.
Tutto sia sempre lode a Dio e conseguenza di pace.
Il nuovo anno che oggi si apre sia per noi benedizione e, per mezzo nostro, strumento di benedizione nelle famiglie, nelle aule scolastiche, nei luoghi di lavoro, negli spazi di incontro e di svago, in tutto ciò che compone la vita pubblica e sociale.
Tutto questo si traduca in luogo di benedizione concreta per coloro che hanno maggiore necessità di toccare la misericordia di Dio attraverso la nostra vicinanza: i poveri, gli ammalati, le persone sole, coloro di cui nessuno si accorge e nessuno cura.
Il nostro impegno di figli adottivi di Dio faccia sentire, attraverso l’intercessione di Maria Santissima, l’abbraccio stesso di Dio che avvicina tutti e nessuno respinge.