Carissimi fratelli e sorelle,
quanto abbiamo sentito espresso nella prima lettura, ogni volta che viene proclamato, non so se capita anche a voi, riempie il cuore di commozione e in un certo senso anche di fiducia e quindi possiamo dire che alimenta la speranza. E di questo sentiamo tutti di avere bisogno soprattutto in questo tempo e in quest’anno giubilare.
Tutto questo perché Dio stesso assume la fisionomia del pastore, il quale si prende cura del suo gregge. Non solo, in questa sua opera buona, intende coinvolgere qualcuno che ne sia adatto.
Tra l’opera di Dio nell’assumere questa fisionomia e la persona che egli designa per mettere in pratica quanto da lui progettato vi è come una specie di identità indissolubile che non deve mai essere infranta, mai messa in discussione, mai trascurata; e questo perché chi deve emergere è sempre il Signore, il quale si prende cura del suo gregge. Questa è la nostra gioia e il motivo della nostra certa speranza, in quanto, come abbiamo pregato nel ritornello del salmo responsoriale: il Signore è il mio pastore –perciò- non manco di nulla.
Lo sappiamo che tutto questo, data la precarietà umana, molto spesso è stato disatteso e Gesù stesso nel suo ministero lo annotta con rammarico quando afferma: “erano come pecore senza pastore” e ancora, specialmente nel Vangelo di S. Giovanni, molto si intrattiene a descrivere se stesso come il bel pastore che si prende cura delle sue pecore, ed ancora come colui che lascia le 99 al sicuro per andare in cerca di quella smarrita….
Il pastore evangelico, Gesù e con lui tutti coloro che il Signore chiama ad esprime questo compito, vive quasi in simbiosi con il gregge: il pastore è per il gregge e il gregge è per il pastore.
Questo pastore però ha una caratteristica tutta particolare e direi inaudita; come abbiamo sentito: “dà la vita per il suo gregge”.
Quando mai si era sentita una cosa del genere? Tuttalpiù il contrario, ossia che il gregge è la vita del pastore e non il contrario.
Ora, se il pastore dà la vita per il suo gregge significa che la vita del gregge, la sua unità e il suo vigore devono essere ricercate in Gesù che dà la sua vita per le pecore.
Ma cosa significa tutto questo? Significa che se vogliamo fare qualcosa per il bene della Chiesa e non solo, non possiamo assolutamente prescindere dal metodo pastorale di Gesù, che è quello di dare la vita per le pecore. Dare la vita qualifica l’autenticità dell’amore. Davanti alle tante contraffazioni dell’amore noi abbiamo questa certificazione di garanzia: DARE LA VITA
Questo è stato il metodo di San Giovanni Bosco, il quale non si è lasciato certo impressionare né tantomeno intimidire dalle circostanze sociali ed ecclesiali del tempo; tutt’altro! in forza di tutto questo ha saputo assumere su di sé le criticità dell’una e dell’altra e le ha portate avanti con un’opera impressionante.
Egli è stato immagine concreta del Buon Pastore che si prende cura di ciascuna delle sue pecore. Di ciascuna, vale a dire di ognuna in quanto essere unico ed irripetibile e non solo in quanto “intruppato”, membro anonimo di un gregge.
L’attenzione e la cura dolce, altamente pedagogica a tutto tondo di Giovanni Bosco rimangono anche oggi come esempi fulgidi e concreti per l’educazione dei giovani.
Altra caratteristica incarnata pienamente nella sua vita e nella sua opera fu la gioia. Quella gioia di cui abbiamo sentito nella seconda lettura. È questa una gioia che nasce dalla consapevolezza di aver incontrato il Signore, unico fondamento della vita vera e quindi della vita piena.
È questo un messaggio che arriva fino a noi oggi e che dovremmo sempre di più capire ed accogliere nella nostra vita e quindi proporlo come metodo educativo e stile di vita per tutti, specialmente per i giovani: Gioia per aver incontrato il Signore, gioia nell’incontrare il Signore; comprendere che la vera gioia è incontrare il Signore Gesù.
Essere nella gioia non significa non avere la consapevolezza dei problemi o della storia, significa in sintesi, vivere la dimensione esistenziale di ciò che si intende con l’espressione pienezza di vita.
È questa l’esperienza autentica dell’amore; non del sentimento d’amore, ma dell’amore autentico, che in sé stesso è pienezza, cioè TUTTO quello che fa di un essere una persona felice. Quella realtà che fu della Madonna. Quando Maria ricevette l’annuncio della Nascita di Gesù, l’arcangelo Gabriele le disse “Rallegrati Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Ecco il motivo della gioia: perché piaci a Dio.
Ognuno di noi è oggetto del compiacimento di Dio. Egli ci ama, egli vuole il nostro bene e, come il pastore fa con le sue pecore, ci conduce al pascolo e ci ricolma di tutte le sue cure.
Ma come è possibile? Sarà vero tutto questo? Si, è possibile ed è vero!
In quest’Anno Santo abbiamo l’offerta dell’amore illimitato, esuberante di Dio il quale, usando un’espressione di San Paolo, ci ha amato e ha consegnato sé stesso per noi. Quindi non solo è possibile, ma tutto questo si è già realizzato e quindi rafforza la nostra speranza, per essere anche pellegrini di speranza; che portano ed infondono speranza.
È questa gioia la gioia che probabilmente oggi si insegue ma con la pretesa di poterla possedere e consumare come se si trattasse di un bene qualsiasi acquistato al supermercato.
È una gioia che, coinvolgendo la persona la impegna totalmente affinché tutto ciò che la circonda, persone e cose, possano essere rivestite unicamente di bene.
Carissimi fratelli e sorelle, in tutto questo San Giovanni Bosco si è distinto e ci ha lasciato degli autentici monumenti esperienziali a cui ancora attingere. Sarebbero tantissime le riflessioni e le considerazioni da fare, ma attenendomi ancora alla Parola proclamata, un piccolo pensiero vogliamo rivolgerlo all’attenzione da avere verso i piccoli, alla loro cura e agli scandali di cui, purtroppo, essi sono vittime.
L’esempio di Giovanni Bosco ci sproni tutti a non trascurare questo aspetto ma abbiamo, ciascuno per la sua parte, la delicatezza e la saggezza di cogliere le parole del Signore Gesù il quale volendo insegnare qualcosa sul Regno dei Cieli non fa altro che servirsi della piccolezza, purezza e candore dei bambini.
E a noi la consegna delle parole di Gesù: “chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”. E quelle di s. Giovanni Bosco rivolte ai suoi educatori salesiani, ma valide per tutti: “Ricordatevi che l’educazione è cosa del cuore, e che Dio solo ne è il padrone, e noi non potremo riuscire a cosa alcuna, se Dio non ce ne insegna l’arte, e non ce ne mette in mano le chiavi. Studiamoci di farci amare, di insinuare il sentimento del dovere del santo timore di Dio, e vedremo con mirabile felicità aprirsi le porte di tanti cuori…..”
Affidiamo ogni nostra intenzione alla premurosa intercessione di Maria SS.ma; lei Vergine Ausiliatrice, col suo amato Giovannino, non mancherà di sostenerci in ogni nostro percorso buono di vita.