Monastero Clarisse – l’VIII centenario delle “Parole con melodia” nella festa di Santa Chiara

Ricorre quest’anno l’VIII centenario delle “Parole con melodia” che san Francesco scrisse per santa Chiara e le sue sorelle conosciuto come “Audite poverelle”. E sarà proprio questo testo a condurre la comunità delle clarisse di Terni alla solennità della Madre Santa Chiara con una novena di preparazione “Audite poverelle” dal 2 al 10 agosto 2025 alle ore 8 Celebrazione Eucaristica a seguire Novena
Il 2 agosto Solennità del “Perdono di Assisi” alle ore 8 Celebrazione Eucaristica presiede Mons. Domenico Cancian FAM Vescovo emerito di Città di Castello, alle 18 Secondi Vespri della Solennità
Il 10 agosto alle ore 18 Primi Vespri della Solennità, alle 21:00 Veglia con Ufficio delle Letture; l’11 agosto ore 8 Celebrazione Eucaristica presiede p. Danilo Tremolada OFM Vicario Provinciale dei Frati Minori di Umbria e Sardegna.

Ci sono ben due antiche fonti biografiche (la Leggenda perugina e lo Specchio di perfezione) che riportano entrambi il fatto. Nel periodo fra l’inverno e la primavera del 1225, Francesco trascorse quasi due mesi in San Damiano di Assisi, costretto a letto dall’aggravarsi delle sue malattie.
E proprio in quel luogo, dopo una notte di sofferenze atroci ma consolate dalla promessa divina che esse si sarebbero trasformate nel tesoro inestimabile della salvezza, Francesco pieno di gioia e di riconoscenza compose il Cantico di frate Sole. L’uomo evangelico, dimorando proprio accanto al monastero, non poteva dimenticare Chiara e le altre «povere signore» che vegliavano e pregavano proprio accanto a lui a San Damiano.
Infatti, afferma il testo antico: «Sempre in quei giorni e nello stesso luogo, dopo che Francesco ebbe composto le Laudi del Signore per le sue creature, dettò altresì alcune sante parole con melodia (verba cum cantu), a maggior consolazione delle povere signore del monastero di San Damiano, soprattutto perché le sapeva molto contristate per la sua infermità. E poiché, a causa della malattia, non le poteva visitare e consolare personalmente, volle che i suoi compagni portassero e facessero sentire alle recluse quel canto. In esso, Francesco si proponeva di manifestare alle sorelle, allora e per sempre, il suo ideale: che cioè fossero un solo cuore nella carità e convivenza fraterna, poiché quando i frati erano ancora pochi, esse si erano convertite a Cristo, dietro l’esempio e i consigli di lui, Francesco. La loro conversione e santa vita è gloria ed edificazione non solo dell’Ordine dei frati, di cui sono pianticella, ma anche di tutta la Chiesa di Dio. Perciò, sapendo Francesco che le sorelle, fino dai primordi, avevano condotto e conducevano una vita dura e povera, sia per volontà propria sia per necessità, il suo animo si volgeva con sentimenti di pietà e amore verso di loro. Perciò in quel canto le pregava perché, dal momento che il Signore le aveva riunite da molte parti nella santa carità, nella santa povertà e nella santa obbedienza, continuassero a vivere e morire in queste virtù. E raccomandava specialmente che, usando le elemosine che il Signore inviava loro, provvedessero con saggia discrezione, con gioia e gratitudine alle necessità dei loro corpi, e che le sorelle sane portassero pazienza nei travagli che duravano per curare le ammalate, e queste fossero pazienti nelle infermità e privazioni che pativano.» (C.Ass.85,1-2 FF1617)

L’importanza e la rilevanza del testo, rimasto nascosto per secoli e venuto alla luce nel 1976 rinvenuto tra i codici conservati dalle Clarisse di Novaglie, non è soltanto e unicamente per tutte noi Sorelle Clarisse, ma anche per la storia della cultura, non solo perché arricchisce il numero dei componimenti volgari che fanno di Francesco d’Assisi il primo autentico poeta-rimatore della letteratura italiana, ma inoltre perché conferma che i tre testi poetici in volgare lasciatici dal “giullare del Signore” – la Preghiera al Crocifisso, il Cantico e l’Audite, poverelle – sono nati tutti all’ombra di San Damiano, là dove lo Spirito del Signore che stava rinnovando la Chiesa si è incontrato, nobilitandole, con le dolci intonazioni del linguaggio materno e cittadino che Chiara e Francesco avevano appreso fin dai giorni della loro infanzia. E dove si intuisce la volontà di Francesco di voler comunicare il più possibile a tutti la sua esperienza di vita, ed in modo particolare agli ultimi, e questi scritti nella lingua parlata potevano raggiungere tutti, colti e incolti, letterati e illetterati.
Parole tanto importanti per noi Sorelle Clarisse perché lasciateci quasi come “testamento” dal Padre San Francesco ormai vicino alla morte che ricordano le “esortazioni” già fatte in precedenza a Chiara e le sue Sorelle dal Santo Padre. Per tutto questo sentiamo di fare “nostre” le parole di Santa Chiara nel suo testamento: «Il Figlio di Dio si è fatto nostra via; e questa con la parola e con l’esempio ci indicò e insegnò il Beato Padre nostro Francesco, vero amante e imitatore di lui» (FF 2824). E poter intravedere “con un sol sguardo” come il raggio di luce evangelica che da Francesco è passato in Chiara, e raddoppiandosi in lei ha attraversato i secoli, illuminando la vita di innumerevoli uomini e donne di ogni condizione sociale che, dai due grandi santi di Assisi, hanno appreso il desiderio di trasformare la preghiera, la fatica, il servizio fraterno di ogni giorno in una fedele e ininterrotta donazione di sé nell’amore.
Così ANCORA OGGI, immersi in un mondo sofferente, dilaniato dall’odio e dall’indifferenza, mentre sperimentiamo l’impotenza umana, siamo invitate a riscoprire l’eternità dei gesti d’amore, di perdono, di bontà, che possono colmare di senso il quotidiano e ridonare speranza a chi ci è accanto. Non solo: possono farci gustare, come caparra e primizia, la gioia senza fine dell’amore con il quale Dio ci ha amato desiderando, fin d’ora, di poter fare lo stesso della nostra vita. Ed essere così testimoni di quella “speranza che non delude” (Rm 5,5) per quanti ci avvicinano.