Giornata per la vita consacrata, presentazione di Gesù al tempio

Carissimi fratelli e sorelle continuando a contemplare la luce di Dio, che nel mistero dell’incarnazione del Figlio si fa a noi sempre presente, siamo invitati oggi ad abbracciare questa luce, a provare e a vivere la medesima immensa gioia del vegliardo Simeone e della profetessa Anna.
Simeone e Anna pur con la loro età avanzata non avevano perso la speranza.
Pertanto, essi si affiancano a noi in questo tempo, certamente denso di nubi per l’umanità intera e per la comunità ecclesiale, ma anche carico di speranza in quest’anno giubilare, per sorreggere la nostra fede e farsi compagni autorevoli nel nostro pellegrinaggio.
Le caratteristiche che da Simeone e Anna passano a noi oggi sono la perseveranza nell’attesa di colui che sarebbe dovuto venire come il liberatore.
Simeone aspettava la consolazione di Israele, ossia la liberazione definitiva da tutte le scorie di male che il popolo aveva dovuto sopportare a causa della infedeltà a Dio.
La perseveranza nella fede è garantita dall’ azione dello Spirito Santo che, come per Maria e Giuseppe, ne guida ogni pensiero ed azione.
Simeone aveva intuito che non sarebbe arrivato alla morte senza aver prima veduto il Cristo Signore.
Mosso dunque dallo Spirito Santo si reca al tempio nel momento preciso in cui Maria e Giuseppe vi portano il piccolo Gesù per consacrarlo al Padre.
Possiamo certamente intuire un gesto che, seppur non esplicitamente descritto nel Vangelo, è comunque ben messo in evidenza.
Maria e Giuseppe mettono fra le braccia di Simeone il piccolo Gesù ed egli, consapevole di chi si tratta, pur senza averlo mai visto prima, senza averlo conosciuto, pronuncia un inno singolare di fede, colmo di gratitudine: Signore adesso posso morire contento e in pace … non desiderò più altro; la mia vita ha il senso pieno, non tanto nei lunghi anni passati e vissuti, ma in questo momento.
Carissimi fratelli e sorelle Simeone sin dai primi istanti della vita terrena di Gesù è, insieme ai personaggi caratteristici del Natale, l’emblema dell’attesa, della ricerca, dell’incontro, del senso della vita
Gli anni vissuti nell’attesa però non sono stati vani né vuoti, hanno nutrito la speranza e guidato la fede fino al momento dell’incontro.
Nelle parole espresse da Simeone siamo invitati a tuffarci anche noi come fosse un oceano salutare, perché in esse possiamo trovare e dare il senso alla nostra storia e a tutto il creato.
Comprendiamo che Senza Gesù non è possibile vivere; senza di lui sarà possibile una sequenza temporale di giorni pur frenetici ma privi di senso pieno e quindi di prospettiva di quella eternità, ossia della pienezza, per la quale siamo chiamati ad esistere.
Che senso avrebbe la nostra vita senza la luce di Cristo? Sarebbe un procedere inesorabile verso il futuro che alla fine ha come epilogo l’abisso della morte come dissoluzione di tutto.
Con la luce di Cristo invece, con lui accolto nelle braccia della nostra vita, come per il vecchio Simeone, la vita e la morte avranno il senso compiuto della salvezza. Quale altro desiderio potrebbe esservi di più?
Dalla contemplazione del Signore con gli occhi e la fede di Simeone, al quale si affianca l’anziana profetessa Anna, capiamo inoltre che la Luce di Cristo è data certamente a ciascuno, ma non come qualcosa da tenere per sé, come una cosa privata, come un possesso esclusivo, quanto piuttosto è data per tutti. Egli è Luce per illuminare le genti.
Questo significa che pur accogliendola personalmente, singolarmente, questa luce non può rimanere rinchiusa nel nostro privato, sarebbe come quella lampada messa sotto il moggio piuttosto che sul candelabro, di cui Gesù avrebbe un giorno detto parlando dei suoi discepoli.
La luce di Cristo, che si voglia o no, che sia accolta o meno, è la luce eterna di Dio che non si consuma, che brilla sui giusti e sugli ingiusti.
È la luce di bene che scalda il cuore ed illumina la mente e mentre si accoglie fa crescere in noi l’ardore del Vangelo, della persona di Gesù Cristo da accogliere e trasmettere in tutta la ricchezza delle sue sfaccettature./
Giuseppe e Maria, sono stupiti delle cose che si dicono del Figlio e come conseguenza custodiscono tutto nello scrigno del loro cuore.
Papa Francesco nell’enciclica Dilexit Nos, parlando dell’importanza del cuore scrive (9) “In questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte. Ma ci muoviamo in società di consumatori seriali che vivono alla giornata e dominati dai ritmi e dai rumori della tecnologia, senza molta pazienza per i processi che l’interiorità richiede. Nella società di oggi, l’essere umano «rischia di smarrire il centro, il centro di se stesso». [6] «L’uomo contemporaneo, infatti, si trova spesso frastornato, diviso, quasi privo di un principio interiore che crei unità e armonia nel suo essere e nel suo agire. Modelli di comportamento purtroppo assai diffusi ne esasperano la dimensione razionale-tecnologica o, all’opposto, quella istintuale». Manca il cuore”.
I cuori di Giuseppe e di Maria saranno sempre descritti e quindi offerti a noi come astri di orientamento e motori di speranza.
Nel silenzio del lavoro e della preghiera essi contemplano e meditano.
Saranno così per tutto il tempo nella esperienza della casa di Nazareth.
In quella casa Gesù cresce, si fortifica, pieno di sapienza e la grazia di Dio è con Lui.
In quella casa siamo convocati tutti noi per apprendere la sapienza di Dio e cogliere e conservare nel cuore i semi di speranza, da seminare ulteriormente colmi della nostra buona volontà nelle strade del mondo e così essere pellegrini di speranza.
Gesù è la luce della nostra speranza,
Specialmente per voi che avete consacrato la vita al servizio di Dio, con l’impegno di seguire Cristo obbediente, povero e casto.
Nei ceri che abbiamo acceso in questa celebrazione la sua luce è stata posta nelle nostre mani.
Come fu per Simeone possiamo sollevare con le braccia della nostra esistenza questa sua luce.

Non dobbiamo metterla sotto il mobile, sotto il tavolo…per andare inevitabilmente a finire poi calpestata sotto i nostri piedi.
Non possiamo nasconderla, non possiamo non farle fare ciò per cui esiste e per cui ci è stata data.
Necessita di essere collocata sul luogo più adatto: al di sopra di ogni nostro umano pensiero, che spesso è di parte o perlomeno parziale, affinché faccia luce; renda cioè chiaro ciò che è scuro o tenebra e ci faccia procedere sicuri, pieni di speranza certa verso l’incontro definitivo con il Signore e con i fratelli e sorelle che incontriamo ogni giorno.
Maria Santissima con San Giuseppe visitino e benedicano il tempio del nostro cuore e lo inondino della luce benefica e gloriosa di Nostro Signore Gesù Cristo