Natale 2024 – Messa del giorno di Natale nella concattedrale di Narni

La festa della natività di Nostro Signore Gesù ci riempie sempre di gioia e perciò alimenta la speranza.
Specialmente in questo anno, nell’imminenza dell’inaugurazione dell’anno Giubilare, dovremmo sentire più vera questa prospettiva, più vero questo dono e quindi impegnarci maggiormente affinché, come nel motto del Giubileo, possiamo essere, e quindi vivere, da pellegrini di speranza.
Cerchiamo pertanto di cogliere dalla Parola di Dio, nostro nutrimento, tutti quegli elementi che essa ci offre a riguardo.
Innanzitutto il mistero della incarnazione del Verbo di Dio, la sua nascita nel tempo non può non farci riconoscere in lui il principale pellegrino e, con l’intera sua opera di santificazione e di salvezza, accogliere la certezza assoluta della speranza che in lui e solo in lui si concretizza.
Accogliere il mistero del Natale dunque ci esorta a tenere ferma la nostra fede in colui che solo può offrirci orizzonti sicuri, nuovi e chiari di vita sana, buona e bella; colui che può condurci nelle strade del nostro tempo a vivere onestamente e santamente, attraverso le opere di giustizia e di carità.
In questo versante non possiamo trascurare l’ambito familiare mediante il quale il Figlio di Dio ha voluto porre la sua dimora nel mondo. “Il verbo si è fatto carne e ha posto la sua dimora in mezzo a noi”. Egli però non si configura come se fosse un nostro vicino di casa; il vangelo di oggi proclama: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Con il dono dell’incarnazione del Figlio di Dio riceviamo il dono della familiarità con lui.
Accettare questo singolare piano di salvezza significa per noi dare un senso alla nostra vita e così elaborare corpo e anima alla speranza.
Corrispondere generosamente al piano di Dio coinvolge, oltre la singola persona, oltre me, un gran numero di persone, come abbiamo sentito nel bel messaggio della prima lettura: “Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace” ecc. in un mondo oppresso dalla guerra e dalle ingiustizie… l’accoglienza di Gesù innesca un vortice di pace che però va controcorrente rispetto ai pensieri e tendenze umane.
La gioia del Natale, fonda e per noi anticipa la gioia del Giubileo.
Oggi siamo chiamati ad accogliere nel cuore della nostra vita il Signore della vita e fare di lui il fondamento della nostra esistenza e dunque della nostra speranza.
Ecco il motivo per il quale la speranza non può deludere. Essere pellegrini di speranza significa proprio questo: avere la certezza che con Dio niente va perduto, anzi tutto acquista la forza necessaria per avere senso e valore.
Ma come si può avere questa certezza, mi chiedo? Certamente non si può avere unicamente a livello intellettuale, come se fosse il contenuto di una nozione, quanto piuttosto esistenziale, ossia vivendo di essa.
Chi vive di Dio, cammina in Dio e porta Dio attraverso i gesti di vicinanza, di prossimità e di carità, che perciò sono segni concreti di speranza.
“A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio” e nel vangelo nella Messa della notte abbiamo sentito che per Maria e Giuseppe “non c’era posto nell’alloggio”. Carissimi fratelli e sorelle, questo particolare ci deve far riflettere su cosa o chi accogliamo ed alloggiamo nella nostra vita.
La nostra vita, ossia i nostri pensieri, le nostre aspirazioni, le nostre faccende quotidiane sono talmente sature da non avere il dovuto spazio per il Signore? Non abbiamo più luogo e tempo per un minimo di ascolto/lettura della Parola di Dio? E ancora, non abbiamo attenzione per il Signore che si rende sempre presente nei tanti poveri pellegrini della storia?
Siamo assillati quasi inseguiti dall’irrompere nella nostra pur limitata vita dalla illimitata e incontrollata serie di notizie, immagini; dalle offerte anche nocive di presenza sui social che, con l’intento apparente di costruirti, non di rado vanno ben oltre la manipolazione delle coscienze mirando addirittura alla distruzione stessa della coscienza.
Così come avvenne in quella santa notte di Betlemme, così sarà nella nostra esistenza se, totalmente distolti dalle mille cose da fare (e ciascuno di noi sa bene quali sono), non abbiamo più il posto per ospitare il Signore.
Nessuno si lasci travolgere dalle proprie miserie; anzi proprio nella notte delle nostre miserie, in questo preciso contesto si manifesta per noi Gesù Cristo Luce del mondo.
Egli viene al mondo, in una umile dimora ed inizia così, cioè in questo modo, il suo essere pellegrino di speranza, insegnando praticamente e visivamente i segni che caratterizzano questa speranza.
Il mondo di oggi, con le diverse traversie che affronta ogni giorno, desidera certamente una speranza di bene, di pace, di tranquillità per tutti.
Il Natale ci insegna che non è possibile attuare questo desiderio senza fare spazio al Signore, al Principe della pace. Il coro degli angeli questo ha cantato: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini che egli ama”.
Pace, amore, gloria sono gli ingredienti essenziali sia del Natale come anche il bagaglio del pellegrino di speranza.
Se è inoppugnabile che non è possibile arrivare alla pace facendo la guerra (oggi purtroppo si insegue ancora questo terribile miraggio) è altrettanto vero che non si può essere operatori di pace con una mentalità limitata se non addirittura chiusa oppure ingolfata dai propri pensieri come se fossero l’unica verità, adoperando linguaggi e condotte al di sopra delle righe.
La speranza per noi è un bambino deposto in una mangiatoia.
Quello stesso corpo che un giorno sarebbe stato deposto nel sepolcro, straziato dalla passione e morte in croce.
Dalla mangiatoia al sepolcro si apre per il mondo intero l’inestimabile annuncio della buona notizia, della bella notizia: Gesù Cristo Nostro Signore, unico salvatore del mondo che per noi si fa cibo, pane, nutrimento in ogni Messa che celebriamo.

Accogliamo questo dono nella novità della nostra vita e diveniamo anche noi pellegrini di speranza per noi, per i nostri fratelli e sorelle e per il mondo intero. “Goria a Dio nel più alto dei cieli e pace in terra agli uomini amati dal Signore”.