In questa 5a domenica del tempo detto per annum, ci stringiamo intorno alla figura eccelsa del nostro patrono san Valentino, con i medesimi sentimenti espressi da san Pietro nella sua prima lettera, quando scrive che stringendoci a Cristo Pietra viva veniamo impiegati anche noi come pietre vive per la costruzione di un edificio spirituale.
Stretti e uniti al nostro santo patrono siamo garantiti che quanto è nelle nostre intenzioni corrisponde al volere santo di Dio.
In questa liturgia, insieme a tutte le Chiese sparse nel mondo siamo invitati a far calare sul terreno della nostra vita la fecondità della parola di Dio che abbiamo ascoltato. Essa è come un seme e la nostra vita è il terreno che accoglie questo seme. La sua parola è un seme buono che, nella misura in cui viene accolto e debitamente curato, produrrà frutti abbondanti di opere buone.
La prima lettura ci ha presentato la chiamata, la vocazione del profeta Isaia descritta dalle sue stesse parole con i segni che la caratterizzano.
Suggerirei a tutti di riprendere questo testo e farlo proprio cercando di scoprire quanto, attraverso l’esperienza del profeta, il Signore comunica allo specifico di ciascuno.
Questo è un percorso che richiede un tempo più esteso di quello a nostra disposizione, che comunque non esaurisce il fine e lo scopo della Parola.
Pertanto, queste mie parole non sono altro che un riverbero della Parola di Dio che necessita, ripeto, di essere accolta nel terreno ben disposto della nostra esistenza.
Di questo testo della vocazione di Isaia non possiamo non sottolineare il motivo per cui il profeta, dopo aver affermato che al cospetto di Dio non sarebbe potuto sopravvivere a causa della sua condizione di peccatore, all’appello sulla chiamata “Chi manderò, chi andrà per noi”, risponde però prontamente: “Eccomi manda me”.
E il motivo di questo mutamento è dato dalla consapevolezza che Dio stesso ha provveduto a purificare l’essere, la vita del profeta attraverso quella simbologia espressa dal serafino che tocca le labbra del profeta con un carbone infuocato preso dall’altare.
Quel carbone avrebbe dovuto bruciare le labbra del profeta, annientarle ed impedirgli per sempre, non solo di parlare a nome di Dio ma di proferire alcun tipo di parola.
Eppure quello che parte dall’altare, cioè da Dio, non è un fuoco che distrugge ma è un fuoco che purifica, riscalda corrobora.
Ed è tale perché questo fuoco significa Dio stesso che per essenza è amore.
In esso vi sono tutte quelle caratteristiche del fuoco veduto da Mose nel monte Sinai: roveto ardente che bruciava ma non consumava.
Carissimi fratelli e sorelle in questo fuoco d’amore non possiamo non vedere riflessa tutta la vita del nostro san Valentino, il quale forgiato dallo stesso amore è diventato strumento d’amore non solo nel tempo della sua vita terrena, ma arriva fino a noi oggi.
Mi preme però innanzitutto precisare che san Valentino è il nostro santo Patrono e, in quanto tale, non è un idolo a cui ricorrere o manipolare a nostro piacimento. Se dunque è il santo patrono questo significa che a lui dobbiamo rivolgere la nostra attenzione unicamente per conformare la nostra vita alla sua, così come egli ha conformato la sua a quella di Cristo.
In questo anno santo appena iniziato san Valentino ci esorta a non avere paura del fuoco purificatore di Dio; ci esorta ad accogliere la sua misericordia e a farla diventare operativa nella nostra vita, trasformata dal fuoco del suo amore.
Ciascuno di noi, mediante il battesimo, è stato toccato e completamente inondato di questo amore, siamo stati rivestiti di Cristo perché possiamo essere suoi testimoni nel mondo e quindi costruttori di pace.
Nonostante tutto questo però, ci capita di fare la stessa esperienza fallimentare degli apostoli, di cui abbiamo sentito nel Vangelo: siamo come Pietro Giacomo e Giovanni i quali, dopo aver faticato tutta la notte, registrano l’amara sorpresa di tirare in barca le retti senza che vi sia un solo pesce. Davanti a questo dramma che tocca non solo la persona dei pescatori ma che coinvolge le loro famiglie e l’intera società, il Vangelo ci fornisce, come sempre, gli elementi per capire la vicenda e scioglierne i nodi. Il dramma di Pietro è anche il nostro dramma, è il dramma di tanti giovani che, delusi dalle tante esperienze delle reti vuote, non sono neanche in grado di riassettarle, compromettendo quindi un’ipotetica nuova avventura.
A questo punto, così come nella vicenda di san Pietro, capita che Gesù chieda di entrare nella nostra barca, cioè nella nostra vita e di lì insegnare e trasmettere le cose di Dio.
Tuttavia non dobbiamo dimenticare che egli è già presente nella nostra esistenza mediante il Battesimo e di questo dovremmo essere sempre più consapevoli….
Nella vicenda evangelica c’è un particolare che secondo me è importante rimarcare: Gesù chiede a Simone di scostarsi un poco da terrà.; quasi a voler significare che devi iniziare a staccarti dall’oggettività di quello che è successo e dalla tristezza che ne è conseguita.
Staccarsi dalla sicurezza dell’ormeggio certamente, ma con Gesù a bordo, il quale non è un passeggero qualunque ma è colui che insegna. Insegna le cose buone di Dio.
Pensate che meraviglia: egli il Maestro per eccellenza insegna le cose di Dio dalla cattedra della nostra vita. Non sia mai muta del nostro mutismo questa cattedra. E, come disse a Simone, ordina anche a noi di riprendere la pesca anche in un momento e nell’orario meno improbabile, consapevoli che l’ora della presenza di Dio è sempre quella giusta.
La presenza di Gesù è sempre benedicente. Solo lui potrà operare il miracolo del frutto sovrabbondante del nostro lavoro.
Quanto sentiamo la fatica e il peso di un lavoro andato a vuoto, del tempo sprecato, delle delusioni che non fanno più trasparire alcun fascio di luce ecc. / San Valentino oggi ci esorta a lasciarci toccare dall’amore misericordioso di Dio, farlo entrare nella nostra vita e anche se in quella barca sento di non esserci più in quanto, come gli apostoli, ormai a terra disarmato e deluso, il Signore comunque continua ad esservi presente e a pronunciare la sua parola di salvezza.
Si prenda dunque il largo in compagnia degli apostoli e di san Valentino, successore degli apostoli e nostro celeste patrono.
Il frutto del nostro lavoro sarà talmente sovrabbondante tanto che addirittura non avrà più alcun valore commerciale. Gli apostoli infatti non ebbero più interesse di quel frutto (la pesca) quanto piuttosto godettero del frutto per eccellenza, ossia di una vita completamente rinnovata data dall’incontro con Gesù. Così come Pietro, Giacomo e Giovanni la vita di ciascuno di noi avrà una nuova e inedita pagina da scrivere.
San Valentino seguendo questa onda benefica di amore ne è il testimone. Egli prende le nostre vicende umane e le alloggia sulla barca di Simone affinché da lì ed insieme con loro possiamo apprendere i segreti del Regno, ossia la vita buona e bella del Vangelo.
Interceda san Valentino per la nostra città, per l’intera nostra Diocesi e regione affinché seguendo lo Spirito d’amore del Padre sappiamo convergere nell’unità della famiglia dei figli di Dio.
Attiri san Valentino i ragazzi e i giovani, affinché questa festa sia riempita per loro del gusto di una vita splendida dello splendore dei santi.
Siano aperte le porte delle case a san Valentino, affinché la sua presenza sia anima benedicente per ciascun componente.
Illumini s. Valentino le menti di coloro che sono chiamati ad amministrare la cosa pubblica, affinché ogni progetto sia improntato alla edificazione del bene di tutti e specialmente dei più fragili.
San Valentino presenti ogni nostra singola intenzione a Dio per le mani della Vergine Santa, affinché ritornando a noi colme della sua benedizione possiamo progredire con gioia, colmi di speranza, sulla via della salvezza che è Gesù Cristo nostro unico Signore.
San Valentino 2025 solenne pontificale in Cattedrale
