Commemorazione dei defunti 2019

Siamo convenuti in questo luogo di riposo (cimitero) per compiere un gesto non puramente formale, la visita ai nostri cari defunti: parenti, conoscenti, amici, benefattori che hanno lasciato lo spazio operoso, spesso frenetico, della società civile e sono radunati qui.
Ognuno viene qui con motivi e sentimenti personali, di varia intensità, ma tutti accomunati dal ricordo, la memoria, il rimpianto, il dolore, tanto più lacerante quanto maggiormente recente è la data della morte dei cari: genitori, figli, persone care. Siamo qui a ripetere, in una liturgia per nulla sorpassata, il pellegrinaggio della memoria, dell’onore e del tramandare e prolungare quella che continua ad essere una presenza viva per noi e per le generazioni future. Un pellegrinaggio non solo personale e familiare, ma insieme, della comunità civile della nostra cara Terni, che vuole ricordare i suoi figli, da essa distaccatisi per cause naturali, di età, per malattia, o per gesti violenti;
comunità militare che ritiene dovere e punto di onore alimentare la memoria viva dei commilitoni caduti nell’adempimento del dovere, martiri ed eroi generosi della comunità.
In particolare ricordiamo quelli morti nell’anno:
Vincenzo De Gennaro, carabiniere ucciso a Cagnano Varano (Foggia);
Emanuele Anzini, carabiniere, travolto da un’auto a Bergamo;
Mario Cerciello Rega, ucciso a Roma:
I due agenti di Polizia, uccisi a Trieste, un mese fa Pierluigi Rotta e Matteo Demenego

Veniamo qui compiendo dei gesti simbolici, ponendo per es. corone o semplici fiori.
«Portare un fiore su una tomba è un segno di speranza e di fede: ponendolo sulla terra o sulla pietra diciamo che nel nostro cuore c’è la certezza, la fiducia o almeno il desiderio che quella pietra o quella nuda terra tornino a fiorire, restituendo la vita a chi ci è caro».
Ma noi siamo qui come Chiesa, cristiani e discepoli di Gesù, che con la sua vita, morte e risurrezione ha sconfitto la morte e ha tolto il velo che copriva gli occhi dell’umanità orientando il nostro sguardo oltre la morte, verso l’orizzonte infinito dell’eternità.
E’ vero, molte persone, anche cristiani, restano dubbiose e perplesse di fronte alla crudezza, al pallore della morte. Ma la nostra stessa esistenza, la ricchezza dei sentimenti umani, la forza dell’amore sperimentato e soprattutto la fede in Gesù dànno fondamento alla certezza che la vita continui oltre la morte e alla speranza cristiana della risurrezione.
E questa speranza che noi oggi celebriamo e alimentiamo con la celebrazione della santa Messa e con la proclamazione della Parola di Dio.

Già nell’Antico Testamento era condivisa la consapevolezza che la vita dell’uomo è nelle mani di Dio. La sua presenza-provvidenza non solo ci accompagna nella vita, ma dopo la morte, prezzo che l’umanità paga per il peccato. Il libro della Sapienza, frutto delle riflessioni di donne uomini saggi, sedimentate negli anni, ispirate dal Signore, e sorte nella famiglia, nella corte e nelle scuole, ne proclama la consapevolezza e certezza.
Abbiamo proclamato (Dal libro della Sapienza Sap 3,1-9)
“Le anime dei giusti sono nelle mani di Dio, nessun tormento li toccherà.
Agli occhi degli stolti parve che morissero, la loro fine fu ritenuta una sciagura,
la loro partenza da noi una rovina, ma essi sono nella pace”.
I giusti, coloro che orientano la loro vita secondo gli insegnamenti di Dio, sperimentano in vita e in morte la consolazione e l’amore di Dio. La morte segnerà la fine del tempo della fragilità e dell’incertezza e il prolungamento della beatitudine e del gaudio, sperimentati parzialmente in vita.

Nel Nuovo Testamento, s. Giovanni apostolo, nel libro dell’Apocalisse, con un linguaggio simbolico, invita i cristiani, alle prese con le fragilità e sofferenze della vita, con le persecuzioni ad alzare gli occhi al cielo e contemplare la città celeste, la santa Gerusalemme, preparata da Dio, dove “non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”.
Dio Padre in Gesù trasformerà ogni cosa: “E Colui che sedeva sul trono disse:
«Ecco, io faccio nuove tutte le cose”.
Nell nostra vita andiamo in cerca di novità; ma secondo la promessa del Signore le novità più grandi riguarderanno tutti gli uomini:
“Egli abiterà con loro ed essi saranno suoi popoli ed egli sarà il Dio con loro, il loro Dio. E asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate”
Qualcuno potrà restare scettico di fronte a queste parole. I santi che vivono di questa speranza sono felici già in questa terra, pregustando la pienezza della felicità della vita futura in Dio.
Francesco d’Assisi, che viveva nella piena comunione con Dio, non temeva la morte, chiamandola sorella; egli ha trascorso la vita con la gioia straordinaria della perfetta letizia anche nelle sofferenze e nelle prove.

Nella preghiera di communione pregheremo: (Cf Fil 3,20-21)
“Aspettiamo il nostro salvatore Gesù Cristo; egli trasfigurerà il nostro corpo mortale a immagine del suo corpo glorioso”.
Oggi viene rivolta a ciascuno di noi la domanda che Gesù fece a Marta, quando le prospettò la risurrezione del fratello Lazzaro: credi tu questo? «Io sono la risurrezione e la vita; chi crede in me, anche se muore, vivrà; chiunque vive e crede in me, non morrà in eterno” (Gv 11, 25-26).
Credi tu questo? Cari fratelli e sorelle, tanta solitudine e disperazione oggi è presente perché gli uomini hanno abbandonato la fede in Gesù. Direi, hanno messo da parte ogni fede, convinzione, principi nobili che elevano l’esistenza e la rendono vera, aperta all’infinito, al prossimo, al benessere comune.
Se scompare Dio dalla società, scompare anche l’uomo. Ciascuno di noi perde di consistenza, indeboliamo il rapporto con l’umanità. Il valore stesso della vita e il rispetto che si deve, alla propria e altrui esistenza, viene oscurato: oggi siamo spettatori, in diretta, o come si dice: dal vivo, in onda, on line, di innumerevoli omicidi, femminicidi, suicidi, stragi, guerre, violenze fisiche a morali, a cominciare da quelle gratuite a quelle apparentemente motivate. Perfino adolescenti, radunati in bande, che bullizzano coetanei e adulti per divertimento; giovani che consumano e distruggono la propria vita con rischi irragionevoli, con l’uso di stupefacenti ormai di facile acquisto.
Credi tu questo? Riportiamo speranza con azioni concrete e responsabili: ripartiamo dalla famiglia, la scuola, la società, le religioni, la chiesa stessa. Una corale azione per riportare in agenda non solo la libertà individuale, ma i valori umani, personali e civili della nostra cultura, i valori evangelici con la responsabilità collegata alle scelte e ai gesti di ognuno: adulti e giovani, genitori e figli, mariti e mogli, autorità e cittadini, imprenditori e prestatori d’opera: tutti coalizzati per riportare la speranza nella società, ciascuno per la sua parte. Basta odio diretto e on line, basta violenze materiali e verbali. La fede nella vita e la speranza nella risurrezione vanno seminate con urgenza, fin dall’infanzia e nelle piccole cose.

Di fronte alla morte tutto viene ridimensionato: quanti rimpianti per relazioni vissute male e distrutte, per litigi per futili motivi, per rancori che ci hanno accompagnato e resa amara l’esistenza, mentre tutto poteva essere visto in una luce più grande.
Ora preghiamo e riflettiamo. Sintetizziamo il nostro anelito con la preghiera, la colletta all’inizio della messa:
“Dio onnipotente, il tuo unico Figlio, nel mistero della Pasqua, è passato da questo mondo alla gloria del tuo regno; concedi a noi ai nostri fratelli defunti di condividere il suo trionfo sulla morte e di contemplare in eterno te, o Padre, che li hai creati e redenti.
Per il nostro Signore Gesù Cristo”.