Messa nella basilica di San Francesco in Assisi

Saluto con gioia questa comunità francescana e saluto con gioia i pellegrini presenti, insieme a voi mi faccio pellegrino alla Tomba di san Francesco.

Sono trascorsi 15 giorni dalla mia ordinazione episcopale e dall’inizio del mio ministero di pastore della Chiesa di Terni-Narni-Amelia. Una serata nella quale, insieme a centinaia di cristiani e amici della diocesi e delle comunità nella quali ho svolto il mio ministero di francescano e di sacerdote in Puglia, a Roma e in Assisi, ho lodato il Signore e ho affidato la mia persona e il mio ministero a Gesù Buon Pastore. I primi passi sono stati veloci e solleciti nell’incontrare i fedeli di alcune località periferiche della Diocesi, gli ospedali, la mensa dei poveri, le strutture della Caritas.

Eccomi ora in pellegrinaggio alla Tomba del Serafico Padre, alle Basiliche e al Sacro Convento di San Francesco in Assisi.

Nei giorni scorsi, e oggi in modo particolare, alcune parole del Serafico Padre sono risuonate in maniera contrastante nella mia mente. Francesco, al vescovo Ugolino, che voleva che alcuni frati diventassero vescovi, disse senza esitazione: “Signore, i miei frati proprio per questo sono stati chiamati Minori, perché non presumano di diventare maggiori. Il nome stesso insegna loro a rimanere in basso ed a seguire le orme dell’umiltà di Cristo, per essere alla fine innalzati più degli altri al cospetto dei Santi. Se volete – continuò – che portino frutto nella Chiesa di Dio, manteneteli e conservateli nello stato della loro vocazione, e riportateli in basso anche contro loro volontà.

Per questo, Padre, ti prego: affinché non siano tanto più superbi quanto più poveri e non si mostrino arroganti verso gli altri, non permettere in nessun modo che ottengano cariche”. La tentazione dell’orgoglio è viva per chiunque, anche per un frate minore. Ma Francesco ha raccomandato anche l’obbedienza a Dio e ai suoi ministri. E tale pensiero mi ha spinto a dire di sì alla chiamata di papa Francesco.

“Sempre sudditi e soggetti alla Santa Madre Chiesa”.

Nella terza Ammonizione Francesco dice: “Dice il Signore nel Vangelo: «Chi non avrà rinunciato a tutto ciò che possiede non può essere mio discepolo» e «Chi vorrà salvare la sua anima, la perderà». Abbandona tutto quello che possiede e perde il suo corpo e la sua anima l’uomo che totalmente si affida all’obbedienza nelle mani del suo superiore, e qualunque cosa fa o dice e che egli stesso sa che non è contro la volontà di lui, purché sia bene quello che fa, è vera obbedienza”.

La ministerialità episcopale è veramente totale spogliazione di tutto e rinuncia persino a se stessi, secondo il comando di Gesù. Papa Francesco lo ricorda ogni giorno.

L’Ordinazione è stata una svolta nella mia vocazione: staccato dalla mia terra, dalla fraternità francescana, devo abituarmi ad una “solitudine pastorale” a volte anche nella preghiera per sentire l’alito di una comunità che comunque è presente.

Sperimento la missione a una comunità ecclesiale, che non conosco. “il Signore mi donò dei fratelli…”. Ecco il dono di questi fratelli, tanti che non mi sono scelti.

Non più il sostegno della fraternità, ma anche in questo una condizione di povertà e solitudine, che mi insegna ad affidarmi solo al Signore, l’unica forza e baluardo.

La mia missione ecclesiale, la svolgerò da francescano: andare da tutti, a tutti annunciare Gesù. A ricordarmi la mia condizione di francescano: lo stemma: le braccia incrociate, l’abbandono a san Michele Arcangelo e ai santi patroni Valentino, Giovenale e Fermina; su tutto è guida la stella di Maria.

A tutti voglio portare in dono il messaggio della Misericordia e della letizia francescana.