Cattedrale – 65° anniversario morte del venerabile Giunio Tinarelli

L’anniversario del transito al cielo del ven. Giunio Tinarelli è occasione per la nostra Chiesa diocesana di fare memoria di questo figlio illustre, approfondire la sua spiritualità, pregare la Santissima Trinità per la sua glorificazione anche in terra.
Quest’anno si aggiunge un ulteriore motivo di attenzione: schiacciati dai disagi e dalle sofferenze causate dalla pandemia del Covid-19, chiediamo a Giunio di insegnarci e aiutarci ad affrontare la sofferenza, a viverla in spirito di comunione a Cristo Crocifisso e chiedere al Signore perché l’umanità sia affrancata dalle conseguenze della pandemia e dal male dell’egoismo, dell’indifferenza e dell’ateismo.
Le spoglie mortali, che riposano in questo luogo ci dànno sicurezza, ma a volte la vicinanza può essere anche motivo di dimenticanza, di abitudine e di distrazione.
Eppure noi abbiamo viva nella mente l’immagine di Giunio steso nel suo lettino o sulla sua barella, mentre dissimula le gravi sofferenze provocate dalla sua artrosi anchilosante, pronto ad offrire a tutti una parola di conforto, una esortazione evangelica, spirituale.
La sua pace interiore e il suo sereno presentarsi è frutto del lavorio della Grazia dello Spirito Santo e della sua volontà di lasciarsi plasmare dalla Parola di Dio, dall’Eucarestia, dal suo affetto verso Maria Santissima.

La Parla di Dio di questa seconda domenica per annum può aiutarci a intravedere alcuni stimoli che hanno aiutato Giunio ad incunearsi nel mistero pasquale di Cristo morto e risorto per realizzare in sé quanto mancava alla Passione di Cristo.
Leggendo la prima lettura in parallelo con l’esperienza di Giunio, vediamo che egli, novello Samuele, non capiva, non intendeva la chiamata, la voce di Dio soprattutto all’inizio della malattia, quando ogni progetto umano professionale affettivo veniva sconvolto.
“Giunio! Giunio!”. Solo alla fine, quando, come suggerito dal sacerdote Eli per Samuele, così per lui dal padre spirituale, è riuscito a dire: “Parla Signore che il tuo servo ti ascolta”. Si è messo in ascolto del Signore, ha seguito i suoi insegnamenti, ha posto la vita completamente nelle mani di Dio. Così alla fine, come Samuele, anche lui:
“crebbe e il Signore fu con lui, né lasciò andare a vuoto una sola delle sue parole”.
Profeta di Dio nella malattia, voce di Dio, conforto e consolazione per quanti afflitti dalla sofferenza, venivano a contatto con lui. Un vero silenzioso operaio della croce, apostolo dell’amore di Dio, collaboratore della Redenzione, operata da Cristo.

E tutto ciò non con le parole, ma come Gesù, attraverso lo strumento del suo corpo, consumato dalla malattia, a volte odiato, ma poi trasformato in altare, vittima, sacrificio, strumento di santificazione. Come non pensare che Giunio non abbia meditato le parole della prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi (Seconda lettura): “Non sapete che il vostro corpo è tempio dello Spirito Santo, che è in voi? Lo avete ricevuto da Dio e voi non appartenete a voi stessi. Infatti siete stati comprati a caro prezzo: glorificate dunque Dio nel vostro corpo!”.
E questo corpo, in una concretezza spietata, nella linea di Gesù, Verbo incarnato, ha glorificato Dio ed è motivo e strumento di speranza per tanti uomini e donne alla ricerca di senso e di santificazione nella salute e nella malattia.

Ma la nostra riflessione sull’esperienza cristiana di Giunio quest’anno viene illuminata dal brano del Vangelo di Giovanni di questa seconda domenica per annum, che narra l’avvio del ministero pubblico di Gesù e ci incoraggia a riandare con la memoria agli inizi della storia di Giunio e nostra con Gesù.
La vicenda di Gesù adulto, all’inizio della sua vita pubblica, è descritta nel susseguirsi regolare di giorni, “il giorno dopo”; soprattutto viene narrata la prima manifestazione pubblica di Gesù, uomo tra gli uomini, confuso tra i peccatori, riconosciuto figlio di Dio, presentato nella identità di “Agnello di Dio”.
Giovanni Battista, dopo aver riconosciuto Gesù nel suo incontro personale, il giorno dopo, guardandolo con uno sguardo profondo, “fissando lo sguardo su Gesù che passava (καὶ ἐμβλέψας τῷ Ἰησοῦ)”, lo presenta ai due discepoli quale Agnello di Dio: «Ecco l’agnello di Dio!».
Nel racconto vivo del testimone oculare (Giovanni evangelista), si intreccia quella successione di chiamate e di risposte, di dialoghi e di decisioni che spingono i primi apostoli a lasciarsi sedurre dallo sguardo, dalla voce imperiosa e nello stesso tempo dolce e amorevole di Gesù.
“Maestro dove dimori?” è la domanda, mista di curiosità e di adesione dei due discepoli del Battista (Andrea e lo stesso evangelista Giovanni). In realtà i due non intendono conoscere semplicemente l’abitazione del Maestro, ma mirano direttamente al cuore dell’interlocutore, come a dire: “chi sei veramente”. Tale è il significato vero della loro domanda “Dove dimori?”.
“Andarono dunque e videro dove egli dimorava e quel giorno rimasero con lui; erano circa le quattro del pomeriggio”. Videro … inizia una storia di conoscenza, di amore con Gesù, di familiarità, di convivenza, di aiuto e di misericordia, di scuola di vita fino al dono supremo per amore del Maestro e dei fratelli.
E’ quel giorno che resterà indimenticabile fissandosi nella mente dei primi discepoli e anche di tutti coloro che “sono rimasti” con Gesù, come l’esperienza dell’innamoramento, che non si potrà dimenticare mai.
L’incontro di Giunio con Gesù non ha avuto un momento preciso, ma è avvenuto pian piano, in tanti momenti collegati, al tempo del lavoro alle acciaierie, all’inizio e poi all’esplodere della malattia, nei quali ha sentito posarsi lo sguardo di Gesù su di sé, quello sguardo profondo che ti prende il cuore, la mente, la vita e ti porta ad una relazione di innamoramento definitivo.
Anche lui alla fine ha detto: “Maestro dove dimori?”. Ed è rimasto per sempre con Lui in quel letto, diventato casa, talamo, rifugio, con Gesù.

Chi ha scoperto la gioia dell’esperienza con l’Agnello non può tenere per sé tale gioia.
Chi ha incontrato Cristo, si è innamorato di lui sente il bisogno di raccontarlo a tutti. Andrea che è stato nella casa di Gesù va dal fratello: abbiamo trovato il Messia. Non il messia potente, dominatore, giudice di cui avevano sentito tante volte dal Battista, ma l’Agnello di Dio, il servo del Signore, che con la mansuetudine dell’agnello, ha annunciato un mondo nuovo, ha preso su di sé il peccato del mondo, intende trasformare il mondo delle belve, in un mondo di agnelli.
“Fissando lo sguardo su di lui”, (ἐμβλέψας αὐτῷ ὁ Ἰησοῦς εἶπεν) Gesù disse: “Tu sei Simone, il figlio di Giovanni; sarai chiamato Cefa» – che significa Pietro”.
Giunio ha fatto del suo letto, il pulpito dal quale ha annunciato a tutti: Ho trovato il Messia!
Quel messia con quale si intrattiene ogni giorno nell’Eucarestia, nella preghiera e che ci libera dal male, dal peccato, dalla sofferenza.

Giunio, nei lunghi 20 anni di “convivenza con Gesù” nella sua vita di malattia, di eucarestia, di apostolato, si è reso simile a Gesù, agnello che ha sconfitto il peccato del mondo, ha ridato speranza a uomini e donne consumati dalla malattia, dalla disperazione. E’ diventato a sua volta eucarestia per la chiesa e per il mondo.

La celebrazione odierna in memoria di Tinarelli, in tempo di pandemia e di crisi sanitaria, economica, sociale sia per tutti motivo di speranza. Per i malati e per gli uomini e le famiglie, pesantemente colpiti nel corpo e nella dignità per la perdita della salute, del lavoro, degli equilibri psicofisici.
L’intercessione di Giunio e il suo esempio soccorrano sostengano la nostra comunità e il mondo intero nell’impegno verso la ripresa fisica, morale e spirituale.