Celebrazione per l’apertura della Porta Santa nell’ospedale di Terni

Cari fratelli e sorelle,
una porta Santa nell’ospedale per una cura di misericordia e di pace per quanti sono ospiti per brevi o lunghi giorni in questo luogo di sofferenza, ma anche di umanità e di speranza.
Siamo qui anche per imparare ad essere chiesa. Papa Francesco paragona la Chiesa ad un ospedale da campo. Questo è semplicemente un ospedale a presidio della malattia e della sofferenza ordinaria. La Chiesa vuole affiancarsi a questa struttura e a tutti gli operatori per completare l’opera che voi compite nella cura delle malattie del corpo, per donare speranza e riprendere la vita quotidiana.
Fratelli e sorelle, eccoci riuniti quale famiglia di Dio attorno alla Parola e all’altare per un evento straordinario, direi storico. Grazie a tutti e a ciascuno per esserci: le istituzioni e autorità civili e militari; confratelli presbiteri, diaconi, ministri vari, le religiose, i religiosi, laici, popolo di Dio convocato e radunato per la festa della misericordia, del perdono.
Dio aveva ordinato al suo popolo un anno di festa, di giubilo, di misericordia, di riconciliazione e di condono di pesi, accumulati in 50 anni, in una vita intera, e per molti, divenuti insopportabili: restituzione della terra agli antichi proprietari, di condono dei debiti, di una amnistia generale per ogni persona in ambito civile, sociale e spirituale. Col passare degli anni, anche nel popolo di Israele, la dimensione economico-sociale del Giubileo è andata eclissandosi in consuetudini solo simboliche. Ma rimaneva la dimensione morale, spirituale e religiosa di una cinquantennale amnistia e riconciliazione con Dio e con gli uomini poiché in ogni uomo, anche in quello più distratto o traviato, si cela il desiderio di un nuovo inizio, caratterizzato da maggiore giustizia, equità e serenità.
“E’ per questo che l’Anno Santo dovrà mantenere vivo il desiderio di saper cogliere i tanti segni della tenerezza che Dio offre al mondo intero e soprattutto a quanti sono nella sofferenza, sono soli e abbandonati, e anche senza speranza di essere perdonati e di sentirsi amati dal Padre”. (Papa Francesco, Primi vespri Domenica Misericordia 2015)
Con queste parole papa Francesco ha annunciato la celebrazione dell’Anno Santo della Misericordia.
Gli studiosi dicono che misericordia ha a che fare col cuore, quale sede dei sentimenti, ma anche con i miseri, i bisognosi, cioè con gli altri che si pongono di fronte al nostro cuore in dialogo di reciprocità, chiedendo e donando, in senso simbolico, ma anche in senso materiale. Misericordia nelle radici culturali giudaico-greche ha a che fare con il grembo materno, potenzialmente fecondo e realmente generatore e custode della vita nella fase di maggiore bisogno e nella provocazione della tenerezza che diventa suscitatore di emozioni e di fremiti che coinvolgono il corpo e tutta la persona.
Misericordia nella tradizione cristiana ed ecclesiale richiama un Padre che non si dà pace per il figlio, attirato dalle chimere di un mondo traviato e ormai ridotto nella servitù più umiliante e disumana.
Misericordia è il samaritano che si lascia commuovere e si china in soccorso dell’umanità, anzi di un uomo percosso e ferito da odiosi briganti e umiliato dall’indifferenza dei simili che hanno anestetizzato il fremito del cuore compassionevole e insterilita la propria capacità generativa, ormai spenta alla promozione e custodia della vita umana.
Misericordia è la mano benedicente del sacerdote, che a nome di Dio ripete centinaia e centinaia di volte: io ti assolvo! all’uomo e alla donna smarriti, che fiduciosi del perdono del Padre non si arrendono alle debolezze del male, che vanno debellate con l’umiltà e col costante abbandono fiducioso alla grazia di Dio.
Misericordia è il perdono donato a chi è debitore verso di noi, dopo aver sperimentato a nostra volta la gioia del perdono da parte di Gesù. Misericordia è ritrovarci attorno alla mensa del Signore per impararne da Lui il significato e per nutrirci del pane della vita che ci insegnerà a sperimentare la gioia della misericordia.
Non abbiamo timore: intraprendiamo questo cammino di conversione, di ritorno al Padre. Lungo la strada penseremo e ripeteremo le parole adatte per illustrare il nostro pentimento e farci accogliere. Nella confessione ci verrà detta la parola attesa: “Il Signore ha perdonato i tuoi peccati, va in pace!”
Ma occorre deciderci ad iniziare il cammino-pellegrinaggio e varcare questa porta della misericordia. E’ Gesù la Porta, l’unica porta, per cui si entra nella salvezza (Gvl0,9), nella consolazione, sola via che conduce al Padre (Gv 14,6).
Insieme alla porta della nostra chiesa madre, la cattedrale, anche la porta della chiesa dell’Ospedale di Temi ci richiama questo passaggio dolce e obbligatorio: Gesù. Mentre siete qui perché malati, per curare la malattia, o per assistere o visitare familiari o amici ammalati, abbiate un pensiero di fiducia e di speranza. Gesù è qui e vi attende. Lui ha curato i malati.
Possiamo attraversare la Porta Santa di questo ospedale, Gesù, che si è addossato i nostri dolori e ha guarito le nostre malattie, ci verrà incontro. Questo passaggio non è un gesto magico; è l’espressione della nostra volontà di ricominciare da capo nell’amore di Dio.
Coraggio fratelli, non lasciamoci schiacciare dal male che ci opprime. San Giovanni dice: “Se il tuo cuore ti condanna, Dio è più grande del nostro cuore”. Che questo luogo sia, come ultimamente ha detto Papa Fracesco: un tempio di scienza e di
preghiera. E’tanto importante curare la malattia, ma soprattutto prendersi cura del malato. Sono due cose diverse, e tutt’e due importanti: curare la malattia, ma prendersi cura del malato. Può succedere che, mentre si medicano le ferite del corpo, si aggravino le ferite dell’anima, che sono più lente e spesso difficili da sanare. Tanta gente, tanti malati hanno bisogno che si dicano loro parole, che si diano carezze, che diano loro forza per portare avanti la malattia o andare incontro al Signore. Hanno bisogno che li si aiuti a fidarsi del Signore.

Sono tanto grato a voi e a quanti servono gli ammalati con competenza, amore e fede viva. Chiediamo la grazia di riconoscere la presenza di Cristo nelle persone inferme e in coloro che soffrono; come ripeteva Padre Pio, «il malato è Gesù». Il malato è Gesù. E’ la carne di Cristo.
Nella sollecitudine di Maria nel brano delle nozze di Cana, si rispecchia la tenerezza di Dio. E quella stessa tenerezza si fa presente nella vita di tante persone che si trovano accanto ai malati e sanno coglierne i bisogni, anche quelli più impercettibili. perché guardano con occhi pieni di amore.
Per i nostri cari che soffrono a causa della malattia domandiamo in primo luogo la salute; Gesù stesso ha manifestato la presenza del Regno di Dio proprio attraverso le guarigioni…. Ma l’amore animato dalla fede ci fa chiedere per loro qualcosa di più grande della salute fisica: chiediamo una pace, una serenità della vita che parte dal cuore e che è dono di Dio, frutto dello
Spirito Santo che il Padre non nega mai a quanti gliela chiedono con fiducia.