Chiesa di San Francesco – festa di San Giovanni Bosco

Carissimi fratelli e sorelle,
il brano del profeta Ezechiele, propostoci dalla liturgia della parola nella prima lettura, ogni volta che viene proclamato, non so se capita anche a voi, riempie di commozione e in un certo senso anche di fiducia, da una parte, e dall’altra ne sostiene l’impegno fattivo.
Di commozione e fiducia perché Dio stesso assume la fisionomia del pastore, il quale si prende cura del suo gregge; e in questa sua opera buona intende coinvolgere qualcuno che, lui sceglie perchè ne sia all’altezza. Nel caso storico del profeta si tratta del re Davide. L’impegno pertanto è strettamente connesso con il mandato, con l’affidamento di quest’opera – che è propriamente di Dio- a colui che Dio stesso ha scelto. Si tratta diuna grande lezione che fa, ossia sceglie.
Tra l’opera di Dio e l’esercizio concreto di questa, tramite la persona designata, vi è una omogeneità indissolubile che non deve mai essere infranta, mai messa in discussione, mai trascurata; i fratelli sacerdoti, come me in questo momento questa immagine, potranno applicarla a se stessi, ma ognuno di noi può applicare l’immagine del pastore, di modo che quanto abbiamo pregato e ripetuto nel ritornello del salmo responsoriale sia certezza ferma nella nostra vita: il Signore è il mio pastore non manco di nulla.
Lo sappiamo che tutto questo, data la precarietà umana, molto spesso è stato disatteso e Gesù stesso nel suo ministero lo annotta con profondo dolore: “erano come pecore senza pastore”, e Gesù si commuove di fornte a questoa stato di cose, e ancora, specialmente nel Vangelo di S. Giovanni, molto si intrattiene a descrivere se stesso come il bel pastore che si prende cura delle sue pecore, ed ancora come colui che lascia le 99 al sicuro per andare in cerca di quella smarrita….

Carissimi fratelli e sorelle, a tale proposito, come non ricordare quanto papa Francesco ha raccomandato ai sacerdoti/pastori di tutto il mondo, ad essere pastori con l’odore delle pecore addosso!
E l’odore della pecora, che è singolare, vi assicuro, ti rimane addosso quando non solo la si tocca, ma quando si sta in mezzo, quando la si prende per la tosatura, per la mungitura ecc. e non solo l’odore ti si appiccica addosso ma anche la lana e tutto ciò che sul suo vello è andato ad attaccarsi ecc.
Avere l’odore delle pecore per il pastore/sacerdote significa partecipare della stessa vita delle pecore, delle persone; condividerne i dolori e le angosce, farsele appiccicare addosso anche se non gli appartengono direttamente, ma che comunque in quanto pastore fanno parte della sua vita, e così fare in modo che le diverse esperienze di vita siano respirate assieme…senza maschere protettive, come quelle che teniamo in questo periodo, anzi non solo correndo il rischio ma facendo in modo di essere pienamente coinvolti nelle loro vicende, di esserne in qualche modo, contagiati. È questo il metodo della Incarnazione, è questo il metodo di Dio che in Gesù Cristo ha assunto tutto l’essere umano, tranne il peccato, per poterlo da questo salvare. Questa è un istantabea di Gesù buon pastore.
Questo è stato il metodo di San Giovanni Bosco, il quale non si è lasciato certo impressionare né tantomeno spaventare dalle circostanze sociali ed ecclesiali del tempo; tutt’altro! in forza di tutto questo ha saputo assumere su di se le criticità dell’una e dell’altra e le ha portate avanti con un’opera poderosamente impressionante, fino al suo compimento.
Egli è stato immagine vivente del Buon Pastore che si prende cura di ciascuna delle sue pecore. Di ciascuna, vale a dire di ognuna in quanto essere unico ed irripetibile, e non solo in quanto membro anonimo di un gregge. L’attenzione e la cura dolce, altamente pedagogica a tutto tondo di Giovanni Bosco rimangono, tutt’oggi, come esempi fulgidi e concreti per l’educazione dei giovani.
Altra caratteristica incarnata pienamente nella sua vita e nella sua opera fu la gioia. Quella gioia di cui abbiamo sentito nella seconda lettura. È questa una gioia che nasce dalla consapevolezza di aver incontrato il Signore, unico fondamento della vita vera e quindi della vita piena. È questo un messaggio che arriva fino a noi, oggi, e che dovremmo sempre di più incarnare nella nostra vita, e quindi saperl proporlo come metodo educativo e stile di vita per tutti, specialmente per i giovani. La gioia vera.
Essere nella gioia non significa non avere la consapevolezza dei problemi e della storia, significa in sintesi, vivere la dimensione esistenziale che fu della Madonna. Quando Maria ricevette l’annuncio della Nascita di Gesù, l’arcangelo Gabriele le disse “Rallegrati Maria, perché hai trovato grazia presso Dio”. Ecco il motivo della gioia: perché piaci a Dio.
Ognuno di noi è oggetto del compiacimento di Dio. Egli ci ama, egli vuole il nostro bene e, come il pastore fa con le sue pecore, ci conduce al pascolo e ci ricolma di tutte le sue cure.
Ma come è possibile? Sarà vero tutto questo? Si, è possibile; è vero! Egli, per dirla con le parole di San Paolo, ci ha amato e ha consegnato sé stesso per noi. Se avessimo questa consapevolezza il coraggio di ripetercelo tutte volte saremo pieni di una gioia grande immensa, che sarebbe difficle addirittura escrivere se non vivendo la gioia.
Quindi non solo è possibile, ma tutto questo si è già realizzato; spetta a ciascuno appropriarsi di questa gioia e non lasciarsela sfuggire o trafugare da nessuno. È questa una gioia che non ha niente a che fare con lo sballo, una parola ben conosciuta e gli effeti li consociamo, lo sballo che distrugge il reale e, col reale, la stessa persona che vi si affida abbandonandosi ad esso. È una gioia che, assumendo il reale, è in grado di tramutarlo unicamente in bene. Non tanto in forza di una sorta di incantesimo, quanto piuttosto perché coinvolge la stessa persona, la rende responsabile della propria vita e quindi corresponsabile di quella altrui e dell’intera società.

Carissimi ragazzi, fratelli e sorelle, confratelli nel sacerdozio, in tutto questo San Giovanni Bosco si è distinto e ci ha lasciato degli autentici monumenti esperienziali a cui ancora attingere. Sarebbero tantissime le riflessioni e le considerazioni da fare, ma attenendomi ancora alla Parola proclamata, un piccolo pensiero vogliamo rivolgerlo all’attenzione da avere verso i piccoli, alla loro cura e agli scandali di cui, purtroppo, essi sono vittime.
L’esempio di Giovanni Bosco ci sproni tutti a non trascurare questo aspetto, ma abbiamo, ciascuno per la sua parte, la delicatezza e la saggezza di cogliere le parole del Signore Gesù, il quale, volendo insegnare qualcosa sul Regno dei Cieli, non fa altro che servirsi della piccolezza, purezza e candore dei bambini.
E a noi la consegna delle parole “chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me”…a ben notare queste parole sono identiche a quelle che avrebbe in seguito pronunciato nel grande discorso escatologico del cap. 25 di San Matteo “Signore, quando ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare, o assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai ti abbiamo visto straniero e ti abbiamo accolto, o nudo e ti abbiamo vestito? E il re risponderà loro: In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”
Affidiamo ogni nostra intenzione alla premurosa intercessione di Maria SS.ma; Lei Ausiliatrice, col suo amato Giovannino, non mancherà di sostenerci in ogni nostro percorso buono di vita.