Commemorazione defunti 2020

Nel giorno della Commemorazione dei Defunti quest’anno non ci ritroviamo al cimitero, come consuetudine, per evitare assembramenti e favorire il contrasto al Covid-19.
Tuttavia il pellegrinaggio della comunità civile ed ecclesiale ternana, che vuole ricordare i suoi figli defunti, si esprimerà nella messa che viene celebrata nella Cattedrale di Terni. La celebrazione si arricchisce anche di altri significati, che ci toccano e che sono particolarmente vivi in questo giorno. Non dovrà mancare comunque la visita al cimitero, pellegrinaggio della memoria, dell’affetto per i nostri cari e della speranza, da vivere nei prossimi giorni, singolarmente o in compagnia dei nostri familiari.
Oggi nel ricordo dei defunti vogliamo riportare alla memoria il giorno, quando in piena pandemia e quarantena generale, insieme al sindaco Latini, o ai sindaci di Narni e Amelia, abbiamo pellegrinato tra i viali dei rispettivi cimiteri. Il ricordo dei defunti, sepolti in fretta a causa della pandemia, senza onori e senza la presenza devota e testimoniale dei familiari oggi spinge tutti noi a riparare quella lontananza e a ricordare i nostri morti con la presenza e la preghiera.
Purtroppo anche ai nostri giorni siamo alle prese con la pandemia di ritorno, con l’infezione del Covid-19 con tutte le sue pesanti conseguenze: di malattia di cari, di ricoveri, ristrettezze, inviti a restare a casa, di preoccupazione per familiari positivi al Covid-19, di paura di infettarci e di causare sofferenza e morte a noi stessi e ai nostri cari, di preoccupazione per il futuro economico e sociale.
Torniamo a riscoprire ragioni di vita e di speranza nella preghiera e nell’Eucarestia, che è Gesù vivo e vero, pane di vita, misterioso compagno di tutti noi, nuovi discepoli di Emmaus raminghi in questo mondo e dalle speranze perdute.
Quest’anno siamo stati a stretto contatto con la morte, forse alcuni di noi sono stati toccati da vicino nella famiglia. Ma anche la morte di un milione e duecento mila persone a causa del Covid oltre che per altre malattie.
Siamo stati particolarmente toccati dalla morte dei due adolescenti Gianluca e Flavio e della diciottenne Maria Chiara di Amelia, due giovanissimi figli di questa comunità.
E tutta la diocesi ha pianto la morte prematura di don Edmund Kaminski, parroco della parrocchia di san Matteo Apostolo a Campitello.
Oggi, sempre più spesso, in caso di malattia o di anzianità, siamo costretti a guardare in faccia la morte. Gli stessi mezzi di comunicazione sociale ce la ripropongono, in forme impressionanti, conseguenza di incidenti, di guerre, di terrorismo. Le recenti efferate uccisioni di Parigi e dei fedeli di Notre Dame di Nizza ne sono un esempio di attualità.
In questo giorno particolare ognuno di noi, in casa, al cimitero o qui stesso, sostiamo in brevi o approfondite considerazioni.
E tuttavia, pur essendo circondati dalla morte, testimoni della morte in diretta attraverso la televisione, la nostra generazione ha rimosso la morte col suo significato e bagaglio di pietà e di insegnamenti per la vita.
Una volta la propria casa era il luogo della nascita e della morte. E quando un familiare era ricoverato e i medici scuotevano il capo e lasciavano intendere che non c’era più niente da fare, era premura dei familiari riportarsi a casa il proprio congiunto perché morisse nel proprio letto, circondato dalle premure e dall’affetto dei cari.
Oggi si muore prevalentemente in ospedale, quasi sempre da soli e poi viene allestita la camera ardente nell’obitorio, che spesso è luogo freddo, disadorno quando non proprio indecoroso.
Abbiamo rimosso la morte e perciò quando si affaccia il pensiero o si avvicina siamo presi dall’ angoscia.
Solo chi con sana e appropriata riflessione la guarda in faccia ne vince la carica di angoscia, non la teme. Pensiamo alle antiche civiltà e al loro culto dei morti; esse contemplavano la vita dopo la morte.
I cristiani, che sono animati dalla fede in Gesù, morto e risorto, hanno imparato a non temerla. Ci viene in mente l’esperienza dei santi.
Francesco d’Assisi, “Con la grazia di Dio non sono un codardo che teme la morte. Sono così intimamente unito a Lui, che sono ugualmente felice sia della morte che della vita”.
Egli aveva imparato a chiamarla sorella, il suo transito verso la vera vita.
“Invitava pure tutte le creature alla lode di Dio, e con certi versi, che aveva composto un tempo, le esortava all’amore divino. Perfino la morte, a tutti terribile e odiosa, esortava alla lode, e andandole incontro lieto, la invitava ad essere suo ospite: «Ben venga, mia sorella morte!».
Si rivolse poi al medico: «Coraggio, frate medico, dimmi pure che la morte è imminente: per me sarà la porta della vita!»… ed essendosi compiuti in lui tutti i misteri di Cristo, se ne volò felicemente a Dio” (FF 810).

Molti uomini e donne non credono alla vita dopo la morte.
E tuttavia sappiamo, sentiamo che i nostri cari, che ci hanno lasciati, continuano ad essere vivi, sono presenti. La fede ci dice che essi vivono in Dio
Nell visione grandiosa del libro dell’Apocalisse viene mostrata la città santa, la Gerusalemme celeste, che accoglie tutti i santi: “Dio asciugherà ogni lacrima dai loro occhi e non vi sarà più la morte né lutto né lamento né affanno, perché le cose di prima sono passate” (Ap 21).
Oggi rinnovo l’invito a lasciarci guidare dalla fede, che è il nostro sostegno, il timone nella fatica della vita e nella lotta contro la morte.
Così esprime la chiesa la sua fede nel prefazio (V) dei defunti:
“La morte è comune eredità di tutti gli uomini, ma per un dono misterioso del tuo amore Cristo con la sua vittoria ci redime dalla morte e ci richiama con sé a vita nuova”.
Nel Vangelo che abbiamo ascoltato Gesù ribadisce con forza quale è il destino dell’uomo secondo la ferma volontà di Dio Padre:
“Questa è la volontà del Padre mio: che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; e io lo risusciterò nell’ultimo giorno, dice il Signore”. (Gv 6,40).
Fratelli e sorelle, non dobbiamo attendere l’ultimo giorno per incontrare i nostri cari defunti. La preghiera e la carità sono lo spazio di condivisione di sentimenti e di dialogo con chi abbiamo amato e ci ha preceduto.
Ma soprattutto la messa è celebrazione della vita e incontro in Gesù con chi è morto.
Onoriamo i nostri morti, le tombe dei nostri cari, che abbiamo amato, che sono stati santificati nel battesimo e nei sacramenti, e che ora sono in attesa della risurrezione, insieme a Gesù, a Maria, ai santi agli altri nostri cari defunti.