Giubileo dei malati e commemorazione del venerabile Giunio Tinarelli

Cari fratelli e sorelle,
dopo l’avvio dell’apertura della porta santa, questo è il primo giubileo che celebriamo in questa Cattedrale: il Giubileo dei malati. Ormai è una ricorrenza ritrovarsi in questa chiesa per la memoria del venerabile Giunio Tinarelli, la cui tomba è custodita in questa Cattedrale. Oggi vogliamo fare festa – Giubileo vuol dire festa – festa dell’incontro, festa del perdono, festa della misericordia. Siamo qui con attese e speranze, dopo aver compiuto un pellegrinaggio della fede, della speranza e della misericordia.
Sentiamo di esprimere gratitudine a papa Francesco per averci consentito di celebrare il giubileo qui a casa nostra.
Cosa siamo venuti a cercare? Conforto, consolazione, perdono e misericordia. Ognuno di noi ha in mano il suo bagaglio di richieste e di speranze. Un bagaglio di sofferenze, di incomprensioni, di malattie e di acciacchi. Un bagaglio di peccati nascosti nel nostro cuore, esperienze negative del passato, motivo di pesantezza della nostra esistenza, di vergogna e di scoraggiamento. Ma anche un bagaglio di speranze per noi, per le nostre famiglie, e, per qualcuno in particolare, per la nostra chiesa diocesana.
Giunio Tinarelli con la sua testimonianza, con i suoi incoraggiamenti ci invita ad affidarci alla volontà di Dio che si adopera per il nostro bene. Maria la madre di Gesù in quella festa delle nozze di Cana, dove cominciava a trasformarsi l’antica alleanza, dove cominciava a realizzarsi il passaggio da una religione fatta di gesti e di pratiche ormai svuotate, che si esprime nel segno delle sei giare vuote, ebbene in quel luogo dove Gesù iniziava i suoi segni per rinnovare la nostra amicizia, con Dio, Maria dice ai servi ma anche a noi: “Qualsiasi cosa vi dica , fatela”. Che cosa fare? Attendere l’ora di Dio, come l’ha attesa Gesù che si è poi realizzata in croce. Anche noi siamo inviati ad attendere l’ora di Dio nelle nostre sofferenze, nelle nostre domande. L’ora di Dio la conosce solo il Signore. La dobbiamo attendere come Gesù che l’ha affrontata con l’aiuto del Padre, nell’ora della passione e della prova. Ma dobbiamo anche riconoscere i segni, giorno dopo giorno, per credere, per accogliere ed entrare nella gloria di Gesù. La nostra vita è costellata dalla presenza dei segni della presenza del Signore che dobbiamo riconoscere, accogliere per crescere nella fede e per poter “entrare nella gloria di Gesù” come dice il Vangelo. Siamo chiamati ad andare oltre per comprendere la natura del nostro nuovo rapporto con il Signore, fatto di gioia. L’acqua tramutata in vino è espressione di questa gioia messianica che viene donata a tutti noi per poter accogliere e entrare nella gioia di Gesù. Ciò che Gesù compie è di aiuto per noi per poter gradualmente imparare a credere.
Anche l’esperienza della misericordia che viviamo qui oggi , è un passaggio è un gradino verso la pienezza della nostra amicizia con il Signore. Mi piace ricordare un gruppo di protagonisti di questo racconto del Vangelo di Giovanni: i servi. A loro Maria dice: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela” ma lo dice anche a noi. I servi sono gli operai del regno, sono gi operai della sofferenza, sono i ministri della sofferenza, i volontari della sofferenza, gli operai del vangelo, i catechisti, gli animatori, gli operai della carità, gli operai della chiesa. Maria si rivolge ai responsabili della festa, che sono i sacerdoti e i ministri vari; possiamo dire i volontari di ogni denominazione, ciascuno secondo i propri carismi e ministeri e i doni ricevuti. Tutti quanti noi possiamo dire di aver ricevuto il carisma della sofferenza, come rileva ogni giorno il venerabile Giunio Tinarelli. Allora gustiamo e distribuiamo questo vino nuovo della grazia, della misericordia, della gioia, perché tutti, discepoli invitati ed estranei, possiamo credere in Gesù.