La festa del sacerdozio tra le sofferenze del Coronavirus
Cari fratelli e sorelle,
condividiamo l’intima gioia e l’intensa commozione di celebrare la Messa del crisma, festa di Cristo sacerdote, del popolo sacerdotale e dei ministri, unti per il servizio a Dio e alla Chiesa, secondo la tradizione, durante la Settimana Santa, nonostante la pandemia (in molte diocesi l’appuntamento è stato rinviato). Intendiamo accogliere e diffondere il profumo e la rugiada dello Spirito Santo in un segmento della storia, particolarmente ferito e provato dal dolore, dalla povertà e dalla morte, bisognoso di essere lenito, guarito, santificato dalla preghiera sacerdotale di Cristo con la sua Chiesa.
Celebriamo una Pasqua e in particolare oggi la festa sacerdotale, carica di accenti di vari e contrastanti significati: gratitudine e gioia per il dono del sacerdozio, che continua a splendere nella Chiesa, ma anche afflizione e preoccupazioni per contagi e malattie ancora dilaganti, angustie psicologiche, ristrettezze economiche quali conseguenze e retaggio della pandemia, angoscia della gente e del popolo di Dio, rinchiuso nelle case.
La stessa Chiesa diocesana si vede colpita duramente nella sua carne e negli affetti: tanti fedeli, anche in giovane età che ci hanno lasciato; in particolare ricordiamo 5 confratelli presbiteri e un diacono tornati alla Casa del Padre negli ultimi otto mesi.
1. Don Edmund Kaminski († Terni 26-7-2020)
2. Don Dino Silveri († Terni 25-10-2020)
3. Don Fernando Benigni († Roma 2-12-2020) (Covid)
4. Don Luigi Pallottini († Vigne-Narni 26-12-2020)
5. Don Sandro Sciaboletta († Terni 1-2-2021) (Covid)
6. Diacono Bruno Andreoli († Terni 11-2-2021) (Covid)
In aggiunta, sempre nell’ultimo anno, il Presbiterio diocesano è rimasto ferito e impoverito per la sospensione del ministero da parte di tre sacerdoti parroci, che hanno chiesto di ritagliarsi un tempo di ripensamento vocazionale e ministeriale. Avvertiamo più che mai il bisogno di una rinnovata Pentecoste e di una ripetuta e feconda chiamata del Maestro alle folle e ai discepoli: vieni e seguimi!
La sofferenza e il pianto hanno gonfiato i nostri occhi e rigati i nostri volti; il cuore è in pena per affetti stroncati e progetti accantonati; il Presbiterio distanziato nella relazione fraterna e azione pastorale, la comunità diocesana incerta e limitata nell’apostolato a distanza. E tuttavia in molti contesti, la carità ha superato la paura e si è fatta coraggiosa, ha dato valore e consistenza alla preghiera e al nostro essere cristiani.
In tanta incertezza, a volte anche confusione, abbiamo riscoperto che la nostra fede nel Signore Risorto, Pastore immolato per le anime nostre, per gregge e pastori, è la nostra forza e la ragione della nostra speranza. Noi, custodi del Popolo di Dio e ministri della Chiesa, troviamo nella Parola e nell’Eucarestia, per noi e per il popolo ragioni di conforto e speranza.
Tale parola di conforto deve risuonare alta e persuasiva per riportare la fiducia e la speranza al popolo scoraggiato e ansioso per il futuro.
La nostalgia del primo amore
Anche noi, come il profeta Isaia, siamo stati chiamati “con affetto di predilezione” (prefazio), colmati dello Spirito del Signore, e inviati per accogliere e annunciare il lieto messaggio, il vangelo di Dio ai poveri, ai miseri, ai prigionieri. L’esercizio della carità, nella misura della generosità del cuore e soprattutto nella espressione della vicinanza e della condivisione, esprime la forma efficace di evangelizzazione.
Proprio in questa giornata, memoriale degli inizi della nostra vocazione e della nostra definitiva decisione, ci troviamo a tu per tu col Maestro, che illumina col suo sguardo il nostro cuore e riporta alla memoria la nostra storia, per riassaporare la dolcezza delle primizie e riprendere slancio per una nuova ripartenza. Riandiamo con la mente e il cuore ai giorni festosi, alla primavera del nostro innamoramento con il Signore, quando con arditezza abbiamo lasciato tutto per consegnarci a Gesù, in un gesto che per molti sapeva di follia. “Eccomi Signore, manda me!… Tuo per sempre…, Sulla tua parola getterò le reti…, Canterò per sempre l’amore del Signore…, Conta su di me…, prometto fedele e perpetua obbedienza a Cristo, Maestro, Pastore e sommo sacerdote…, Sarò per sempre casto custode della Chiesa, sposa di Cristo…”.
Queste sono le parole, a volte mutuate dalla Bibbia, altre volte frutto di creatività giovanile, che abbiamo scritto sui nostri diari o sui santini, distribuiti ad amici e conoscenti in una condivisione di ideali e di progetti entusiasmanti e di una missione gioiosa e generosa.
Scorrendo le immagini e gli episodi della nostra storia, possiamo inorgoglirci per tanta arditezza e generosità, profusa in eventi e progetti pastorali. E tuttavia non manchiamo di arrossire quando pensiamo ai piccoli e grandi tradimenti, che pure hanno costellato la nostra esperienza.
Le vicende della vita, quella personale in complicità con la compagnia che ci siamo scelta o che è capitata, per la gran parte di noi, hanno alternato entusiasmanti
successi e umilianti regressioni, forse non privi di rovinose infedeltà.
Ma ci siamo ripresi, dopo che il Buon Pastore è venuto a cercarci e noi ci siamo di nuovo lasciati afferrare da Lui.
A nostre spese abbiamo imparato a misurare la consistenza delle nostre forze e rafforzato la consapevolezza che siamo peccatori, bisognosi di non confidare in se stessi ma nella forza e grazia del Signore. Non di rado da un oceano di presunzione siamo passati ad uno stagno di umiltà.
E tuttavia, anche se in maniera più consapevole e dimessa, oggi torniamo a rinnovare le promesse sacerdotali con sincerità e con tutto il cuore.
La perseveranza… la perseveranza nell’amore, nel ministero va invocata con umiltà e con insistenza e solo per dono del Signore potremo continuare nella nostra vocazione, a rinnovare con fiducia, ogni giorno, i nostri propositi di discepoli e di ministri fedeli.
Oggi ognuno di noi, a cominciare da chi vi parla, mentre rinnova le promesse sacerdotali, può rispondere alle insistenze di Gesù: Signore, Tu sai tutto, sai che ti amo!
Le promesse sacerdotali
In questo giorno, la liturgia ci chiede di rinnovare le promesse sacerdotali di fronte al popolo santo fedele. Non è un gesto facoltativo, che possiamo permetterci di omettere, né sono parole di pura formalità, previste dal rito.
La prima volta che le abbiamo pronunziate è stato il giorno santo della nostra ordinazione sacerdotale, prima che il vescovo imponesse sul nostro capo le mani e pronunziasse la preghiera consacratoria.
Una compromissione preventiva, seguita al nostro “eccomi!”, pronunciato con voce emozionata e decisa, senza la quale non sarebbe stato possibile proseguire.
In quelle promesse era ed è contenuta la sintesi di ciò che stava avvenendo nella nostra persona, e che oggi richiamando alla nostra consapevolezza e responsabilità, vogliamo riproporre.
“Volete unirvi intimamente al Signore Gesù, modello del nostro sacerdozio?”.
Il nostro essere sacerdoti non ha altra consistenza che essere uniti intimamente a Cristo sacerdote. Giorno e notte, nella gioia e nel dolore, nella gioventù e nella maturità. Per sempre.
“Volete essere fedeli dispensatori dei misteri di Dio per mezzo della santa Eucaristia e delle altre azioni liturgiche, e adempiere il ministero della parola di salvezza sull’esempio del Cristo, capo e pastore?”.
I misteri di Dio, in primis l’Eucarestia e la Parola, sono affidati alle nostre povere persone, che per questo scopo sono configurate a Cristo, capo e pastore. Non si tratta di una professione… o di un compito affidato, ma di trasformazione della nostra persona e identità nella persona di Cristo, capo e pastore = configurati. Grandezza, potenza, mistero in cui sono immerse le nostre persone!
“Volete lasciarvi guidare non da interessi umani, ma dall’amore per i vostri fratelli?”.
L’amore per i fratelli, la carne viva di Cristo, è il criterio “guida” del nostro agire: si tratta del popolo santo fedele di Dio, al cui servizio siamo stati… or-di-na-ti.
Consacrati col crisma
Ognuno di noi torni a percepire e a gustare il profumo del crisma, spalmato abbondantemente nel palmo delle mani, che poi sono state asciugate e legate da un panno di lino, quindi consegnato con filiale gratitudine e a perenne memoria alla propria mamma, e a simboleggiare un sacerdozio fatto di orazione, di benedizione, di carità.
Di quella unzione consacratoria, che col suo carattere indelebile, non può svanire nell’aria, siamo stati unti per l’eternità. “Crisma santificato dalla benedizione del Padre e impregnato della forma dello Spirito santo e della potenza che emana dal Cristo, dal cui santo nome è chiamato crisma, l’olio che consacra i sacerdoti, i re, i profeti e i martiri” (preghiera consacratoria).
Rinverdiamo oggi, con rinnovato entusiasmo, a distanza di 25, 40, 50, 60, 70 anni l’efficacia di quella unzione, che ci ha distaccato dal mondo e riservato e destinato in maniera definitiva al culto divino, alla premura per le cose sante, alla cura del corpo mistico di Cristo che è la Chiesa, del corpo eucaristico di Cristo, e della sua carne viva che sono i fratelli, i poveri, i malati, i peccatori.
Aggregati al Presbiterio
La nostra consacrazione ci ha aggregati sacramentalmente alla famiglia del Presbiterio, a formare un corpo solo non per ciò che siamo, ma per la potenza dello Spirito e per ciò che siamo chiamati ad essere per volontà del Signore. Una unità non costruita primariamente dalla nostra volontà.
Proveniamo da varie parti d’Italia, d’Europa, da altri continenti. Alcuni di noi sono stati parte e lo sono ancora di altre Chiese particolari e oggi per volontà o per missione, sono chiamati alla missione in questa nostra Chiesa. La stessa storia passata delle nostre provenienze: Terni, Narni, Amelia, confluita nell’attuale unica Chiesa particolare per la Divina Provvidenza e per volontà della Sede Apostolica, richiedono a noi di edificare un solo corpo, una sola chiesa, un solo presbiterio. Se non andiamo in questa direzione è tutto vano.
A tale proposito risulta di estrema attualità e pertinenza il discorso, rivolto da Papa Giovanni Paolo II ai sacerdoti 40 anni fa in questa cattedrale:
“Vorrei indicarvi ancora un punto di riflessione. Siete membri del Presbiterio di una Chiesa particolare, il cui centro di unità è il Vescovo, verso il quale ogni sacerdote, che aspiri ad una vera fecondità di ministero, deve avere un atteggiamento convinto di comunione e di obbedienza. “Questa obbedienza sacerdotale – ci ricorda il Concilio – si fonda sulla partecipazione stessa del ministero episcopale, conferita ai Presbiteri attraverso il Sacramento dell’Ordine e la missione canonica” (Presbyterorum Ordinis, 7).
Nell’attività pastorale, pur tenendo conto delle diverse problematiche locali, regni uno spirito di intesa e di cooperazione tra le iniziative parrocchiali e quelle diocesane, per loro natura aperte ad orizzonti più vasti e ad istanze più generali, quali quelle concernenti il mondo del lavoro, delle comunicazioni sociali, della scuola, della cultura e della presenza nel campo civile.
L’unione tra i Presbiteri e il Vescovo è particolarmente necessaria oggi, quando le varie iniziative apostoliche trascendono spesso i limiti di una parrocchia o di una diocesi, e richiedono che i sacerdoti uniscano le proprie forze a quelle dei confratelli, sotto la guida di coloro che governano la Chiesa”.
Ringraziamento e gaudio
Cari fratelli e sorelle Ci sentiamo in comunione anche con confratelli che non sono qui presenti fisicamente per motivi di salute, di ministero o per altre ragioni.
Un ricordo particolare di felicitazione a loro e di gratitudine al Signore per quei confratelli che quest’anno festeggiano il giubileo, certo in una maniera dimessa a motivo dei lutti e dei disagi, causati dalla pandemia, ancora dilagante:
70° Sacerdozio
Mons. Bruno Bison
Nato a Padova il 14/02/1928 – Ordinato il 29/06/1951
50° sacerdozio
+ P. Giuseppe Piemontese OFM Conv
Nato a Monte S. Angelo il 24/04/1946 – Ordinato il 05/04/1971
40° sacerdozio
Mons. Roberto Tarquini
Nato a Terni il 08/10/1955 – Ordinato il 03/10/1981
25 ° sacerdozio
Padre Sergio Prina Cerai Ofm
Nato a Biella il 07/07/1965 – Ordinato il 11/05/1996
Ci impegniamo ad accompagnare con la preghiera, nel loro ulteriore cammino vocazionale, i due diaconi, ordinati il 30-11-2019, Daniele Martelli e Giuseppe Zen, che in autunno, appena la pandemia avrà dato tregua, saranno ordinati presbiteri per la nostra Chiesa.
E inoltre gioiamo per l’incardinazione nella nostra diocesi di un sacerdote Fidei donum, che già da anni presta servizio pastorale nella nostra chiesa particolare:
Don André Ngongolo Tshimanga. Nato nella Repubblica Democratica del Congo il 9 marzo 1974. Nell’ambito della cooperazione tra la diocesi di Kananga e la Diocesi di Terni-Narni-Amelia, si è trasferito nella nostra diocesi, dove ha completato gli studi teologici ed è rimasto fino ad oggi. Ordinato presbitero il 7 agosto 2005, ha svolto il ministero sempre ad Amelia come vice parroco della parrocchia di san Francesco, parroco di Santa Maria in Monticelli e collaboratore pastorale alla concattedrale di Amelia. Dal 1-12-2017 è parroco della parrocchia di s. Maria Assunta in Giove. Dopo discernimento ha chiesto ed ottenuto di essere incardinato nella nostra diocesi, cosa che è avvenuta il 14-2-2021.
Cari fratelli e sorelle,
“Amate i vostri sacerdoti!
Stimateli, ascoltateli, seguiteli!
Pregate ogni giorno per loro.
Non lasciateli soli né all’altare
né nella vita quotidiana!
E non cessate mai di pregare
per le vocazioni sacerdotali
e per la perseveranza della consacrazione
al Signore e alle anime”. (Giovanni Paolo II):
Lasciamoci guidare da Maria, Madre della Chiesa e dei sacerdoti.