Sabato 28 aprile alle ore 18.30 nella cripta della cattedrale di Narni sarà presentato il lavoro di restauro del busto reliquiario di San Giovenale. Intervengono: Marica Mercalli soprintendente archeologia belle arti e paesaggio dell’Umbria, Stefania Furelli soprintendente Abap dell’Umbria, Silvia Bonamore Mibact polo museale dell’Umbria, don Sergio Rossini parroco dei santi Giovenale e Cassio di Narni e don Claudio Bosi direttore dell’ufficio diocesano per i Beni culturali ecclesiastici.
Il prezioso busto reliquiario di San Giovenale ritrae il santo in abiti vescovili, casula e mitra, su una sobria base modanata in bronzo dorato. per il resto il manufatto è realizzato in lamina d’argento e di rame dorato, lavorato a sbalzo e a cesello, mentre il volto è condotto a fusione. l’iscrizione, incisa a bulino sulla targa, configura simbolicamente quest’oggetto devozionale come un ex voto, offerto da tutta la città, Narnia universa, e con il contributo di tutti i devoti dopo lo scampato pericolo del terremoto del 1703. Sulla paternità dell’opera la critica non si è mai espressa, pur riconoscendone la squisita fattura, ma ora grazie al recente restauro è stato possibile svelare l’identità del maestro argentiere, riportando alla luce il marchio impresso sul prezioso metallo, la lupa di Siena. Si tratta di Urbano Bartalesi, (1641-1732) l’esponente più noto della famiglia di argentieri di origine senese, attiva a Roma tra il 1634 e il 1793. Il maestro, stipendiato da Alessandro VIII, eseguì per Innocenzo XII sei bacili in argento dorato, quattro conchiglie d’argento per l’altare della cappella di sant’Iignazio nella chiesa del Gesù, gli ornamenti per l’urna di san Filippo Neri a S. Maria in Vallicella e un’acquasantiera in bronzo dorato e argento per la regina Maria Teresa d’Austria. Oltre al bollo del Bartalesi è riconoscibile anche quello di Carlo Modesti, apposto a garanzia della qualità dell’argento. Un’opera così rara e importante, commissionata a Roma e destinata alla cattedrale di Narni agli inizi del Settecento, non può non far sospettare che il tramite tra i narnesi e uno degli argentieri più celebri dell’epoca, possa essere stato il cardinal Giuseppe Sacripante, munifico mecenate nei riguardi della sua città natale.