Narni – San Giovenale 2024

Carissimi fratelli e sorelle, la festa annuale di s. Giovenale, nostro Patrono, ci fornisce tutti gli elementi affinché possiamo accogliere i doni di Dio in ordine alla vita bella e buona che ciascuna persona desidera avere.
E questo lo possiamo dire senza ombra di smentita in quanto la parola di Dio è proprio questo: la buona notizia, ossia il dono di Dio, anzi è Dio stesso che entra nella nostra storia, nella vita di ciascuno di noi per poterla illuminare, nutrire e sorreggere; per poterle dare un senso, per poterla salvare, cioè affrancare da tutti i pericoli e mali che l’affliggono, soprattutto dal peccato che è il primo e la causa di tutti i mali.
Per questo ci sono offerte anche le vite di coloro i quali hanno ben compreso questo; ci viene offerta l’esperienza di san Giovenale, che si pone per noi come mediazione, come esempio in forza del quale abbiamo la possibilità non solo di testare che quanto ci viene dato da Dio è possibile d’essere accolto, ma anche abbiamo il suo sostegno, la sua preghiera e la sua intercessione a nostro favore secondo la volontà di Dio.
Dalla ricchezza della Parola di Dio proclamata in questa liturgia, colgo per me, facendone condivisione con voi, quanto abbiamo sentito nel versetto del salmo responsoriale, tratto da un discorso più ampio di Gesù riportato nel Vangelo di San Matteo: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi, e io vi darò ristoro”.
Davanti agli innumerevoli mali del mondo, della nostra società, delle nostre famiglie, dei nostri mali personali, abbiamo l’invito di Gesù a dirigere l’attenzione su di lui; ma ancor di più: ad orientare la nostra vita a lui.
Carissimi fratelli e sorelle, spesso ci capita di rivolgere al Signore soltanto il pensiero pregandolo/invocandolo affinché possa venirci incontro, per sollevarci dai problemi e i fastidi che ci affliggono e che spesso sono il nostro assillo quotidiano.
Davanti a queste situazioni il Signore ci dice quanto abbiamo sentito: “Venite a me”, ossia orientate la vostra esistenza, il vostro cammino, il vostro progetto di vita verso di me. Tutto il resto verrà di conseguenza.
Anche dinanzi ai mali della storia, pensiamo alle guerre e alle continue violenze e ingiustizie, abbiamo questo invito, questa proposta del Signore: “Venite a me”… quindi è come se dicesse “lasciate perdere tutto quanto vi possa allontanare da me e che vi porta fuori strada generando incidenti irreparabili”.
La preghiera per la pace e sui mali ed ingiustizie non sia perciò ridotta all’invocazione affinché Dio possa fare il suo dovere, quasi di risolutore dei nostri problemi e per di più a prescindere dalla nostra volontà. Il criterio invece è un altro: quello che tiene insieme le due realtà, ossia il volere di Dio e le intenzioni degli uomini. Perciò, proprio per questo motivo, il Signore dice: “Venite a me, voi tutti che siete stanchi e oppressi e io vi darò ristoro”.
Il ristoro di cui parla Gesù coincide con la Pace vera che lui solo ha potuto conquistare per noi, pagandola di persona e che quindi ci offre. Lui, l’unico giusto, morendo ingiustamente, ha sconfitto il peccato e la morte e ha dato all’umanità la possibilità di accedervi, di godere cioè di questa vittoria.
Soltanto orientando e dirigendo decisamente la vita in questa direzione si può ottenere la pace; l’inverso non fa altro che fomentare ulteriore oppressione e stanchezza, illudendosi che prima o poi si potrà ottenere una vittoria, che sarà comunque falsa per tutti, vincitori e vinti. Si pensi alle piccole dispute colme di rancore, alle dinamiche del gioco d’azzardo, a quelle delle più svariate dipendenze, fino ad arrivare ai conflitti tra le nazioni e le guerre, che alla fine lasciano sul campo solo distruzione e morte.
In questo tempo di percorso sinodale della Chiesa, in questo tempo di preparazione al Giubileo, dal titolo “Pellegrini di speranza”, quanto ci viene oggi offerto è per noi il punto di riferimento essenziale; tutto il resto acquista senso e significato soltanto in rapporto a Gesù, per cui non si può che ripetere convintamente col salmo “Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla”, ossia egli è il tutto; e la nostra vita potrà essere bella e colma di senso solo in riferimento a lui. Questo, carissimi fratelli e sorelle, è il risultato esistenziale dell’invito di Gesù “Venite a me voi tutti….”
In tutto questo il nostro san Giovenale ci è di esempio. Egli mediante la sua testimonianza ci dimostra che tutto questo è possibile. Le notizie, pur scarne intorno alla sua vita, sono tuttavia colme di questo insegnamento e lo sono in quanto tutta la sua vita è piena di Cristo.
Egli era un giovane medico originario di Cartagine; arrivò a Roma durante il pontificato di papa Damaso e da lui venne mandato a Narni nel 368 come Vescovo per confermare nella fede quella comunità cristiana già evangelizzata dai vescovi Terenziano, Feliciano e Valentino.
Egli fu il primo Vescovo della nostra Chiesa di Narni. Fu martirizzato il 3 maggio sulla via Nomentana, insieme a Evenzio, Alessandro e Teodulo.
La sua memoria è ricordata sin dai più antichi martirologi che lo commemorarono come Vescovo e confessore. San Gregorio Magno nei “Dialoghi” e nelle “Omelie” ricorda Giovenale, Vescovo di Narni con il titolo di Martire.
Martire, cioè una persona che ha testimoniato con la vita la propria totale appartenenza a Cristo. E la testimonianza non è altro che il prodotto del tralcio unito alla vite, ossia il frutto genuino dell’essere inserito nell’albero della vita, dal quale si ottiene, mediante l’azione dello Spirito Santo, la linfa stessa di Dio e quindi l’esercizio del suo giusto volere.
Forse oggi non si comprende appieno il senso profondo del Martirio; eppure paradossalmente il contrario, anzi l’opposto sembra molto più congeniale alla comprensione e di conseguenza alquanto praticato. Sembra quasi che sacrificare, investire, spendere la propria ed altrui vita per un nonnulla, addirittura per qualcosa di nocivo, sia più accettabile e conciliabile col senso comune; considerato più a passo coi tempi.
L’ideale alto, supremo dell’essere cristiano, appartenente a Gesù Cristo, a colui che è la vita bella e buona e che vivifica e nutre come acqua viva e pura tutto ciò a cui arriva, ha orientato e sostenuto san Giovenale; ma non di meno coinvolge ogni cristiano; coinvolge ed interpella ciascuno di noi, dandoci la preziosissima opportunità di essere non solo seguaci o imitatori di questo messaggio quanto piuttosto depositari di un grande tesoro, anche se questo è contenuto nella nostra fragile vita come in vasi di creta, come abbiamo sentito nella seconda lettura di oggi. Anzi proprio per questo motivo necessita da parte nostra maggiore attenzione e cura.
Siamo contenitori e depositari non solo di un messaggio di vita ma della vita stessa di Dio; e questa vita, impiantata in noi con il Battesimo, opera in noi l’effetto stesso del lievito: invisibile ma efficace; impercettibile ma reale.
Ciò che per noi sarà necessario fare, è accoglierlo ed impastarlo all’interno delle nostre esperienze; facendolo quindi ben agire, esattamente come avviene per l’impasto del pane il quale richiede le giuste dosi, la giusta temperatura, il giusto tempo di riposo ecc. Altrimenti si rovina e tutto si perde.
Questo significa che ciascuno di noi in questo tempo, ai nostri giorni, è chiamato a dare il personale contributo sia per la propria realizzazione e sia per il progresso della società, così come ha fatto il nostro Patrono, san Giovenale.
Ci aiuti in tutto questo l’intercessione di Maria Santissima, che dai tempi di s. Giovenale fino ad oggi è e rimane sempre madre degli apostoli e madre della Chiesa.