Cari fratelli e sorelle ci inginocchiamo davanti al signore Gesù che ha reso lo spirito, ci ha donato il suo spirito e la sua vita in obbedienza al Padre, per amore nei confronti del Padre e verso l’umanità, verso ciascuno di noi
Per il secondo anno trascorriamo un venerdì santo affetti dal Covid-19, rinchiusi in quarantena, alquanto allentata, anche se con la possibilità di radunarci in chiesa per la solenne azione liturgica, e tuttavia siamo mascherati.
La Passione di Gesù, oggi, è ancora viva e si rinnovata. Il dolore per la passione e morte di Gesù è reso più vivo per le sofferenze nostre e dei nostri cari, colpiti dal virus, forse per la morte di alcuni di essi, per la limitazione dei movimenti e le ristrettezze economiche.
Le famiglie senza reddito, che bussano in numero elevato e con più frequenza alle nostre parrocchie e Caritas; i lavoratori disoccupati, le imprese colpite dalla crisi.
I ragazzi e i giovani arenati nello studio e nelle relazioni, resi più inquieti e nervosi.
La stessa comunità cristiana rinchiusa, dispersa, impaurita e smarrita. La celebrazione di ieri, Giovedì santo ridotta nella partecipazione e l’assenza dei fedeli all’adorazione eucaristica serale. Un tempo in compagnia di Gesù che ci ha fatto dono dell’eucarestia del sacerdozio di tutta la sua vita.
Noi tutti eravamo sperduti come un gregge. Se allarghiamo lo sguardo al mondo intero restiamo ancora più sconcertati e impauriti: la pandemia, i malati, i sofferenti, i morti, la povertà e disperazione. 128.223.872 i casi confermati nel mondo dall’inizio della pandemia
2.804.120 i morti e in Italia i morti 108.000, anche i sacerdoti morti per covid: 269, alcuni della nostra comunità.
Negli Stati Uniti America, Brasile, Argentina, la stessa Francia e Germania, sono piene di popolazioni spaventate, alle prese con numeri impressionanti di contagiati, di malati, di morti.
E che dire delle violazioni delle libertà e le violenze sulla popolazione nel Myammar, Hong Kong, in Africa, e i cristiani stessi perseguitati e uccisi in varie parti del mondo.
Oggi il Signore muore, patisce la passione di questa umanità, che tuttavia è ancora distratta. Forse ponendo un attenzione maggiore ci rendiamo conto che abbiamo perso le certezze basate sul denaro, potere, la scienza, la società, la politica, la fede.
Noi persone smarrite, popolo smarrito, ci sentiamo in balia dell’incertezza, della malattia, della velocità e rapidità della malattia
Dall’altra parte Gesù: Dio fatto uomo, ha preso su di sé le nostre miserie, le ansie, incertezze, i peccati, anche il nostro sentirci abbandonati da Dio.
Gesù ha sperimentato sulla sua carne, l’angoscia dei malati di Coronavirus, possiamo paragonare le ultime ore di Gesù a quelle che vivono tanti malati, paragonare le sue ultime ore a quelle dei malati di oggi.
Anche lui ha paura. Ha paura e orrore della morte, il cui volto si presenta davanti a lui.
Anche lui sperimenta l’isolamento dagli amici, i discepoli che rimangono lontani, come nel caso di tante persone malate sole.
Anche lui, la sua carne ferita per le torture, si sente abbandonato da tutti. Si sente abbandonato dal Padre. “Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”
In questo venerdì santo vogliamo sentire il Signore Gesù vicino a tutti noi, ai molti malati di coronavirus.
Oggi contempliamo e comprendiamo maggiormente il dolore e la sofferenza di Cristo, la sua solitudine, il sentirsi abbandonato, incompreso e tradito dagli amici, a partire da ciò che stiamo vivendo in maniera più o meno intensa.
Ma Gesù è il nostro eroe, Gesù ci ha salvati col dono della sua vita e ci invita a seguirlo sulla strada dell’amore verso Dio e i fratelli, dell’abbandono a Dio. L’esperienza di Gesù può essere compresa solo a partire da un amore smisurato che Gesù ha vissuto e ha donato a tutti noi con la vita e la sua morte.
Dall’esperienza della pandemia e nel confronto con Cristo sofferente e crocifisso, possiamo cogliere l’occasione per purificarci nella fede, in una vicinanza intima serena a Gesù; crescere nell’amore dietro a Gesù, come suoi discepoli, che ha donato se stesso per noi fino alla morte di croce.
Vogliamo rivolgere lo sguardo anche a Maria, che affranta contempla suo figlio che porta a compimento il suo mistero di salvezza, e ancora una volta si pone dietro a Gesù come sua discepola, pronunciando il suo fiat. Anche noi vogliamo, ciascuno con l’esperienza della sua vita, con i suoi limiti e peccati, ma anche con i suoi doni grandi, mettersi dietro a Gesù, cogliere questa circostanza per sentirci accolti, gratificati dal Signore Gesù che per noi, per la nostra salvezza ha donato la sua vita.