Pellegrinaggio diocesano al santuario della Madonna del Ponte 2016

Cari fratelli e sorelle, in questo appuntamento annuale attorno a Maria, la Madre di Cristo, della Chiesa e nostra siamo invitati al banchetto delle nozze insieme ai discepoli, insieme a Gesù.
Questo santuario mariano diocesano, così caro a tutti noi, è luogo che ricorda la presenza e la missione di Maria nella nostra vita e nella Chiesa particolare.
Santa Maria del Ponte: un incontro che ci rimanda con la memoria a momenti particolari della nostra vita, lieti, tristi, di speranza, dell’infanzia o anche della nostra vita adulta.
Questa sera vogliamo sperimentare e sentire vicino a noi l’affetto per la Madre e della madre di Misericordia in questo anno giubilare che ancora non è terminato e che vogliamo vivere con maggiore impulso e pienezza fino al termine.

La Liturgia della Parola pone alla nostra considerazione la figura di Maria nella sua identità di Madre di Gesù, colei che ci ha donato Gesù, nostro salvatore, che con la sua vita ha combinato e realizzato la nostra adozione a figli di Dio. (2 lettura)
Maria si propone nel Vangelo quale mediatrice, colei che guida, educa e accompagna la Chiesa e tutti noi nella nostra relazione con suo Figlio Gesù e attraverso Gesù verso Dio.
Questa funzione di Maria è preannunziata nella prima lettura dalla figura della regina Ester, preoccupata, impegnata nella salvezza del suo popolo e nella difesa e conservazione della religione dei padri e della purezza della fede.

La riflessione sul Vangelo appena proclamato è dono del Signore per accompagnare, illuminare, incoraggiare e spronare il cammino della nostra comunità diocesana all’inizio del nuovo anno pastorale.
Inizia con le parole. Il terzo giorno… Nei due giorni precedenti Gesù viene battezzato da Giovanni Battista e presentato come l’Agnello di Dio, colui che porta sulle sue spalle e toglie il peccato del mondo. Quindi sceglie, chiama e ammette alla sua sequela i primi apostoli: Giovanni, Andrea, Pietro, Filippo e Natanaele.
Il Vangelo dice: “Il terzo giorno vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli”.
A Cana, “il miracolo è una rivelazione messianica”. Molti i tratti messianici presenti: il contesto del banchetto e delle nozze (Gesù è lo sposo), l’abbondanza del vino e la sua qualità, l’acqua preparata per le abluzioni rituali trasformata in vino (l’antica legge cede il posto alla nuova). In questa rivelazione messianica, che va a compimento il terzo giorno, quello della Pasqua, sono centrali la presenza di Maria e le sue parole rivolte ai servitori: “Qualsiasi cosa vi dica, fatela”. Questa è la nuova traduzione che avremmo dovuto leggere nella proclamazione del Vangelo
E il comando di Gesù e il significato di quanto avviene, ora soltanto come segno e premesse poiché “Non era ancora giunta la sua ora” l’ora della passione, morte e risurrezione, è il primo insegnamento per i discepoli e la chiesa di tutti i tempi, anche per la nostra Chiesa. La finalità di ciò che avvenne a Cana è espressa nella conclusione del brano: “Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. Il Vangelo dice: ““Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei”.
E’ il riferimento all’acqua del battesimo, nel quale tutti siamo stati immersi: un battesimo di purificazione, di penitenza e di rinascita nella vita di Dio, originata dalle parole di Maria ”Qualsiasi cosa vi dica fatela”.
Un battesimo in pienezza che trasforma l’umano in divino, come l’acqua è trasformata in vino. Una trasformazione che avviene nel banchetto eucaristico, dove Gesù ci dona sé stesso trasformando il pane e il vino in cibo e bevanda di salvezza e trasformando le nostre persone in figli di Dio.
In questo banchetto di nozze “Gesù manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui”. La fede dei discepoli ha origine, conforto e slancio dalla partecipazione al banchetto delle nozze e dalla comprensione del “segno” compiuto da Gesù, quale anticipo della cena pasquale nella notte della “sua ora”.

Questa sera, siamo una porzione notevole della comunità diocesana, radunati attorno a Maria e a Gesù, disposti a fare quanto Gesù vuole dirci.
L’opera di Dio è questa: che crediate in colui che egli ha mandato (Gv 6, 29). Questa è l’opera, credere in Colui che Dio ha mandato. E i suoi discepoli credettero in Lui.
S. Agostino dice: una cosa è credere a Cristo, un’altra è crederlo Cristo, un’altra credere in Cristo. Credere a lui significa credere che son vere le cose che egli dice; crederlo Cristo significa credere che egli è il Cristo; credere in lui significa amarlo.
Siamo disposti ad amare Gesù, ad aderire alla sua persona, accettare il suo mistero, a fidarci di Lui, a fare quanto ci rivela?
Certo siamo qui attirati dalla devozione a Maria, ma seguendo le parole di Maria, ci chiediamo: facciamo tutto ciò che Gesù ci chiede?
Dopo anni di vita cristiana siamo sempre disposti a seguire, come Giovanni, Andrea, Pietro, Filippo, Bartolomeo, le parole di Gesù che ci chiede di amarlo più di ogni altra persona, situazione, abitudine, luogo, ricchezza, carriera, ecc.?

La nostra fede cresce e si sviluppa nella celebrazione eucaristica del giorno del Signore, quando ascoltiamo le parole di Gesù a ci cibiamo del pane e del vino trasformati da Gesù nel suo corpo e nel suo sangue, donati a noi. Eppure per un’altissima percentuale di Cristiani la Messa domenicale è abitualmente trascurata.
Cari fratelli e sorelle, quest’anno vogliamo rimettere al centro del nostro programma diocesano la fede, la sua qualità, forza, convinzione, adesione a Gesù. Anche nella nostra società, molti giovani e adulti, molte famiglie ormai percorrono strade distanti da quelle segnate da Gesù.
Richiamando un pensiero di Papa Benedetto XVI, riportato anche nel volume-intervista “Ultime conversazioni”, egli dice: “La società occidentale, in ogni caso in Europa, non sarà una società cristiana e, a maggior ragione, i credenti dovranno sforzarsi di continuare a plasmare e sostenere la coscienza dei valori e della vita. Sarà importante una testimonianza di fede più decisa delle singole comunità e Chiese locali. Avranno una maggiore responsabilità”. “Riscoprire la centralità della fede” (217) è il compito dei cristiani a maggior ragione in un periodo di transizione”.

Nella nostra Chiesa particolare ci siamo proposti di riscoprire la centralità della fede, anzi ripercorrere il cammino della nostra iniziazione cristiana alla vita di fede, speranza e carità, alla vita di Gesù e della Chiesa.
Giovani, adulti, fidanzati, famiglie, preti, vescovo, interroghiamoci se crediamo veramente, fino a che punto siamo disposti a fare quanto Gesù ci ordina di fare nel Vangelo?
Apriamoci e rendiamoci disponibili a cogliere le opportunità che la nostra chiesa diocesana, le parrocchie di proporranno. Comprenderemo in pienezza il mistero di Gesù e saremo pronti a proclamare il Vangelo agli altri. In una grande esperienza di fraternità e di misericordia e sorretti dalla materna protezione di Maria.