Febbraio, il mese breve, è per la città di Terni e per la nostra Diocesi quello più ricco di eventi, di festa, di celebrazioni e di occasioni di preghiera. La vita nella comunità ecclesiale e civile si struttura, direttamente o indirettamente, attorno al patrono San Valentino di Terni-Interamna, alla sua testimonianza di amore per Gesù e per gli uomini e al suo patrocinio specie verso i giovani, gli innamorati e la famiglia.
Non so quanto la ricorrenza, con un programma così esteso nel tempo, variegato e impegnativo solo nel leggerlo, costituisca per i nostri concittadini occasione di crescita oltre che economica, anche civile, sociale, culturale e religiosa. Questa mattina vogliamo richiamare il nucleo centrale di questa festa, che è di san Valentino, vescovo e martire.
Papa Francesco, nella esortazione apostolica “Gaudete et exultate” ricorda che “Ogni santo è una missione; è un progetto del Padre per riflettere e incarnare, in un momento determinato della storia, un aspetto del Vangelo”. (n.19). Il nostro compito è far risuonare nell’oggi della Chiesa e del mondo quel progetto del Padre e quell’aspetto del Vangelo, incarnato da San Valentino.
L’agiografia, ci presenta S. Valentino nei suoi tratti essenziali (Roma 176 – Interamna 14 febbraio 273- Vescovo 197): cittadino, cristiano, vescovo di Terni in giovanissima età e per 75 anni, attento ai giovani e alle famiglie, taumaturgo, martire-testimone della sua fede in Dio, della fedeltà a Gesù e della dedizione alle persone sofferenti.
Notizie scarne, tramandate di generazione in generazione che Terni, nelle sue varie componenti, Chiesa, corporazioni di cittadini, governo della città, ha gelosamente custodito, sostenuto e trasmesso soprattutto in quello che è l’elemento fondante e unificante della città, cioè la fede in Gesù e la devozione ai santi Valentino e Anastasio.
Il brano evangelico, prima proclamato, rappresenta la testimonianza specifica, la parola evangelica incarnata dal nostro Santo Patrono.
Si tratta del noto brano del Buon pastore, riferimento e modello di San Valentino, della sua spiritualità e della sua missione di vescovo e pastore di questa Chiesa.
Scomponiamo il testo per coglierne il significato in sé e di attualità per noi.
1. Gesù disse: “Io sono il buon pastore. Il buon pastore offre la vita per le pecore. Il mercenario invece, chi non è pastore e al quale le pecore non appartengono, vede venire il lupo, abbandona le pecore e fugge”. Gesù è il pastore buono e bello, che con la sua vita, morte e risurrezione, realizza la profezia di Ezechiele (34,11):” Dice il Signore Dio: Ecco, io stesso cercherò le mie pecore e ne avrò cura”.
Gesù, dopo la risurrezione affida a Pietro, agli apostoli e ai loro successori, il compito di pascere il suo gregge; incarico che Egli affida solo a chi è ricco di amore per Lui.
L’apostolo (e il vescovo), come dice S. Agostino, dimostra di amare Gesù rendendosi disponibile a curare le sue pecore con uno stile puro e inconfondibile, cioè con premura, attenzione e fatica nel pascere, guidare, nutrire, istruire i fedeli…gratuitamente, senza interessi, in atteggiamento di disponibilità totale di se stesso, fino a subire persecuzione, battiture e il martirio da parte di lupi rapaci, avversari, nemici, violenti e sanguinari, insensibili a sentimenti di umana pietà.
2. “Io conosco le mie pecore e le mie pecore conoscono me, come il Padre conosce me e io conosco il Padre; e offro la vita per le pecore”.
Come Gesù, Valentino esercita il suo ministero pastorale costruendo una relazione personale con i suoi fedeli. Una conoscenza fatta di affetto e di amore profondo, che egli trasmette per formare ogni categoria di persone.
La tradizione ha sottolineato l’attenzione di Valentino per i giovani innamorati, le famiglie e i malati.
Anche lui, come Gesù, offre la vita, che ha come epilogo la testimonianza del sangue. Un gesto di amore e di servizio, la cura e la guarigione del giovane Cheremone, gli costa la vita. Il martirio, inflitto a Valentino all’ età di 97 anni, da una parte è espressione di una esistenza forte, che non si piega all’idolatria e al compromesso, ma è anche manifestazione di barbarie, di disumanità e di vigliaccheria di carnefici e mandanti. Sull’esempio di Gesù, Valentino subisce il martirio per amore di Dio e degli uomini.
Ma, come dice San Pietro Crisologo: “I martiri nascono quando muoiono, cominciano a vivere con la fine, vivono quando sono uccisi, brillano nel cielo essi che sulla terra sono creduti estinti” (Sermo, 108).
3. “E ho altre pecore che non sono di quest’ovile; anche queste io devo condurre”.
Il compito del pastore fedele è anche quello di cercare tutte le pecore del gregge, alle quali far pervenire il messaggio di amore e di vita di Gesù.
La società di Valentino era variegata, multiculturale e multireligiosa. L’impegno di vescovo, di predicare la verità, lo ha portato a stabilire relazioni con tutti, a creare ponti per promuovere il bene comune, il benessere delle persone e testimoniare l’amore per ogni uomo o donna di qualunque condizione, sempre incurante dei pericoli.
L’ufficio pastorale di Valentino è certamente un modello per il vescovo, suo successore nella diocesi di Interamna, stimolo potente e impegnativo a riprodurne il messaggio d’amore e lo stile evangelico.
Tuttavia, oggi mi piace riproporre tale stile non solo a me vescovo, ma a tutti coloro che hanno obblighi verso le persone e responsabilità nella cura delle anime: preti, diaconi, ministri ed ecclesiastici vari; e infine è riferito a persone che hanno incarichi di governo nella civitas e nella promozione del bene comune: le istituzioni civili, militari e culturali, i sindaci e gli amministratori. Siamo tutti pastori, guide, ai quali è affidata la responsabilità e la cura del bene comune, chiamati al servizio della collettività e delle singole persone nel campo religioso, civile, sociale e della difesa comune. Un servizio chiamato a mutuare le qualità del buon pastore: disinteressato, di relazioni intense, con le qualità dell’amicizia e dell’amore.
Lungi da noi il modello, ripudiato da Gesù, del mercenario, pastore salariato al quale il gregge non interessa. E’ una figura ambigua, volgare, spregevole e pericolosa, che purtroppo tende nefastamente a intrufolarsi nei vari settori della società. La figura del mercenario, oggi può declinarsi variamente e ben si associa a sfruttamento, corruzione, concussione, estorsione, assenteista, approfittatore, scansafatiche, sfaccendato, truffatore, irresponsabile…
Esattamente l’opposto dello stile del buon pastore a cui è rimasto fedele san Valentino fino alla testimonianza del martirio.
Tale testimonianza martiriale oggi è richiesta nella quotidianità, in varie forme più ordinarie se si vuole vivere fino in fondo la fedeltà ai propri principi, civili, morali, costituzionale ed evangelici e alla propria identità di cittadino, di amministratore, di sposo o sposa, di giovane, di prete, credente, ecc. E io credo che siano molti tali martiri, anche ai nostri giorni.
Durante la visita pastorale, che da poco si è conclusa, ho avuto l’onore di visitare tutti voi, sindaci dei comuni della Diocesi, insieme ai vostri consiglieri, nei palazzi comunali: momenti istituzionali di grande significato e di forte emozione per me.
Vi rinnovo il ringraziamento per quello che fate a favore delle vostre comunità.
Vorrei richiamare la vostra azione sul tema delle feste patronali, che si svolgono in tutti i comuni indistintamente.
Esse conservano un ruolo e una incidenza significativa in riferimento alla storia e alla identità delle vostre comunità.
Sono convinto che le vostre feste siano espressione dei genuini sentimenti religiosi delle popolazioni. Io stesso vi prendo parte con assiduità e ammirazione. Tuttavia sento che vada ricercata maggiore verità in ciò che viene organizzato e celebrato.
Tutti abbiamo interesse a mantenere e promuovere tali feste quale segno delle rispettive identità e tradizioni, ma sento che è urgente che esse riscoprano e custodiscano la verità della celebrazione, la devozione e adesione alla testimonianza dei Santi Patroni e l’approfondimento della Parola del Vangelo, a cui essi hanno conformato l’esistenza.
I Patroni sono stati quasi tutti fondatori delle nostre città e delle rispettive identità civili e religiose e nello stesso tempo difensori delle città da invasori esterni e approfittatori/mercenari interni. La ragione profonda che ha mosso il loro agire, è stata la fede in Gesù Cristo e l’amore per il popolo. Ricordare la storia per tramandarne le gesta non può limitarsi a spettacolo e rappresentazione, ma dovrà portare tutti a conoscere la vita e l’esperienza di fede dei Santi Patroni in Gesù Cristo, e a nostra volta, a riscoprire la nostra fede e la nostra vita cristiana per imitarne le ragioni di fede e di vita nell’oggi di Dio. Il rischio è quello di trasformarci tutti in figuranti di uno spettacolo transeunte, piacevole a vedersi, ma vuoto di contenuti e distante dalla sorgente, che vogliamo custodire e trasmettere.
Nella odierna festa del Santo Patrono Valentino rivolgiamo una preghiera particolare per gli amministratori della città: i primi cittadini e tutti gli “eletti”.
“Eletto”, parola nobile e significativa, che racchiude una pluralità di qualità che si dovrebbero riconoscere negli interessati o che almeno dovrebbero lambire l’orizzonte del mandato. Questa è la definizione che ne dà il dizionario della lingua italiana:
– Chi è stato scelto, nominato a una determinata carica mediante elezione
– Moralmente e intellettualmente elevato, sublime, nobile
– Coloro che sono stati prescelti da Dio per la salvezza eterna
– Colui che si distingue per purezza di sentimenti, per nobiltà di ideali
Qualità che vogliamo invocare nella preghiera per tutti i servitori della civitas.
In particolare vogliamo augurare agli eletti delle nostre amministrazioni
– di comporre e stabilizzare la compagine di governo per conoscere con completezza le problematiche e avviare con continuità, programmi di sviluppo credibili ed efficaci;
– di mirare a volare alto nel disegnare il futuro delle comunità;
– di adoperarsi per creare a favore dei cittadini, accesso semplice e rapido nella complessa macchina amministrativa, onde concorrere a semplificare e a risolvere i problemi;
– far sì che il palazzo di città sia sempre più la casa comune, “il comune”, dove i cittadini trovino aiuto ai loro bisogni, sostegno ai loro progetti e ulteriore spinta propulsiva verso uno sviluppo generale e condiviso;
– tutte le forze vive della città: amministratori, imprenditori, sindacati, università, organismi culturali, chiesa cattolica e organizzazioni religiose facciano ogni sforzo per creare opportunità e luoghi dove i giovani possano crescere sani e ingrandire le loro capacità per la propria realizzazione e per il bene dei nostri territori.
Coraggio, amici e fratelli! Oggi, in modo particolare, la nostra preghiera si fa intensa, corale e fiduciosa perché nella città e nelle terre di san Valentino prosperi il benessere, la pace e l’amore di Gesù Cristo.