San Valentino 2023 – celebrazione del 14 febbraio

Carissimi fratelli e sorelle, come sempre la Parola di Dio ci fornisce il criterio affinché possiamo dare senso a ciò che facciamo e dare il significato proprio anche alle ricorrenze, alle celebrazioni che la storia e la tradizione ci hanno consegnato.
La festa di san Valentino, nostro celeste Patrono, ci pone all’interno della stessa missione di Dio, che è una missione di amore.
Come abbiamo sentito, specialmente dalla prima lettura, noi non potremmo mai parlare di missione sen non all’interno, nel contesto e nel filone della vocazione.
In altre parole si è mandati in quanto si è stati chiamati, si è stati scelti.
Capiamo dunque e subito come la missione stessa dell’amore e il compito dell’amante non potrebbe mai essere lo svolgimento di un ruolo o di un dovere avulso, sganciato da una particolare chiamata, che poi operativamente si manifesta attraverso una sorta di attrazione; così infatti appaiono e si manifestano i primi segni dell’innamoramento, per poi confluire nel vero amore.
Come dicevo, la Parola di Dio ci fornisce il criterio perché possiamo comprendere questa realtà dell’amore che caratterizza l’essere umano. E lo può fare -la parola di Dio- essenzialmente perché Dio stesso è amore; così ci ha trasmesso e testimoniato san Giovanni, il discepolo appunto dell’amore.
Nella prima lettura abbiamo sentito il racconto della vocazione del profeta Geremia. Io credo che ogni tratto, ogni passaggio di questo racconto sia intriso dell’esperienza di tutte le storie d’amore, sia personali che comunitarie.
Dio sceglie il profeta in quanto lo ha conosciuto da sempre, fin dal concepimento; e per il fatto che lo ha amato da sempre, dunque non poteva non affidargli una missione d’amore.
A tale proposito, in un periodo della sua storia, il popolo d’Israele si pose la domanda sul motivo in forza del quale Dio lo avesse scelto; la risposta fu semplice: perché Dio lo amava.
Ecco, cari fratelli e sorelle, l’amore trova giustificazione in sé stesso, ossia si ama per amore. Questo significa che ogni interrogativo in merito deve trovare risposte d’amore. Se così non fosse l’interrogativo, piuttosto che incentivare l’amore, costituirebbe l’inizio, la base del dubbio e la rovina dello stesso amore.
Dio ama il profeta fin dal seno materno, proprio come la madre ama il frutto del suo amore fin dal suo concepimento. E così anche come quando due persone si vogliono bene, si amano veramente, sembra che si siano conosciute da sempre.
La vocazione del profeta Geremia, il bellissimo colloquio con Dio, contiene i tratti di una delicatezza e insieme di una robustezza tali che penso siano essenziali affinché si possano costruire autentici percorsi di amore vero e sincero, validi per qualunque stato di vita.
Vorrei sottolineare le 2 espressioni “Non dire sono giovane” e “Non avere paura”.
L’essere giovani dovrebbe coincidere con l’inesperienza –è vero- però è pur vero che da questo stato di cose bisogna pur uscire… e la storia della vocazione di Geremia, come del resto di ogni vocazione (cfr) ci dice che la soluzione, o almeno la sua prospettiva, è data dal fuggire, cioè allontanare, mettere da parte o in secondo piano il timore.
Ma come si vince il timore? In merito san Giovanni avrebbe scritto in una delle sue lettere: “L’amore vince il timore”.
Carissimi fratelli e sorelle chiediamo al Signore la grazia di infondere nei nostri giovani lo spirito dell’amore autentico che, fuor dalle “scappatelle”, sostanzia e mette le basi per la maturità; maturità umana e cristiana.
Poi abbiamo nel racconto della vocazione di Geremia il gesto delicatissimo, quasi una sorta di bacio: “mi toccò la bocca e il Signore mi disse: ecco io metto le mie parole sulla tua bocca”.

Che bel gesto questo e che delicatezza d’amore vi è contenuta: “mi toccò la bocca e mise le sue parole nella mia”.
Si tratta, carissimi fratelli e sorelle, di una sorta di trasmissione, non tanto di un qualcosa quanto piuttosto di un contenuto, ossia della sua parola che in fondo non è altro che il suo stesso amore.

E il brano di Vangelo di san Giovanni che ci ripropone la figura amorevole, maestosa e mite allo stesso tempo di Gesù buon pastore. …!?
Quante volte abbiamo sentito riproposta questa bella metafora che, attingendo alla letteratura profetica, mutuata a sua volta da una delle attività lavorative tra le più comuni del tempo, inserisce e colloca tutti, pastore e gregge, in un unico ambiente vitale: quello del pascolo.
Si potrebbero fare tantissime applicazioni in merito e tutte riconducibili al singolare rapporto che intercorre tra il pastore e le pecore.
Sappiamo molto bene che il pastore è il Signore Gesù, è il suo Vangelo, e noi siamo le sue pecore.
A lui tutti noi siamo cari, siamo preziosi e per questo egli ha pagato con la sua vita il prezzo della nostra salvezza. Inaudito, il pastore che dà la vita per il gregge!
Egli si presenta perciò anche come esempio, affinché tra la miriade di modelli di pur illustri personaggi della storia di ieri e di oggi, riusciamo a cogliere la differenza sostanziale che intercorre tra coloro che, lungi dal dare la vita per gli altri, si servono piuttosto di questi per proprio tornaconto, così come fa il mercenario della stessa parabola. (cfr..)
Gesù è il buon pastore e come lui tutti coloro che, costituiti pastori del gregge, lo hanno saputo imitare mediante la vita donata.
Tra questi il nostro san Valentino, il quale conoscendo, cioè amando il suo popolo, il suo gregge, in nome di Cristo ha offerto la sua vita per amore di Dio.
San Valentino vescovo è perciò, così come nell’espressione usata da san Paolo nella seconda lettura: “servo di Cristo e amministratore fedele dei misteri di Dio”.
Egli conosce, cioè ama, il suo gregge.
Carissimi fratelli e sorelle, chiediamo al Signore Gesù che per intercessione del nostro amato san Valentino, i nostri rapporti interpersonali, la conoscenza reciproca che cerchiamo di tessere quotidianamente siano improntate alla edificazione di veri percorsi di rispetto e di amore.
La città di Terni possa avere scritto nel cuore di ciascuno dei suoi abitanti, ossia nella propria condotta di vita, “città dell’amore”, ossia di ciò che san Paolo delinea con il termine specifico proprio dell’amore/Carità, che richiama e si identifica con la realtà sublime di Dio.
Questa non può essere vinta da niente e da nessuno e pertanto non può che essere sia il fondamento come anche la forza propulsiva per un futuro pieno di speranza.
Così come ben rappresentato dalla tela che sovrasta l’altare di questa basilica, insieme a san Valentino affidiamo a Maria Santissima la nostra città.
Lei la madre di Gesù ci offrirà il suo Figlio, prendiamolo tra le nostre braccia il signore Gesù e ci accorgeremo di accogliere il frutto dell’amore della SSma Trinità. Ci troveremo quindi in compagnia di san Valentino a percorrere le strade della nostra vita con quella speciale benedizione che mai si esaurisce perché ha in Dio il suo inizio e in lui il suo compimento.