Te Deum fine anno 2023

In questo ultimo giorno dell’anno, celebrando la Messa vigiliare della solennità della Divina Maternità di Maria -lo abbiamo sentito nella proclamazione della Parola di Dio- ciò che emerge è il termine, la realtà della benedizione.
Nella prima lettura, la celebre benedizione di Mosè: “Ti benedica il Signore e ti custodisca. Il Signore faccia risplendere per te il suo volto e ti faccia grazia. Il Signore rivolga a te il suo volto e ti conceda pace”; e il ritornello del Salmo responsoriale: “Dio abbia pietà di noi e ci benedica”.
A queste affermazioni della Sacra Scrittura si contrappone la realtà degli avvenimenti che in questi giorni, in questo cambiamento d’epoca, l’intera umanità, la nostra società e la nostra città sperimentano come stridente opposizione, come netto contrasto a quanto di più benedetto si possa immaginare. Questo cosa significa: che Dio non benedice più la sua creatura? Che gli ha voltato le spalle?
A tale riguardo sarà sempre bene, al fine di non incorrere nel frequente equivoco di attribuire alla sorte o addirittura a Dio la causa degli eventi calamitosi del mondo, sarà bene far risuonare nella nostra mente e farla calare nelle nostre coscienze, quanto suggerito dalla preghiera colletta pronunciata prima delle letture: O Dio, che nella verginità feconda di Maria hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna, fa’ che sperimentiamo la sua intercessione, poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita, Cristo tuo Figlio.
Per questo motivo non possiamo non elevare il nostro inno di ringraziamento che, insieme alla infinità delle atrocità di questi giorni, dell’anno che oggi si chiude, ci sprona ulteriormente a rivolgere tutta la nostra attenzione al messaggio di salvezza che ci proviene dal Cristo.
Per mezzo di Maria abbiamo ricevuto l’autore della vita, la benedizione eccelsa di Dio, ossia Dio stesso. Questo significa che nella misura in cui si accoglie questo dono fiorisce il frutto della benedizione: la giustizia e la pace con tutto ciò che di buono consegue.
Questo è quanto abbiamo anche appreso dal Vangelo del Santo Natale, nel prologo di S. Giovanni: “A quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”.
Perciò, molto opportunamente in questa solennità della Divina Maternità di Maria si celebra anche la Giornata mondiale della pace, voluta da s. Palo VI e che noi cristiani accompagniamo con l’invocazione rivolta a Maria: “Regina della pace prega per noi”.
Carissimi fratelli e sorelle, mai come in questi giorni, almeno la nostra generazione, sperimenta anche l’inadeguatezza tra il desiderio della pace e la sua difficile realizzazione; anzi sembra non ci sia neanche una prospettiva che sia condivisa, entro la quale, in modo oggettivo, tutti ci si possa incontrare.
Purtroppo ci capita di piombare nella triste constatazione in base alla quale la storia non ha mai insegnato niente ai posteri; al contrario pare che l’unico patrimonio lasciataci in eredità sia il metodo opposto alla salvaguardia della pace: come primeggiare, prevaricare, opprimere, uccidere.
Dinanzi a questa triste realtà, che avvolge di tenebre il nostro tempo, risuona comunque e ancora più forte il grande messaggio di pace che promana dal Vangelo.
Esso, così semplice nella narrazione, contiene tutta la potenza capace di “abbattere i superbi ed innalzare gli umili” e quindi contiene il criterio fondamentale per accogliere e costruire la pace.
La vicenda, l’esperienza dei pastori che si recarono a Betlemme presso la grotta della natività, che lo si voglia o meno, rimane l’unico metodo per costruire la pace.
I pastori, così emarginati dalla cultura del tempo, rifiutati e considerati fuori dalla comunione, invece, sono coloro ai quali viene rivolto, anzi viene affidato il primo messaggio di salvezza.
Costoro avrebbero potuto non tenerlo in considerazione, non crederci…infischiarsene…: che sarà mai un bambino, oltretutto deposto in una mangiatoia… e invece si sentono chiamati in causa, scossi dentro, interpellati e perciò si mettono in cammino.
A ben vedere mi sembra che la prima sottolineatura evidenziata dalla descrizione evangelica sia una nota che definirei di considerazione, ossia di riguardo nei confronti di una categoria di persone che, di per sé, non aveva un gran posto nella società. Bene, costoro ascoltano la parola dell’angelo che porta un messaggio di liberazione, di salvezza e di pace e da questo si lasciano inondare e guidare.
Si mettono in cammino nel buio di quella notte rischiarata dal messaggio della luce vera che veniva nel mondo.
Oggi di questo abbiamo bisogno, ma non del messaggio, quello c’è già insieme alla luce che da esso deriva, quanto piuttosto che lo accogliamo con l’atteggiamento che fu dei pastori i quali, senza indugio, ossia senza tanti ragionamenti, senza considerazioni fuorvianti, si misero in cammino.
Forse l’atteggiamento nostro a volte è l’opposto ossia si rimane inerti, inchiodati…fermi e sommersi da un’infinità di considerazioni, supposizioni, congetture, paure… che non coincidono con l’invito ad andare.
Essi andarono e trovarono…come era stato detto loro.
Carissimi fratelli e sorelle dall’esperienza dei pastori fino al presente, abbiamo la testimonianza di tutti coloro che, messisi in cammino, hanno avuto la felice opportunità di incontrare i segni della salvezza, l’incontro con il Signore della pace.
I Pastori sono l’immagine viva della Chiesa che è appunto il popolo di Dio in cammino, come affermato dal Concilio Vaticano II e ripetutamente richiamato dal santo Padre Francesco.
Una Chiesa in uscita, missionaria così come per primi furono i pastori, i quali “riferirono ciò che del bambino era stato detto loro”. A tale riguardo la relazione di sintesi della prima sessione dell’assemblea generale del sinodo specifica: “piuttosto che dire che la Chiesa ha una missione, affermiamo che la Chiesa è missione…è grazia che accompagna tutta la chiesa…perciò i fedeli laici contribuiscono in modo vitale a realizzarla in tutti gli ambienti e nelle situazioni più ordinarie di ogni giorno. L’esercizio della corresponsabilità è essenziale per la sinodalità ed è necessaria a tutti i livelli della Chiesa (Parte II a ss).
Carissimi fratelli e sorelle, celebrando la solennità della maternità divina di Maria tra incertezza e trepidazione non dobbiamo perdere la bussola del nostro orientamento, essa ha un nome: la persona di Gesù, come abbiamo sentito nel Vangelo proclamato “Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo”.
Ciascuno di noi ha ricevuto Gesù nel Battesimo; sarà necessario renderlo sempre vivo e attuale perché il nostro canto di lode, il nostro “Te Deum” abbia il medesimo spartito di vita gioiosa che fu dei pastori, i quali “Se ne tornarono glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro”.
O Dio, ti chiediamo perdono per tutte quelle volte in cui, nel corso dell’anno che si chiude, non siamo stati capaci di dare il nome di Gesù alle nostre azioni.
Davanti a Dio, in considerazione delle tragedie che affliggono il mondo e ai molteplici problemi della nostra città, delle nostre famiglie, avremo noi la forza e le note giuste per innalzare un inno di ringraziamento al Signore? Certo! Non foss’altro perché egli ci dà l’opportunità di vivere ancora nel tempo e nel tempo d’impiegare la nostra vita, le nostre energie in vista della nostra salvezza contribuendo alla salvezza di coloro con i quali condividiamo il cammino della vita.
Santa Maria, regina della pace, ridesta sempre in noi lo spirito di bene e infondi la forza purificante della grazia divina perché da essa nutriti e fortificati possiamo essere veri costruttori di pace, testimoni autentici di colui che è principe della pace, Gesù Cristo tuo figlio e nostro Signore.