Albania 2016: “Non è mai abbastanza” testimonianza sul progetto Parla più forte

”C’è più gioia nel dare che nel ricevere”. Questo è ciò che ho imparato durante i giorni di volontariato in Albania. L’ho imparato sulla pelle, così da imprimervi il segno perchè alcune sensazioni se non le provi, non le puoi comprendere, perchè vivi la tua vita rendendo enormi problemi futili per poi accorgerti che i problemi sono altri. Siamo partiti dall’Italia in cinque: cinque persone pronte a mettere la propria professionalità al servizio dei più deboli, pronte a donare il proprio tempo per una causa buona e giusta, pronte a mettersi alla prova in una realtà ai più sconosciuta. Arriva un momento, nella vita, in cui ti accorgi che si può fare di più, che si deve fare di più non solo per se stessi, ma anche e soprattutto per chi ci circonda perchè se si è stati fortunati a vivere negli agi, ciò non dà il diritto di dimenticarci di loro, di chi giorno dopo giorno lotta ancora per la sopravvivenza. Siamo stati accolti con amore e calore dalle suore del Divino Zelo, nel centro di Pllane, una piccola oasi di pace in una realtà dai toni ben più cupi. La loro dinamicità, la loro forza, il loro entusiasmo, hanno da subito coinvoto anche noi. E poi è avvenuto l’incontro con loro: nove bambini sordi che hanno trovato in questo Istituto una ragione di vita, un ambiente che, sebbene non possa sotituire in tutto e per tutto quello familiare, riesce a dare loro una speranza nel futuro.

Ho visto nei loro occhi l’allegria, la spensieratezza che ogni bambino ha il diritto ad avere e la gioia mista a curiosità nel vedere noi italiani invadere la loro ”casa”. Sono bambini che, giorno dopo giorno, con grandi difficoltà ma senza perdere mai la forza, fanno piccoli progressi, un passo alla volta, tenuti per mano da queste persone spettacolari che sono le suore. Ed è grazie al loro aiuto che abbiamo potuto , per due giorni ininterrottamente, visitare centinaia di bambini alcuni dei quali mai visti prima da nessun altro medico. Il tutto è stato meticolosamente programmato nei minimi particolari evitando perdite di tempo e rendendo quanto più produttivo il nostro operato. Siamo davvero piccoli di fronte all’enormità dei loro bisogni. In quei giorni ho ricevuto baci, abbracci, sorrisi, sempre semplici e spontanei. Devo dirlo; mi hanno arricchito tanto. E poi c’è stato il gioco di squadra, per non sentirsi mai soli. Il problema della lingua è stato superato grazie all’aiuto delle suore che si sono offerte come interpreti ma capitava spesso di essere compresi ancor prima di venir tradotti perchè il linguaggio del corpo è uguale per tutti. E poi si sa, i bambini hanno doti che noi adulti non potremmo mai comprendere. La bellezza di essere utile agli altri, avere la sensazione di lasciare qualcosa a qualcuno, forse per sempre…Il conforto, una cura amorevole, un’attenzione, una parola, uno sguardo… Questa è stata per me l’Albania. Quando ti trovi in quei luoghi è come se vivessi un’altra vita; una vita vera, lontana dagli impegni quotidiani, dalla tecnologia che isola, dai problemi futili, dal consumismo, una vita autentica fatta di persone autentiche. Fare volontariato ti regala ciò che non potresti trovare neanche nei più grandi magazzini del mondo. Eppure la vita, quella vera, quella fatta di disagi e non sempre facile, l’abbiamo vista percorrendo strade non asfaltate che rendono difficili anche i minimi collegamenti, che rendono ogni bene di prima necessità fuori dalla portata di molti. C’è un mondo che vive lontano dalla civilizzazione, lontano dalle cure mediche, lontano dall’istruzione e mi chiedo cosa sarebbe di loro se non ci fossero realtà, come quella che abbiamo incontrato, capaci di accorciare un pò queste distanze. ”La solidarietà è l’unico investimento che non fallisce mai” come affermava il filosofo e scrittore Henry David Thoreau. E’ un investimento che dà i suoi futti sin dal primo istante. Tutto ciò non sarebbe avvenuto senza un’organizzazione impeccabile come quella che abbiamo trovato nel villaggio a Nord dell’Albania; nulla è stato lasciato al caso. Noi eravamo soltanto la mano ma dietro c’era la mente, cioè loro, le suore di Pllane.Al ritorno resta una gran voglia di voler fare di più perchè, purtroppo, non è mai abbastanza.
Italia, 15-11-2016
Lucia Martino, medico.