Celebrazione di apertura dell’VIII centenario dei Protomartiri Francescani

I santi Protomartiri francescani
Berardo da Calvi (suddiacono), Pietro da S. Gemini (Converso),
Ottone da Stroncone (sacerdote), Accursio e Adiuto di Narni (conversi),
primi martiri dell’Ordine francescano, uccisi in Marocco il 16 gennaio 1220 (Vitale converso)
Canonizzazione di Sisto IV, 7 agosto 1481

Letture della Messa dei Protomartiri
1 Cor 4,9-14 – Salmo 125: Chi semina nel pianto, raccoglie nella gioia
Mt 10,16-22
Letture 2 domenica Tempo Ordinario
Is 49,3.5-6 – Ti renderò luce delle nazioni, perché porti la mia salvezza.
Salmo 39 : Ecco, Signore, io vengo per fare la tua volontà
Gv 1,29-34 – Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo.

Dopo lo stupore e la contemplazione del Natale di Gesù, la Liturgia del tempo ordinario ci accompagna alla comprensione della natura e della missione di Gesù. Personaggi, comparse ed eventi sono narrati dal Vangelo. E noi, con tutti coloro che ci hanno proceduto, insieme a Francesco d’Assisi e ai Santi Protomartiri siamo spettatori e destinatari dell’annuncio evangelico di questa domenica e della festa odierna: la presentazione di Gesù, quale “Agnello di Dio che toglie il peccato del mondo”.
Il Vangelo inizia con una indicazione temporale: il giorno dopo. Quanto si sta per narrare segue il dialogo avuto da Giovanni Battista, il giorno precedente, con i sacerdoti e i leviti, inviati dai Giudei di Gerusalemme, e che gli chiesero: “Tu chi sei?”..
Giovanni confessò “Io non sono il Cristo”.
L’Evangelista Giovanni presenta Giovanni Battista, a differenza dei sinottici, non come precursore ma come testimone: “Venne un uomo mandato da Dio: il suo nome era Giovanni.7 Egli venne come testimone per dare testimonianza alla luce, perché tutti credessero per mezzo di lui.
8 Non era lui la luce, ma doveva dare testimonianza alla luce (Gv 1, 6-8).
Giovanni Battista, vedendo Gesù venire verso di lui, disse: «Ecco l’agnello di Dio, colui che toglie il peccato del mondo!”.
Non viene data indicazione a chi sta parlando Giovanni.
Egli sta richiamando la nostra attenzione per presentarci Gesù, come Agnello di Dio.
Al popolo che attendeva il Cristo, il Messia come Re pastore del suo popolo a cui tutti dovevano sottomettersi, o il Leone di Giuda, Giovanni presenta ufficialmente Gesù come Agnello di Dio.
Il riferimento è all’Agnello Pasquale il cui sangue sugli stipiti delle case aveva risparmiato gli Ebrei dall’angelo sterminatore (Es 12,7-13)
Con la venuta di questo agnello è iniziato un regno diverso, un regno di chi dona la vita per gli altri.
L’altro riferimento è il servo del Signore di Isaia, del quale si dice: come un agnello condotto al macello, che si offre in silenzio… intercedeva per i peccatori. (Is 53,7).
Giovanni Battista introduce noi alla conoscenza di Gesù, vero Messia, sul quale ha preso dimora lo Spirito Santo. Gesù è uno che si comporta da agnello e toglie, (ὁ αἴρων- airein), fa sparire il peccato dal mondo, tutto ciò che fa perdere la vera identità umana e impedisce di vedere il vero volto di Dio (il peccato originale).
Ecco il Messia che dobbiamo seguire-imitare: l’Agnello che dona la vita perché gli uomini vivano in pienezza.

Questa è stata la prospettiva che i santi protomartiri francescani, nel loro percorso testimoniale hanno compreso, istruiti e infervorati dal padre san Francesco. Questi dice nell’ Ammonizione n. 6: “Guardiamo, fratelli tutti, il buon pastore che per salvare le sue pecore sostenne la passione della croce. Le pecore del Signore lo seguirono nella tribolazione e nella persecuzione e nell’ignominia, nella fame e nella sete, nell’infermità e nella tentazione e in altre simili cose e ne ricevettero dal Signore la vita eterna”. (FF 135)

I santi Protomartiri: Berardo da Calvi (suddiacono), Pietro da S. Gemini (Converso), Ottone da Stroncone (sacerdote), Accursio e Adiuto di Narni (conversi), dei quali celebriamo gli 800 anni del martirio, sono tutti figli della nostra terra, della Bassa Umbria e appartenenti alla nostra Chiesa diocesana di Terni-Narni-Amelia.
Essi, novelli cavalieri della Tavola Rotonda, si presentarono come “ambasciatori del Re dei re cioè Gesù Cristo Signore”, sono gli eroi, che hanno dato la vita per Cristo e che ancora oggi applaudiamo.
Noi siamo santamente orgogliosi nel vedere iscritti nell’albo dei santi della Chiesa questi fedeli, stirpe della nostra terra. Il loro sangue ha fecondato la nostra Chiesa ed è stato seme di cristiani (Tertulliano), padri della nostra fede. Ma anche a noi è quanto mai opportuno ricordare l‘ammonizione del Padre San Francesco: “Perciò è grande vergogna per noi servi del Signore il fatto che i santi operarono con i fatti e noi raccontando e predicando le cose che essi fecero ne vogliamo ricevere onore e gloria”. (FF155)

L’ottavo centenario dei Protomartiri deve essere l’occasione per comprendere in profondità le ragioni del loro desiderio di santità, che passa attraverso il martirio e soprattutto trovare la nostra via personale alla santità.
Una prima considerazione per un corretto approccio alla vicenda dei protomartiri è quella di collocarla nel contesto storico del tempo, evitando di usare le categorie culturali di oggi per valutare o sminuire fatti e imprese di 8oo anni addietro.
I cinque protomartiri all’inizio del XIII secolo, erano giovani, persone semplici, come la maggior parte dei contemporanei, dediti al lavoro dei campi e di limitata istruzione.
L’incontro con Francesco d’Assisi, che più volte ha attraversato e sostato nelle nostre contrade, è stato per loro la scintilla, che ha moltiplicato l’amore e l’ardore per Gesù, portandoli a vivere con entusiasmo, nella fraternità francescana, secondo il santo Vangelo nello stile degli apostoli e della prima comunità cristiana.
“ Erano assidui all’insegnamento degli Apostoli, alla comunione, alla frazione del pane e alla preghiera” (At 2,42-47)
Il tutto vissuto nello stile nuovo, singolare e un po’ geniale del Poverello d’Assisi, personalità al di fuori del comune, capace col suo carisma, di muovere i cuori, gli entusiasmi e le volontà.

L’amore per Gesù e la sua imitazione fino alla morte, la vita povera e di fraternità secondo le indicazione del santo Vangelo, vissuto sine glossa, l’esempio attrattivo del Padre Francesco e il desiderio di raggiungere la santità per la via diretta del martirio erano la base di quella forma di vita che li portava in santa letizia a predicare in maniera itinerante il Vangelo e invitare tutti alla conversione e alla adesione a Gesù.
Il desiderio di convertire ogni uomo a Cristo, anche a rischio della vita, era molto vivo in quel tempo, che non dimentichiamo, era tempo di eresie e di crociate per la liberazione del santo sepolcro.
L’ardore missionario, impresso da Francesco alla sua fraternità, la ferma convinzione che senza la fede e il battesimo gli uomini erano destinati alla dannazione eterna, spinsero questi ed altri frati ad a recarsi, in fraternità, a predicare nelle varie contrade d’Europa e del vicino Oriente, a volte anche in maniera temeraria col rischio di persecuzioni e, come avvenuto, anche della morte.

A noi, oggi la vicenda di questi uomini può apparire al limite della provocazione e incomprensibile e credo che nessuno oserebbe agire similmente ai nostri giorni.
Una vicenda, ritenuta per anni, anche all’interno dell’Ordine Minoritico, imbarazzante e in contrasto con l’atteggiamento dialogante di Francesco. Abbiamo appena celebrato l’ottavo centenario dell’incontro di Francesco col Sultano d’Egitto.
Eppure lo stesso Francesco ardeva dal desiderio di subire il martirio e si era adoperato per realizzarlo, senza riuscirci. Dello stesso desiderio ardeva santa Chiara.
Un giovane religioso, Fernando da Lisbona abbandona il chiostro e la sua congregazione dei Canonici agostiniani, alla vista dei cinque frati, martirizzati in Marocco, per seguirli nella esperienza francescana e imitarli nel martirio. Quel giovane assunse il nome di frate Antonio e per i misteriosi disegni di Dio non subì il martirio, ma diventò S. Antonio di Padova.

La chiave di lettura di tanto ardore è l’amore per Gesù fino alla morte, la considerazione del martirio come espressione radicale della sequela Christi e vertice di una ipotetica scala gerarchica della santità.
Studi recenti indicano il punto focale dell’esperienza dei Protomartiri nell’affermazione che i cinque frati, dopo che fu emessa la sentenza di morte, si ripetevano l’un l’altro: ”Orsù fratelli! Abbiamo trovato quello che cercavamo: siamo costanti e non temiamo di morire per Cristo!”.

In questo centenario credo che la famiglia francescana e la nostra Chiesa diocesana debbano dedicarsi a riscoprire il senso e l’attualità di questi santi martiri, che certamente hanno fecondato la Chiesa, l’Ordine e la stessa diocesi.
Gli atti del convegno di studi, celebrato a Terni 10 anni addietro, sono strumento scientifico all’altezza per un corretto approccio alla vicenda e alle gesta di questi santi martiri.
Ma la ricorrenza celebrativa deve condurre e spingere tutti noi a imitarli nel desiderio di diventare santi, nella testimonianza=martirio efficace ai nostri giorni.
Al centro sta l’amore e la sequela di Gesù, Agnello di Dio che si offre, si dona per amore di tutti gli uomini.
Papa Francesco nella Esortazione apostolica Gaudete et Exultate, invita ognuno a trovare la propria via di santità:
«Ognuno per la sua via», dice il Concilio. Dunque, non è il caso di scoraggiarsi quando si contemplano modelli di santità che appaiono irraggiungibili. Ci sono testimonianze che sono utili per stimolarci e motivarci, ma non perché cerchiamo di copiarle, in quanto ciò potrebbe perfino allontanarci dalla via unica e specifica che il Signore ha in serbo per noi. Quello che conta è che ciascun credente discerna la propria strada e faccia emergere il meglio di sé, quanto di così personale Dio ha posto in lui (cfr 1 Cor 12,7) e non che si esaurisca cercando di imitare qualcosa che non è stato pensato per lui. Tutti siamo chiamati ad essere testimoni, però esistono molte forme esistenziali di testimonianza.

“Tutti siamo chiamati ad essere santi vivendo con amore e offrendo ciascuno la propria testimonianza nelle occupazioni di ogni giorno, lì dove si trova. Sei una consacrata o un consacrato? Sii santo vivendo con gioia la tua donazione. Sei sposato? Sii santo amando e prendendoti cura di tuo marito o di tua moglie, come Cristo ha fatto con la Chiesa. Sei un lavoratore? Sii santo compiendo con onestà e competenza il tuo lavoro al servizio dei fratelli. Sei genitore o nonna o nonno? Sii santo insegnando con pazienza ai bambini a seguire Gesù. Hai autorità? Sii santo lottando a favore del bene comune e rinunciando ai tuoi interessi personali”. (GE 14).

In questo tempo di indifferenza religiosa e ostilità nei confronti dei valori evangelici occorre avere coraggio di testimoniare la fede e l’amore per Gesù e l’amore per gli uomini, per i quali Gesù ha donato la vita. Come Giovanni Battista, testimone della Luce, i santi Protomartiri.

Questo santuario, che unisce nella venerazione i protomartiri e s. Antonio di Padova, diventi, per la nostra diocesi, memoria e testimonianza di martirio e di santità, di ricerca della pace e di dialogo per la comprensione tra i popoli, le religioni e le nazioni, secondo gli insegnamenti attuali della chiesa, nello stile trasmessoci dal padre san Francesco.

Il Signore conceda anche a noi di dargli la testimonianza della vita, come i Protomartiri hanno dato quella del sangue.