“Imparate a fare il bene, cercate la giustizia” è il tema della Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani, che si celebra nel mondo dal 18 al 25 gennaio. A Terni lunedì 23 gennaio nella parrocchia Santa Maria del Carmelo si è tenuta la celebrazione ecumenica della Parola di Dio presieduta dal vescovo Francesco Antonio Soddu, con il pastore Pawel Gawjeski, padre Vasile Andreica.
All’invito alla preghiera per rafforzare l’unità dei cristiani, per aprire i cuori e riconoscere con coraggio la ricchezza dell’inclusione e i tesori della diversità, è seguita la lettura di un brano della lettera di San Paolo apostolo agli Efesini e la riflessione del pastore Pawel Gawjeski che, rifacendosi al teologo protestante Karl Barth, ha sottolineato che per le chiese cristiane, manifestazione dell’unica chiesa di Gesù Cristo, è necessario “riappropriarsi dell’antico testamento, per conoscere le scritture che Gesù leggeva e imparava, e per scorgere nel patrimonio del popolo ebraico quella promessa che per noi si compie in Gesù”. E’ seguita la lettura del Salmo 42 e quindi del brano del vangelo di Matteo con la riflessione del vescovo Soddu che ha sottolineato la centralità di imparare a fare il bene: “Il bene non è una teoria, ma il bene è fare, è azione di vita, prendersi cura dei poveri e sofferenti. Un invito valido per tutti, facendo riferimento al bene assoluto che è Dio che si è identificato nel fratello più bisognosi. Nel ricercare la giustizia deve essere eliminata ogni forma di ingiustizia ciò che reca danno dall’altro. Chiediamo al padre di renderci capaci di seguire la via della pace per vivere come fratelli tra noi”. Azione e testimonianza, per tradurre la Parola del Vangelo in azione di vita, come l’impegno nella carità, in particolare negli ultimi tempi attraverso i corridoi umanitari e l’accoglienza dei rifugiati come è stato testimoniato da Federico della Comunità di Sant’Egidio di Roma: “da circa sette anni è partito questo progetto – ha detto -. Le storie di viaggi strazianti, morti in mare, bambini e donne abbandonati a se stessi hanno portato a questi corridoi umanitari per aprire una porta a coloro che fuggono dalla guerra e da situazioni di disperazione. Impegno nato da cristiani di diverse confessioni insieme, cristiani che hanno aperto case e messo a disposizioni risorse e volontariato e iniziato dalla visita ai campi profughi in Libia, Etiopia e Grecia, Afganistan, persone con situazioni di grave fragilità che sono potute arrivare in paesi di accoglienza in modo sicuro e poi iniziare un nuovo percorso di vita”.
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