Dinanzi al mistero della morte, anche quando questa arriva per così dire in maniera naturale e in un certo senso ormai anche attesa, si rimane sempre e comunque spiazzati.
Ogni parola e ogni azione mettono inevidenza una sorta di resa dinanzi alla vita ormai spenta.
Soltanto la forza della Parola di Dio ci suggerisce parole adatte; Quelle che, andando oltre la retorica mettono in luce la fede vissuta durante la vita e che sola può traghettare il credente fino alla meta finale, oltre la vita fisica, al cospetto del Dio della vita, per acquisire pienamente e godere definitivamente della Pasqua del Signore risorto.
Il brano del Vangelo proclamato, proposto dalla chiesa come icona per la tappa del cammino sinodale in corso, accompagna l’intero nostro itinerario di fede nel Signore crocifisso e Risorto, il nostro progressivo entrare nella comprensione della sua Parola di salvezza, il nostro alimentarci alla mensa della sua parola e del suo corpo.
Accompagna l’intero nostro cammino terreno ed introduce il percorso finale e definitivo del nostro fratello don Carlo in ciò che è il culmine e il compimento della vita Cristiana, l’incontro col Cristo crocifisso, risorto e glorioso, in cui egli ha creduto e al quale ha consacrato la vita rispondendo con gioia e dedizione al dono della vocazione cristiana, nell’esercizio del sacerdozio ministeriale.
La vita di don Carlo la vedrei interamente unita ai due di Emmaus.
Con loro egli ha avuto la felice opportunità di percorrere la strada della vita in compagnia sia del Signore Risorto, sia di coloro che lo avevano visto, amato, sentito, toccato.
Con loro, che in fin dei conti sono l’emblema della Chiesa, ha speso i suoi passi, ha condiviso le fatiche, ha interiorizzato il nutrimento della fede…e con loro ha condiviso il percorso gioioso dell’incontro col Signore risorto presente nel sacramento dell’Eucaristia che ha potuto celebrare fino a quando le forze glielo hanno permesso e di cui mai si è stancato di nutrirsi fino a quando gli veniva portata a casa.
La nostra vita, di cristiani innanzitutto, la nostra vita di preti, non può avere altro itinerario da percorrere: quello che dal sepolcro vuoto di Cristo, su cui si fonda la nostra fede, ci riporta, mediante l’ascolto della parola e la mensa eucaristica, alla comunità dei fratelli e delle sorelle per condividere l’annuncio che, acceso nel cuore riscaldato dalla voce del Risorto, rimesso cioè in moto dalla travolgente notizia fatta presenza di colui che è la vittoria sulla morte, infonde luce e speranza di vita eterna.
Avantieri pomeriggio, dopo aver amministrato il sacramento dell’unzione degli infermi a don Carlo, mi venivano in mente le parole espresse dai due discepoli di Emmaus rivolte a Gesù al termine del viaggio: “Resta con noi perché si fa sera….” Ma nel volto stanco e pure sereno di don Carlo intuivo che quello sarebbe stato anche il nostro congedo. Il mio congedo da lui; ed insieme portavo il congedo di tutta la nostra famiglia presbiterale, cittadina e diocesana.
Tutti voi avete certamente tanti più ricordi di quanti ne possa avere e raccontare io, giacché il Signore ha voluto che lo potessi incontrare e vedere nel pieno possesso delle sue energie soltanto una volta: quando cioè venni a Terni subito dopo l’annuncio della nomina a vescovo; in quella circostanza visitai la cattedrale ed ebbi l’opportunità di vederlo, così come dalle tante testimonianze ascoltate: ben dritto rivestito della sua veste talare.
Dopo furono soltanto visite a casa.
In quelle visite, sempre accolte con gioia e riconoscenza, la preghiera era costantemente presente e quasi palpabile: quella del rosario, in collegamento e in comunione con Lourdes, quindi con tutti gli ammalati, i barellieri e damine dei quali era stato per anni assistente. E la preghiera dell’ufficio, attraverso il breviario a bella vista e sempre a portata di mano poggiato sul tavolo del suo soggiorno. Ma non mancavano i racconti della giovinezza, del suo ministero, della vita diocesana di un tempo; dei tanti viaggi e pellegrinaggi organizzati.
Di tutti riportava minuziosamente particolari, immancabilmente conditi con battute simpatiche e spiritose.
“Scrivi beati i morti che muoiono nel Signore…”
Carissimi fratelli e sorelle questa beatitudine del libro dell’apocalisse si affianca a quelle pronunciate da Gesù nel contesto del cosiddetto discorso della montagna e, raccolta anche dall’esperienza di s. Francesco di Assisi che, specialmente in quest’anno giubilare del poverello, gettano ulteriore luce, conforto e conseguente speranza a noi e a tutti i credenti in Cristo: “beati quelli ke trovarà ne le Tue santissime voluntati, ka la morte secunda no ‘l farrà male”.
Giancarlo Romani nacque a Terni il 13/maggio/1930, venne Ordinato presbitero all’età di 24 anni il 27 giugno 1954 da S. E. Mons. Gianni Battista Dal Prà.
Dopo aver conseguito il baccalaureato in teologia, ha svolto il ministero in Cattedrale, prima come vicario parrocchiale e successivamente, dopo essere stato parroco a San Zenone, come parroco della medesima Cattedrale di Santa Maria Assunta. Tale ministero è stato ricoperto per bel 57 anni: dal 1959 al 2016.
È stato insignito del titolo di Cappellano di Sua Santità ed ha ricoperto fino alla morte le insegne di Priore del Canonici della Cattedrale e Priore del medesimo Capitolo.
È stato Assistente diocesano dell’U.N.T.A.L.S.I.
Decano del presbiterio; Commendatore e assistente spirituale dell’Ordine equestre.
È stato membro del Consiglio presbiterale interdiocesano e dei vari organismi di partecipazione.
Per quarant’anni, come insegnante di religione cattolica presso il Liceo scientifico Galilei di Terni e presso il Liceo Scientifico Donatelli di Terni, è stato punto di riferimento per generazioni e generazioni di giovani, che ha seguito umanamente e spiritualmente anche in seguito; attivandosi a favore del loro inserimento nel mondo del lavoro.
Don Carlo è stato anche studioso appassionato della storia di Terni; negli anni ha pubblicato diversi libri:
– La Cattedrale di Santa Maria Assunta di Terni
– Chiesa e società ternana nell’età napoleonica
– La Chiesa ternana dalla guerra alla ricostruzione
– L’episcopato di Mons. Vincenzo Tizzani
– La Chiesa ternana durante la Repubblica Romana
– Memorie di Chiese ternane dopo l’unità d’Italia.
Particolarmente sensibile alla formazione dei ragazzi e giovani, ha promosso e incrementato l’oratorio della Cattedrale intitolato a San Gabriele, come punto di riferimento per i giovani della città.
Secondo le molteplici testimonianze acquisite, egli si distinto per essere stato vicino ai sacerdoti con affabilità ed amicizia, in modo particolare a quelli presenti nella città di Terni.
Ha curato che fosse conosciuta la figura esemplare di Giunio Tinarelli operaio delle acciaierie affetto da artrite anchilosante per oltre trent’anni e ne ha promosso la tumulazione all’interno di questa Cattedrale. Di Giunio Tinarelli è stato vice postulatore per la causa di beatificazione.
Per tutto questo, a nome di tutti… non posso non dire un grande grazie a Dio per il dono di questa vita: per il dono di don Carlo alla società civile, alla Chiesa, alla famiglia presbiterale.
“Riposeranno dalle loro fatiche perché le loro opere li seguono”.
Con questi fugaci ricordi affidiamo a Dio la vita di don Carlo, sazia di anni e colma di opere buone, quelle a noi note e quelle che solo Dio conosce.
La nostra presenza oggi, insieme alla gratitudine per quello che egli è stato per questa Chiesa e per la città di Terni, sia anche l’espressione viva della comunione dei santi che, fondata in Cristo, conferisce sostanza piena al suffragio.
Voglia il Dio della vita consumare nel fuoco della sua misericordia quanto per la fragilità umana ha lasciato incompiuto.
La Vergine Assunta in Cielo accolga tra le sue braccia materne l’anima di don Carlo e lo consegni al Padre Celeste perché possa godere in eterno la pace dei giusti.