“Quaranta giorni dopo la nascita, secondo la legge di Mosè, Gesù viene presentato al tempio: è Dio che viene incontro al suo popolo”. il Messale Romano, nel presentare la festa odierna con queste parole trasmette immediatamente il senso dell’avvenimento narrato dai Vangeli: Dio che viene incontro al suo popolo.
Tutti i misteri di Cristo, che verranno celebrati durante il ciclo dell’anno liturgico, iniziano -per così dire- ad essere comunicati, spiegati e vissuti in questa liturgia con questi gesti e con questi segni.
Elementi, tra i più importanti, tratti dal Vangelo e offertici dalla Liturgia di quest’oggi, sono la luce, il tempio, la legge. Cerchiamo perciò di cogliere qualche tratto essenziale del loro ben più vasto significato, così da poter essere edificati nella fede.
Innanzitutto La luce. Durante il tempo del s. Natale abbiamo avuto modo di contemplare quella luce speciale e unica che veniva nel mondo: Gesù Figlio di Dio, la luce vera, in opposizione alle tenebre del male e del peccato, annunciata già dal vaticinio del profeta Isaia (9,1): “Il popolo che camminava nelle tenebre ha visto una grande luce”.
Questa luce, lo abbiamo sentito nel Vangelo della Messa del giorno del s. Natale, è una luce che non è riservata ad alcuni eletti, ma è per tutti.
“La luce splende nelle tenebre, eppure le persone hanno preferito le tenebre alla luce…a quanti lo hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio…”.
Quante altre considerazioni si potrebbero fare sull’elemento della luce!
Anche in questo nostro tempo, a distanza di secoli, tocchiamo con mano il contrasto tra questa grande verità e l’evidenza delle cose negative riferite ai fatti che quotidianamente accadono nel mondo, nella società in generale, fino al nucleo delle famiglie.
Sono questi fatti la ripercussione evidente di quanto alberga nel cuore e nella mente delle persone.
Un dato ineludibile è che la luce deve essere accolta, necessariamente, per il fatto stesso che c’è; di conseguenza nella misura in cui la si accoglie, le tenebre scompaiono all’istante.
Scompaiono se ci si apre alla luce, se si aprono le porte del cuore, della mente, dello spirito, della volontà, del desiderio, di tutto noi stessi.
Come non ricordare a proposito le parole accorate di s. Giovanni Paolo II, pronunciate all’inizio del suo pontificato: “Non abbiate paura! Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!”
Da questo, per i credenti, per noi, come singoli e come comunità, ne consegue che se si desidera la pace non vi è altra via alternativa da seguire e da accogliere diversa da quella della persona di Cristo luce del mondo; questo perché lui solo ha vinto il male, le tenebre del peccato e della morte. Lui infatti è la via la verità la vita.
Tempio e legge.
Gesù viene presentato al Tempio.
Assoggettandosi alla legge egli la completa e la realizza pienamente nel tempio del suo corpo; e da questo tempio dà all’umanità rinnovata la capacità di adorare Dio in spirito e verità.
Perciò attraverso il dono della sua Pasqua, nel Battesimo rende ciascuno di noi tempio dello Spirito Santo, ossia dimora di Dio. Che grande onore, che grande dono: Essere la dimora di Dio.
Poterlo portare dentro di noi e in noi. Colui che i cieli e i cieli dei cieli non possono contenere (1Re 89) non disdegna di entrare nella dimora della nostra vita.
Cari fratelli e sorelle, nella salvaguardia della nostra casa non ci capiti di vederlo sfrattato a causa della sia pur minima disattenzione.
Ci conceda il Signore di poter portare avanti la cura di noi stessi in lui e la cura di lui in tutta la nostra vita. Di essere il riflesso luminoso, nonostante tutto, anzi in forza di tutto ciò che ci accade, di essere il riflesso luminoso di Lui che ha vinto le tenebre e ha dato al mondo la luce vera.
In tutto questo si comprende come il significato della legge acquista ulteriore forza e si riveste di un nuovo aspetto che è quello dell’amore, della carità.
La legge non si riduce pertanto a una fredda e sterile osservanza di precetti, ma si dilata fino agli estremi confini dell’amore.
E nel momento in cui ci si accorge di aver raggiunto un ipotetico limite ci si rende conto che l’amore continua ancora oltre …fino a raggiungere l’irraggiungibile, immettendosi in Dio. Questo nostro Dio, però, si è fatto per noi raggiungibile nella persona di Gesù Cristo.
Egli, per mezzo del sì di Maria fa il suo ingresso nel mondo; per le mani di Maria e di Giuseppe, entra nel tempio, e desidera di essere accolto nella casa della nostra vita.
Il Vangelo, nel presentarci le persone di Simeone e Anna, ci consegna lo spirito con il quale accogliere il Signore. Anzi, prima di tutto ci consegna l’atteggiamento con il quale attendere questa luce.
Di entrambi i vegliardi è detto che non si erano mai stancati di attendere e, nonostante l’età avanzata, continuavano ancora ad attendere. Questa loro perseveranza venne ripagata, venne esaudita.
Sembra quasi che il motivo unico della loro esistenza fosse tutto contenuto, inquadrato e condensato in quel singolo momento, in quel singolo atto dell’incontro col bambino Gesù.
Quanto abbiamo da imparare da Simeone e Anna! La loro vita tutta un’attesa dell’incontro e l’incontro apice dell’attesa.
E qui, al Tempio, nell’incontro col bambino Gesù, ritorna sfolgorante l’elemento luce, quasi come fosse la trasfigurazione dell’attesa: “…perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele”.
Carissimi fratelli e sorelle, noi tutti abbiamo ricevuto la luce di Cristo e perciò abbiamo il compito di custodirla nella vigilanza, come le vergini della parabola evangelica, in attesa del nostro incontro finale con il Signore, sposo della Chiesa. Ben consapevoli che non si tratta puramente di un elemento sensibile, quanto piuttosto della vita stessa, della persona stessa del Signore Gesù.
Il nostro itinerario ecclesiale di fede, il nostro cammino sinodale, abbia il medesimo dinamismo, ossia carico di attesa: attesa fiduciosa dell’incontro. Nella consapevolezza che se un’attesa – qualsiasi tipo di attesa- è sincera, cioè fiduciosa dell’incontro, essa stessa ne è colma, in quanto sostanza e presenza sempre attuale dell’incontro.
Diversamente saremmo portati inesorabilmente ad abbandonare l’itinerario, il cammino e forse anche la nostra vocazione, in quanto vuota, privata del motivo per cui si attende. Simili a quei bambini di cui san Paolo nella Lettera agli Efesini “sballottati e portati qua e là da ogni vento di dottrina…”(Ef 4)
Carissimi fratelli e sorelle oggi celebriamo la giornata per la vita consacrata; il nostro andare incontro al Signore con le lampade accese sia un itinerario di preghiera che, partendo dall’ascolto della sua Parola illumini, sostenga e nutra l’intera nostra vita per confluire infine nella luminosità del suo volto.
Allora, come dalle parole del profeta Isaia, in quell’incontro ultimo-finale-apicale, che diventa però attuale e a noi contemporaneo attraverso il quotidiano incontro con i nostri fratelli e sorelle specialmente poveri e bisognosi, potremo gustare il pieno riconoscimento di colui che abbiamo atteso: “Ecco il nostro Dio, in lui abbiamo sperato”.
Maria Santissima, ammantata della luce del Figlio, ricoperta dall’ombra dello Spirito Santo, mentre ci suggerisce il metodo per accogliere suo figlio non si stanchi mai di sussurrare al nostro cuore il segreto di ogni attività animata dalla preghiera, con le parole: “Fate quello che lui vi dirà”.
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