Natale 2016 – Celebrazione prenatalizia all’accieria di Terni

Seguendo una antica tradizione, tutta la nostra città, rappresentata dalle Istituzioni si ritrova attorno alla grande famiglia delle Acciaierie, ai lavoratori, impiegati, dirigenza, proprietà per uno scambio di auguri in una delle feste più importanti e sentite dell’anno. L’atmosfera natalizia ravviva i ricordi, accende la speranza, rafforza le attese di benessere e l’impegno per un futuro migliore.
Tutto ciò lo sintetizziamo ed esprimiamo con le espressioni degli auguri reciproci, ma soprattutto con la celebrazione dell’Eucarestia nella quale le parole che pronunziamo sono rese efficaci dalla presenza di Gesù Cristo, che rinnova il mistero del Natale.
Per noi cristiani le parole dettate dalla convenienza civile, oggi diventano atto religioso in questo luogo, cattedrale dell’operosità umana e civile, tempio dove la fatica dell’uomo si trasforma in sacrificio e preghiera elevata a Dio creatore per il progresso umano, civile e religioso di ognuno, per il benessere della società, per la partecipazione all’opera creatrice di Dio.
So che in passato la partecipazione a questa celebrazione era più corale: i tempi cambiano, le sensibilità anche, molti cristiani si sono intiepiditi, alcuni si pongono in maniera critica verso la Chiesa, l’indifferenza religiosa ha allargato i confini. Non stiamo qui ad invilupparci in un piagnisteo inconcludente, ma come “piccolo gregge” di evangelica memoria, siamo a dar voce all’anelito di fede e all’invocazione di bene, di giustizia, di lavoro e di pace per singoli, famiglie, fabbriche, città e nazione.
Nella consapevolezza che la preghiera fiduciosa e comune ottiene quanto la presunzione delle sole forze umane non riescono e non possono procurare.
La celebrazione religiosa del Natale, soprattutto la celebrazione del mistero di Natale attraverso la Messa attualizza e rende presente quanto Dio ha deciso di realizzare tra gli uomini e con gli uomini. Innanzitutto attraverso la Parola di Dio proclamata, e poi la preghiera Eucarestica.

Nella storia del Popolo di Dio è stata sempre grande l’attesa per la venuta del Messia, ma le attese erano soprattutto di natura cultuale, religiosa e politica.
Nel racconto dei Vangeli la venuta del Messia e la sua identità si sarebbero rivelate soprattutto quale manifestazione dell’amore di Dio per e tra gli uomini e elevazione della dignità degli uomini fino a raggiungere la familiarità con Dio.
Il brano del vangelo di Matteo, scritto soprattutto per annunciare ai cristiani provenienti dall’Ebraismo la natura del Messia, ne è un esempio.
Giuseppe, sposo di Maria, da uomo giusto, cioè osservante della legge di Dio, di fronte alla maternità di Maria, si interroga su cosa voglia il Signore da lui.
E Dio gli rivela che quel bambino è suo figlio, figlio di Maria e di Spirito Santo, vero Dio e vero uomo. Giuseppe dovrà adottare quel figlio, che perciò sarà pienamente anche suo, al quale imporrà il nome di Gesù, cioè salvatore: Dio che salva l’umanità dai peccati, dal male.
E Gesù-salvatore è venuto a salvare l’umanità e ciascuno di noi dai nemici che ci disumanizzano, dalle passioni, dai rancori profondi, dall’odio, dalle dissolutezze, dai vizi, dai crimini e dalle aberrazioni che ci fanno scadere al livello delle belve.
Da questi nemici Gesù ci libera e ci salva oggi, ma noi ci interroghiamo se vogliamo accoglierlo e farlo entrare come salvatore nella nostra vita?
Giuseppe, dopo Maria, ha conosciuto per primo colui che salva.
Giuseppe come Abramo ha capito cosa Dio vuole da Lui. Crede e si affida. Senza dire una parola prende in sposa Maria e collabora al Disegno di Dio.

Sarà Emanuele, Dio con noi, Dio che pone la tenda tra noi, che vive tra le nostre case, che si accompagna all’uomo, che si fa carico dei pesi, delle miserie, dei peccati degli uomini.
E’ una realtà straordinaria, che come per Giuseppe è difficile da comprendere, ma che per il cristiano è fonte di commozione e di gioia che dà senso e serenità anche nelle situazioni più critiche. Pensiamo ai sentimenti di san Francesco di fronte al Natale, pensiamo alla forza e al coraggio dei martiri, pensiamo all’ardore e alla intraprendenza dei santi.

Gesù nella vita ha realizzato questa vicinanza in una normalità che ci appartiene, vivendo e lavorando come ogni uomo. Ha imparato e appreso il mestiere di carpentiere da Giuseppe e lo ha esercitato per 30 anni nel silenzio e nel nascondimento della piccola città di Nazaret, diventando strumento della redenzione dell’uomo e del mondo, da lui compiuta con la sua stessa vita terrena.
Richiamando le parole pronunziate in questo luogo dal papa San Giovanni Paolo II nel 1981, possiamo essere aiutati ad avvicinarci a Gesù Cristo Figlio di Dio fatto uomo:
“Così, dunque, desidero esprimere la convinzione che questa odierna (visita) festa rafforzerà e consoliderà il vostro incontro con il Vangelo del lavoro. Spero che essa avvicinerà il grande banco del lavoro moderno, al quale qui a Terni operano migliaia di uomini, a quel modesto banco del carpentiere Giuseppe di Nazaret, al quale si presentava come lavoratore Gesù Cristo, figlio di Dio e figlio dell’uomo. E spero che, in questa prospettiva, potrete vedere in una luce più piena il valore e il senso del vostro lavoro e di tutta la vostra vita”.

Infine Gesù è venuto sulla terra e ha donato la sua vita fino alla morte per affermare la giustizia e l’amore per gli uomini specie i piccoli, i poveri, gli emarginati. Un amore che è diffuso nei nostri cuori e che Egli vuole diffondere in tutti i tempi e luoghi attraverso i suoi discepoli, i cristiani, tutti noi.
Impresa difficile e ardua, ma anno dopo anno ognuno con buona volontà può consentire al Signore di completare l’opera iniziata nel primo natale.

Il Natale di quest’anno è reso dimesso a motivo della sofferenza che ha colpito le popolazioni terremotate e anche per tanta povertà sempre più diffusa. Lo stesso mondo del lavoro non vede diminuire la disoccupazione, anzi il rischio di nuovi disoccupati si fa reale (penso ai lavoratori del Gruppo Novelli) né si allarga la qualità dell’impiego.
E tuttavia la solidarietà dimostrata verso i terremotati, anche il questo luogo, è un segno di recupero dei valori natalizi dello scambio di doni tra gli uomini, come lo è tra Dio e l’umanità.

Desidero esprimere il mio augurio e benedizione riprendendo le parole pronunziate in questo luogo dal Papa San Giovanni Paolo II nel 1981, ora avvalorate dal cielo.
“Mentre auguro ogni bene per voi, penso, oltre che al vostro lavoro, anche alle difficoltà che ad esso sono inerenti; penso ai vostri progetti per il futuro; penso alle vostre famiglie, ai vostri bambini e ai vostri ammalati. Tutti benedico e tutti porto con me nel cuore, invocando su ciascuno le più abbondanti grazie celesti”.
Prego Dio ardentemente per il bene di tutti:
-perché siano realizzate le vostre giuste aspirazioni;
-perché siano superati i momenti ed i motivi di crisi;
-perché il lavoro non sia mai una alienazione per nessuno;
-perché, al contrario, esso sia da tutti onorato come merita,
così che vi trionfi la giustizia e ancor più l’amore;
-perché l’ambiente di lavoro sia realmente a misura d’uomo,
e l’uomo possa apprezzarlo come un prolungamènto della propria famiglia; perché il lavoro aiuti
l’uomo ad essere più uomo; e perché con l’impegno di tutti, si possa raggiungere la costruzione di
una nuova società e di un mondo nuovo, nella piena attuazione della giustizia, della libertà e della
pace”.