Questa celebrazione, cari fratelli e sorelle, è molto cara al popolo cristiano. Inizia il triduo Pasquale ed è il cuore un po’ della nostra vita. Inizio del triduo sacro di Gesù Cristo, Crocifisso morto e risorto. Non una preparazione alla Pasqua, ma la celebrazione della Pasqua che avviene in tre giorni, in cui Cristo, morendo ha distrutto la morte e risorgendo ha ridato a noi la vita come dice il prefazio Pasquale. E nel segno della cena si anticipa la passione, la morte e la risurrezione di Gesù. Inoltre, Gesù rinnova nel suo corpo e nel suo sangue la nuova ed eterna alleanza. Noi celebriamo ogni domenica la cena del Signore, il memoriale della Pasqua del Signore, ma forse, la forza dell’abitudine non fa comprendere la ricchezza e bellezza di ciò che facciamo. Gesù in mezzo a noi nei segni della parola, dei ministri, della comunità, del pane e del vino, nella ripetizione dei suoi gesti e delle sue parole, rinnova per noi la cena pasquale, la sua passione, morte e Risurrezione.
Gesù vivo e vero è con noi, tra di noi e in noi. In ciò che Gesù ha fatto, vi è un insistenza rimarcata ripetutamente nelle letture che sono state proclamate. Nella seconda lettura: “fratelli io ho ricevuto dal signore quello che a mia volta vi ho trasmesso”. Il Signore Gesù nella notte in cui veniva tradito prese il pane e dopo aver reso grazie lo spezzò e disse “Questo è il mio corpo che è per voi. Fate questo in memoria di me”. E’ come un ritornello che suona nel nostro cuore, nelle nostre assemblee, un ordine perentorio dato da Gesù, dopo aver compiuto dei gesti strabilianti. Fate questo in memoria di me. Non è un semplice suggerimento, è un ordine, ed è un ordine a fare ciò che lui ha fatto e di farlo in sua memoria. Allo stesso modo dopo aver cenato prese il calice dicendo: “questo calice è la nuova alleanza nel mio sangue. Fate questo ogni volta che ne bevete in memoria di me”.
Cari fratelli e sorelle, ci viene ripetuto rinnovato con tanta insistenza da Gesù ciò che noi dobbiamo fare e nell’eucaristia noi rinnoviamo il memoriale dell’ultima cena, della Pasqua, lo facciamo per noi finché egli venga. Fino alla fine del mondo, fino al ritorno del Signore. Nel Vangelo di Giovanni, Gesù sottolinea il suo amore non solo nel gesto di donare il pane e il vino, se stesso, ma anche nella consegna del comandamento dell’amore nella forma del servizio. C’è la consegna del servizio: cominciò a lavare i piedi dei discepoli e ad asciugarli. Poi Gesù rimarca: “se dunque io, il Signore è il maestro ho lavato i piedi a voi, anche voi dovete lavare i piedi gli uni gli altri” e poi anche qui si ripete quel ritornello: “io vi ho dato un esempio perché anche voi facciate come io ho fatto a voi”: Fate questo dice Gesù: ciò che io ho fatto a voi. Accanto al vangelo viene ricordata la consegna del comandamento dell’amore vicendevole: “vi do un comandamento nuovo, come io ho amato voi così amatevi anche voi gli uni gli altri. C’è questo ritornello che viene ripetuto in maniera assillante: “Fate questo in memoria di me, fate come io ho fatto”. Che cosa dobbiamo fare? Dobbiamo rinnovare, innanzitutto, il memoriale della Pasqua, la nuova ed eterna alleanza per ciascuno di noi delle nostre comunità per il mondo intero. Gesù che si fa pane affida a noi l’incarico, il compito, di farci pane per i nostri fratelli, spezzare il pane per gli altri, non soltanto ripetere i gesti che lui ha compiuto, potremmo dire nella dimensione liturgica, ma condividere il suo gesto di amore nello sfamare la fame di esistenza, di felicità, di amore, di vita dei nostri fratelli. Giovanni sottolinea anche il comandamento del servizio: lavarci i piedi gli uni gli altri. Seguire l’esempio di Gesù. E allora, la caratteristica del discepolo è il servizio, tanto più fattivo, quanto più grande è l’amore per il Signore e per i fratelli per amor suo. Anche San Luca, nel racconto della passione che abbiamo ascoltato domenica scorsa, colloca nell’ultima cena la disputa tra i discepoli su chi fosse il primo e ci ricorda l’ordine di Gesù, il comando di Gesù a farsi ultimi e servi di tutti. Non possiamo ridurre la nostra obbedienza a Gesù solo all’aspetto liturgico potrebbe essere alienante e fuorviante, nella liturgia deve trovarsi la elevazione e santificazione dell’amore espresso nel servizio quotidiano, secondo il comando di Gesù. Ognuno di noi si può interrogare ed esaminare sulla qualità del proprio servizio, quello di genitori di figli, di frati, di suora, di prete, di vescovo, di politici, di operai e imprenditori, di uomini e di donne. Gesù ci amò fino alla fine e la totalità senza condizione è la misura dell’amore e del servizio. Siamo distanti, abbiamo bisogno dell’aiuto vicendevole e della grazia del Signore, per obbedire al Signore e seguirlo nella fedeltà. Quest’anno abbiamo voluto evidenziare l’attenzione e il servizio ai migranti nella lavanda dei piedi, abbiamo invitato 12 migranti a compiere questo gesto liturgico, ma come abbiamo detto che vuole essere segno del servizio vicendevole. L’anno scorso, se ricordate, invitammo i ragazzi, i giovani durante il sinodo dei Vescovi sui giovani. Il rapporto con il tema dell’emigrazione e dell’accoglienza dei migranti è tema delicato ed impegnativo, che negli ultimi tempi, viene trattato e vissuto, non solo nella società, ma anche dai cristiani in maniera piuttosto sbrigativa, superficiale e a volte rabbiosa. Credo che adesso vada affrontato con intelligenza, con coraggio, con umanità, non lasciandoci sopraffare dalla paura e dal disagio che pure gente sconosciuta può provocare. So che è argomento difficile da affrontare, specie, dopo che ad arte, sono stati ingigantiti alcuni fatti poco piacevoli. Anche io negli anni 60 mi sono trovato a vivere tra migranti in Germania, quando gli italiani non erano certi guardati con simpatia e so cosa significhi sentirsi guardati e trattati con sospetto a volte da essere inferiori. E allora lasciamoci guidare dal senso di umanità, che è patrimonio nostro, della nostra gente e dal senso di amore cristiano insegnatoci da Gesù: “Amatevi gli uni gli altri come io ho amato voi”. La conoscenza diretta delle persone e delle loro storie, la prevalenza della ragionevolezza, il dialogo e discernimento sui temi delle migrazioni, e l’esempio di Gesù ci aiuteranno a superare le paure e ad affrontare temi che si risolvono per il bene di tutti. Gesù è il nostro maestro, non lasciamoci convincere e ingannare da altri maestri, che propongono un Vangelo differente da quello di Gesù.
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