Pontificale di San Giovenale 2022

Carissimi fratelli e sorelle, le letture della Parola di Dio che abbiamo sentite proclamate fanno parte della prima parte della Celebrazione Eucaristica. La liturgia infatti insegna che la celebrazione della Messa si compone di due mense, di due tavole imbandite: La mensa della Parola e la mensa eucaristica. Questo significa che anche nella prima parte, quella della Parola, come in quella della Eucaristia è presente ed è offerto da Dio un cibo di cui dobbiamo nutrirci.
Questo significa che le letture che abbiamo ascoltato sono date a noi non solo perché possiamo apprendere qualcosa, ma perché possiamo nutrircene, e nutrendocene, diventare ciò che esse contengono. Ma sappiamo anche che Gesù, il figlio di Dio, è la Parola di Dio fatta carne, pertanto nutrirci della Parola, che abbiamo ascoltato nella celebrazione, significa almeno due cose: la prima che ci nutriamo dello stesso Gesù, che poi nella seconda parte si fa pane per noi, e la seconda cosa è che così facendo noi progressivamente abbiamo la possibilità di attuare nella nostra vita, cioè rendere presente nel tempo, nella nostra stessa persona, il mistero grande è quello della incarnazione di Gesù che si rende presente nella nostra vita.
Le tre letture che appartengono a questa liturgia sono per noi oggi mediate dalla splendida figura di San Giovenale del quale abbiamo notizie certe: egli era un giovane medico originario di Cartagine, venuto a Roma durante il pontificato di papa Damaso I e da lui mandato a Narni nel 368 come Vescovo per confermare nella fede quella comunità cristiana, già evangelizzata dai vescovi Terenziano, Feliciano e Valentino. Egli fu il primo Vescovo della Chiesa di Narni per cui ne è considerato anche il fondatore, nonché Gubernator et Defensor Civitatis. La sua memoria è ricordata sin dai più antichi martirologi che lo commemorarono come Vescovo e confessore. San Gregorio Magno nei “Dialoghi” e nelle “Omelie” ricorda Giovenale, Vescovo di Narni con il titolo di Martire.
San Giovenale pertanto è per noi oggi, oltre che patrono, protettore, intercessore, modello fulgido, che ha saputo incarnare nella propria vita il vangelo del Signore; ha saputo cioè essere di lui carne viva nel tempo in cui egli ha vissuto.
San Paolo nella prima lettura ci presenta la propria esperienza di pastore, di vescovo, il quale, durante i suoi viaggi missionari, conferma nella fede i credenti, in modo particolare coloro i quali vennero costituiti come guide e Pastori del gregge. Tra questa schiera di vescovi, da Mileto ed Efeso seguirono una schiera di santi Pastori, tra i quali il Vescovo Giovenale, che, arrivato in questa nostra terra, seppe mettere a frutto i medesimi insegnamenti di Paolo, primo fra tutti quello di vigilare su se stesso e sul gregge che gli era stato affidato. Questo gregge –dice san Paolo – sono i cristiani che Dio si è acquistato non tanto con degli scritti ma con il sangue del Figlio Gesù.
Carissimi fratelli e sorelle anche noi qui presenti in questo tempo e oggi, apparteniamo a coloro che sono stati affrancati, dal peccato e dalla morte mediante il sangue di Gesù. Tale è stato l’amore di Dio per noi, immenso, fino ad arrivare all’effusione del sangue del Figlio suo incarnato. E Giovenale, divenuto vescovo di questa città, non solo ha recepito tale insegnamento e raccolto tale eredità, ma ha anche compreso che dare la propria vita per questo medesimo motivo confermava il proprio essere pastore e lo incorporava visibilmente al Pastore per eccellenza, Nostro Signore Gesù Cristo.
Cari fratelli e sorelle il monito di san Paolo alla vigilanza contenuto sia nella prima lettura come nella seconda, non è un semplice consiglio, affinché stiamo attenti in qualche azione o circostanza della vita, costituisce piuttosto l’anima del nostro essere capaci di custodire il grande tesoro della vita, della vita totale che ci è stata data col battesimo. E san Giovenale con le parole di san Paolo ci esorta affinché, ben consapevoli della nostra fragilità, proprio per questo motivo possiamo adoperare ogni precauzione al fine di ben salvaguardare la preziosità del contenuto. È come se san Giovenale avesse impresso nella vita di ciascuno di noi l’iscrizione “Maneggiare con cura”, oppure “fragile”, così come si esprime san Paolo nel brano della seconda lettura: “Noi abbiamo questo tesoro in vasi di creta”; ma proprio per questo motivo siamo oltremodo esortati ed incoraggiati alla testimonianza, “affinché – come ancora si esprime san Paolo – appaia che questa straordinaria potenza appartiene a Dio, e non viene da noi”.
Carissimi fratelli e sorelle, più ancora per noi oggi, risuonano le parole della preghiera di Gesù, che abbiamo sentito nel Vangelo. Noi siamo coloro che oggi credono in Gesù mediante la parola degli apostoli e quindi di coloro che sono i loro successori, tra questi san Giovenale nostro insigne patrono, il quale, come il Signore Gesù e i suoi Apostoli, ha dato la vita per il gregge, e quindi per noi.
Nella preghiera di Gesù, di cui abbiamo sentito nel vangelo proclamato, detta anche preghiera sacerdotale, vediamo il riflesso del nostro santo patrono, che ad immagine di Gesù Buon Pastore prega ed offre la sua vita per noi. Ma, cari fratelli e sorelle, gregge di questa chiesa di Narni, il motivo fondamentale per cui il Signore prega e offre la sua vita, lo abbiamo sentito: è per l’unità. Unità di cui Dio stesso è il fondamento e l’immagine e quindi la garanzia: “Che siano una cosa sola come noi”. L’unità significa non divisione, non contrapposizione e neanche lacerazione. Unità comporta, dunque, impegno, costanza e perseveranza e vigilanza. Per noi cristiani, unità significa poggiare sul fondamento della nostra fede e quindi della nostra vita, che si motivano unicamente in Dio. Ogni altra motivazione è soggetta a derive che, inevitabilmente, portano alla disgregazione e alla frantumazione. L’unità di Dio è vincolata dallo Spirito Santo, spirito di amore, e quindi di unità. Pertanto, adoperarsi per l’unità non potrà mai e in nessun modo esser messo in secondo ordine, né tantomeno ridicolizzato da chicchessia. Adoperarsi per l’unità significa, infatti, mettere in campo tutte le forze per poter sempre di più essere conformi all’immagine di Dio, che in se stesso è appunto unità perfetta. Non fare questo, non prestare questa attenzione, significa mettersi in balia del divisore, cioè del Maligno, e quindi sottoporsi inevitabilmente alla disgregazione. L’immagine che il mondo, in questi giorni, sta dando di se stesso ne è la prova più evidente. Ma questo vale per tutto, vale per tutto riguarda noi stessi e come comunità: dal nostro essere personale ai rapporti interpersonali, familiari, parentali, parrocchiali, presbiterali, cittadini, nazionali ecc. Tutto ciò, costituendo il nostro essere e la nostra sussistenza, è di estrema preziosità ed altrettanta fragilità; necessita pertanto di essere custodito e salvaguardato con la più estrema attenzione. Carissimi fratelli e sorelle di questo spirito è stato animato il nostro santo patrono Giovenale; di questo Spirito abbiamo necessità di essere animati oggi nel nostro tempo, per la nostra città, per le nostre famiglie, per il mondo del nostro tempo. Chiediamo al Signore che, attraverso il nostro impegno, secondo l’intercessione di San Giovenale, possa instaurarsi ancora oggi l’unità della concordia tra le famiglie, nelle famiglie, tra le città, tra le nazioni, nel mondo intero.
Lo abbiamo pregato ripetendo il versetto del salmo responsoriale: il Signore è il mio pastore, non manco di nulla.
Carissimi fratelli e sorelle, nella misura in cui sentiamo la mancanza di qualcosa nella nostra esistenza, se sentiamo la carenza del senso della vita, cosa che talvolta può capitare, come capita, abbiamo immediatamente la capacità di rivolgere subito la nostra attenzione al Signore, l’unico che può dar senso alla nostra esistenza: “il Signore è il mio pastore, non manco di nulla”.
E chiediamo al Signore di rendere sempre vivo quanto ho espresso a nome di tutti nella preghiera prima della proclamazione delle letture: “Guarda Signore, questa tua Chiesa, nella quale il santo martire Giovenale ti servì fedelmente come padre e pastore: concedi a noi tuoi figli, di tenere come norma di vita il Vangelo che egli ha insegnato e testimoniato sino all’effusione del sangue”.
Amen.