San Giovenale 2023

Carissimi fratelli e sorelle abbiamo sentito proclamato una parte di quel discorso di Gesù chiamato “la preghiera sacerdotale”. Nel contesto della liturgia che celebriamo ci viene quasi richiesto di abbandonarci e lasciarci condurre da questo discorso, da questa preghiera, da ogni sua singola parola; quasi di farci cullare dai termini adoperati da Gesù, di modo che ne possiamo rimaniamo pienamente coinvolti.
Per fare questo ritengo necessario sottolineare alcuni tratti fondamentali che ci consentiranno non solo di apprezzare quanto viene pronunciato, ma anche di coglierne il senso profondo di quanto in esso contenuto.
Innanzitutto credo sia importante sottolineare l’atteggiamento fisico tenuto dal Signore durante la preghiera; dice il Vangelo: “alzati gli occhi al cielo pregò dicendo”….
Potremmo dire, trattandosi di Gesù: è normale che tenga questo atteggiamento, questa postura fisica. Questo ci insegna il senso profondo di ciò che è la preghiera. Essa è l’orientamento dello sguardo dell’ essere verso l’alto, ossia verso Dio.
Non è pertanto, la preghiera, la formulazione di desideri pur legittimi per la nostra vita, quanto piuttosto un lavoro particolarmente impegnativo, paragonabile al gettare una sorta di ponte verso l’alto, verso Dio, per poter ottenere da lui e secondo la sua volontà quanto espresso.
Lo sguardo del Signore verso il cielo ci ricorda quanto abbiamo sentito più di una volta proclamato in questi giorni Pasquali: “se siete risorti con Cristo cercate le cose di Lassù…”
Ed è appunto in forza di quanto si trova lassù, cioè in Dio, che il Signore formula la sua richiesta al Padre: “che siano una cosa sola….come noi siamo una cosa sola”.
Già questo particolare dovrebbe orientare ogni nostra preghiera, perché lungi dall’essere una sorta di richiesta rivolta al cosiddetto pozzo dei desideri, sia invece una mirabile assimilazione al mistero stesso di Dio.
Tale assimilazione, tale unità, tale comunione sarà inoltre anche la garanzia della stessa missione affidata agli apostoli e a ogni cristiano e quindi a ciascuno di noi. Gesù infatti disse “Vi riconosceranno da come vi amerete”.
La preghiera di Gesù invoca dunque l’amore del Padre, affinché questo sia fatto carne, realtà viva in coloro che lo seguono e ripongono in lui ogni attesa, ogni desiderio di Bene.
E tutto questo è valido sempre, in ogni tempo e arriva fino a noi oggi qui a Narni mentre celebriamo la festa del nostro santo patrono.
E tanto più ci immergiamo nella preghiera di Gesù, tanto più riusciamo a scorgere nitida riflessa la figura di san Giovenale.
Giovenale era un giovane medico originario di Cartagine, arrivò a Roma durante il pontificato di papa Damaso e da lui venne mandato a Narni nel 368 come Vescovo per confermare nella fede quella comunità cristiana già evangelizzata dai vescovi Terenziano, Feliciano e Valentino.
Egli fu il primo Vescovo della nostra Chiesa di Narni. Fu martirizzato il 3 maggio sulla via Nomentana, insieme a Evenzio, Alessandro e Teodulo.
La sua memoria è ricordata sin dai più antichi martirologi che lo commemorarono come Vescovo e confessore. San Gregorio Magno nei “Dialoghi” e nelle “Omelie” ricorda Giovenale, Vescovo di Narni con il titolo di Martire.
E la vita di Giovenale, allo stesso tempo, fa trasparire ed emergere la vita stessa di Gesù, che a sua volta ci viene donata, mediata dalla sua esperienza di vita.
Con le espressioni dell’apostolo san Paolo ci trasmette la verità comportamentale del Vangelo, accompagnandola con una sorta di “biglietto/foglio delle istruzioni” affinché la possiamo riconoscere – la ricchezza di questa vita – e riconoscendola accoglierla e maneggiarla con cura: “abbiamo un tesoro contenuto in vasi di creta”.
Questa bella attestazione di san Paolo ci spinge a considerare la profondità dell’argomento verso una duplice direzione.
La prima consiste nel saper cogliere ed apprezzare il valore del tesoro; la seconda consiste nell’attenzione, nella premura, nella particolare cura da riporre nei confronti del contenitore di questo tesoro, il quale, in forza di questo suo contenuto prezioso, acquista esso stesso valore.

Carissimi fratelli e sorelle, ringraziamo il Signore per averci dato il contenuto di sé ed averlo riversato nella nostra povera e fragile vita.
Ma come potremmo mai conservare in questo nostro vaso di creta, ossia nella nostra vita fatta di alti e bassi, di esperienze spesso traumatiche, ferita dal peccato, soggetta alla storia che spesso si avventa contraria a quanto invece vorremmo fosse di buono?
Come potremo, in una parola mantenere fede al Battesimo, mediante il quale abbiamo ricevuto la Vita Nuova?
Ecco ritorna a noi l’esempio della vita di san Giovenale, il quale insieme a san Paolo e agli anziani della chiesa di Efeso – di cui alla prima lettura -, ci esorta alla vigilanza. Vigilanza di ciascuno su se stesso e su quanti ci sono stati affidati.
Io credo che mai come in questo nostro tempo abbiamo necessità di queste parole di vita che orientano la nostra speranza, ossia ogni nostro desiderio di bene per noi e per coloro che ci stanno accanto; coloro sui quali abbiamo in qualche modo responsabilità, necessità di attenzione e di vigilanza.
Ma la Parola di Dio ci illumina ulteriormente e ci indica anche il criterio, la base su cui fondare la condotta verso cui rendere evidente, tangibile e reale ogni nostra azione.
Tale criterio è il Signore, così come abbiamo pregato col salmo: “Il Signore è il mio Pastore non manco di nulla”.

Carissimi fratelli e sorelle quante volte abbiamo elevato nella preghiera, specialmente liturgica, questa attestazione: “il Signore è il mio pastore non manco di nulla”? Eppure – dobbiamo ammetterlo – rimaniamo spesso insoddisfatti, ci sentiamo sempre mancanti di qualcosa.
San Giovenale con la sua esperienza di vita, tutta donata al Signore, è per noi espressione viva ed eloquente di quanto in Dio e solo in lui si trovi la realizzazione piena della vita; vaso di creta eppure depositaria del più grande tesoro: Gesù Cristo crocifisso e risorto.
Giovenale ripete a noi quanto Gesù ha lasciato in eredità alle persone di tutti i tempi: “Che giova all’uomo guadagnare il mondo intero, se poi perde la propria anima? E che cosa potrebbe mai dare un uomo in cambio della propria anima?”
Carissimi fratelli e sorelle Chiediamo al nostro santo patrono la grazia di perseverare nella gioia di poter respirare i frutti della preghiera sacerdotale del Signore e, con l’esempio e l’intercessione di san Giovenale, poterla trasmettere tramite una condotta di vita santa.
Così come nella storia di san Giovenale, fondamento vivo di Cristo per questa nostra Chiesa, ci affidiamo a Maria santissima invocandola con particolare affetto perché ci guidi e ci benedica sulla via dell’unità e della santità, l’unica capace di dare senso e pienezza di vita.