Carissimi fratelli e sorelle l’annuale festa di San Valentino ci sprona ancora a rileggere la nostra vita di credenti alla luce della parola di Dio attraverso la testimonianza data dal nostro Patrono.
È bene perciò capire innanzitutto che la Parola di cui si parla, non è un sostantivo o un insieme di pensieri ma è una persona, Gesù Cristo, Parola di Dio fatta carne.
Fatta questa precisazione fondamentale, siamo in grado di comprendere il motivo per cui i santi, san Valentino nella nostra fattispecie, ha potuto, dovuto e voluto dare la sua testimonianza alla persona di Gesù Cristo.
Comprendiamo, di conseguenza, che il motivo di fondo che guida e sorregge un simile atteggiamento non può che essere la carità, ossia l’amore di Dio che però previene; che cioè è all’origine di ogni nostro sentimento, azione e scelta del nostro stesso esistere, così come abbiamo sentito proclamato nella prima lettura: “Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto, prima che tu uscissi alla luce ti ho consacrato…”.
Questo è detto del profeta Geremia, il quale racconta la sua vocazione, ossia la sua chiamata ad essere collaboratore di Dio nell’attuazione di un programma positivo in seno alla storia del suo popolo.
Per tutto questo il profeta dichiara la propria indegnità, la propria inadeguatezza.
Ciononostante Dio conferma il proprio piano e, nonostante la pochezza dichiarata, rende il profeta capace del compito. E lo fa compiendo un gesto squisitamente delicato e significativo sotto diversi aspetti: “Il Signore stese la mano, mi toccò la bocca” e disse, ecco metto le mie parole nella tua bocca”.
Carissimi fratelli e sorelle senza questo gesto essenziale di Dio, senza cioè questo tocco nessuno potrebbe mai essere suo vero testimone. Senza questo gesto di Dio saremo solo capaci di proferire parole nostre, spesso senza senso e farneticanti.
Il Signore, nel momento in cui siamo stati battezzati, mediante il ministro, ci ha toccato tutte le membra e in modo speciale le labbra, quelle minuscole labbra già da piccoli avevano il suggello della mano di Dio, perché potessimo essere suoi portavoce mediante tutta la nostra persona, che nel battesimo è stata resa figlia di Dio, imprimendogli –diremo- lo stampo della medesima persona del Figlio Gesù.
Che grande amore quello di Dio nei nostri confronti! “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio”. Quell’amore che abbiamo sentito enunciato nella pagina del Vangelo oggi proclamato. /
Allargando il discorso potremmo ricordare quanto generalmente si dice in merito, che cioè non si può parlare semplicemente perché si ha la bocca, piuttosto si parla in quanto si ha la capacità di pensare, riflettere, giudicare; pertanto se la bocca proferisce le parole di Dio è chiaro che prima ancora della bocca è stata da lui toccata, illuminata e guidata la mente mediante l’intelligenza dello Spirito.
Nel Vangelo abbiamo sentito del pastore che dà la vita per le pecore e la figura di questo particolare pastore, definito buono/bello, è messa in contrasto con la figura del mercenario il quale utilizza e sfrutta il gregge. infatti nel momento in cui è maggiormente richiesta la sua presenza, come all’arrivo del lupo, fugge per paura, per comodità, per codardia; insomma per salvare sé stesso.
Il mercenario utilizza le pecore, le sfrutta e fugge perché non le ama affatto. Non le ama fondamentalmente perché in sé non ha alcun motivo per esprimere questo sentimento.
L’amore e la sua mancanza è il criterio perché si possa valutare la sussistenza o meno della vita del gregge. In altre parole e utilizzando un esempio, allargando lo sguardo sull’umanità del nostro tempo, potremmo dire che il suo disfacimento è dato proprio dalla mancanza d’amore.
Gesù è il Buon Pastore il quale, non solo ha dato la sua vita per il gregge ma ha anche indicato il criterio, il modo affinché il gregge sia salvato, ossia dare la vita quale espressione somma dell’amore.
Carissimi fratelli e sorelle, è necessario tuttavia restringere anche questa visuale e comprendere che il criterio è valido e parte dipanandosi da ogni tipo di relazione, da quella generale/mondiale a quella sociale, cittadina, fino ad arrivare a quella familiare, altrimenti la dissoluzione è inevitabile.
Papa Francesco in tutti i suoi documenti, specialmente nella “Fratelli tutti”, mette in guardia da questo pericolo, fino anche ad affermare che la società, in tutte le sue dimensioni, non può reggersi neanche su un mondo fatto di soci; perciò è necessario l’amore, un amore che promuova le persone.
Dal racconto della parabola evangelica oggi proclamato, potremmo anche cogliere un ulteriore risvolto che, se non si sta attenti, rischia di coglierci impreparati. Mi riferisco alla situazione che si viene a creare nel momento in cui il mercenario fugge. Egli fugge a causa dell’arrivo del lupo.
Mi sembra pertanto di individuare una sorta di collaborazione, diretta o indiretta tra lupo e mercenario, infatti entrambi non amano il gregge.
Carissimi fratelli e sorelle quanti sodalizzi tra mercenari e lupi nel corso della storia! Quante alleanze passate inosservate tra coloro che avrebbero dovuto custodire e coloro che sono stati i carnefici. Quanti attentati registriamo ogni giorno, sia alla pace dell’intero gregge, sia alla salvaguardia del piccolo gregge della famiglia, dove il germe dell’amore ha visto il primo germoglio!
San Valentino, che la tradizione ci consegna come il santo dell’amore familiare ci insegna che solo attraverso la donazione incondizionata della propria vita all’unico pastore, ossia Gesù Cristo, si può seminare e raccogliere il frutto sano e bello dello stesso amore.
Ma attenzione tra la semina e il raccolto si rende necessaria la cura nel coltivare adeguatamente il seme che diventa germoglio, che diventa pianta, che produce il frutto ecc.
Senza questa cura il seme potrebbe non germogliare e, se germogliato in avverso contesto, rischia di diventare pianta cattiva e sterile.
Il nostro Santo Patrono ha saputo essere buon seminatore, attento custode del gregge e, insieme all’alto compito nel custodire e reggere la sposa di Cristo, ha saputo declinare questo suo amore verso ogni singola categoria di persone: dai poveri, agli ammalati nello spirito e nel corpo.
A tale proposito le varie tradizioni ci consegnano deliziosi affreschi sul suo apostolato di persona attenta a tutto e solidale non solo a parole ma soprattutto attraverso quella vicinanza che si trasforma, nel momento in cui viene applicata, in vero salutare balsamo
La tradizione poi ci consegna la particolare attenzione di san Valentino verso i giovani, cosa che sempre dovrebbe caratterizzare l’azione della società e della Chiesa.
Questa attenzione è esplicitata nella forma della donazione reciproca della coppia. Perciò chiediamo al nostro santo Patrono che i giovani attingano da lui le sane e virtù per crescere nell’amore autentico e nel reciproco rispetto e si impegnino attivamente per edificare un mondo di pace.
Affidiamo al nostro santo patrono tutti gli abitanti della nostra città affinché da lui illuminati e sorretti si possa essere attivi collaboratori nella costruzione del bene comune.
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