Te Deum di fine anno. Mons. Piemontese: «Questa pandemia dove rafforzare in ciascuno il senso della responsabilità nelle scelte e nei comportamenti; il senso della comunità civile ed ecclesiale: nessuno si salva da solo e Dio non ci salva da soli, ma come popolo»

Celebrata dal vescovo Giuseppe Piemontese nella Cattedrale di Terni la solenne messa di ringraziamento di fine anno con il canto dell’antico inno del “Te Deum”. Alla celebrazione erano presenti i canonici della Cattedrale di Terni, il sindaco di Terni Leonardo Latini, il vice prefetto Andrea Gambassi, il Questore di Terni Roberto Massucci, il presidente della Fondazione Carit Luigi Carlini, i rappresentanti delle altre autorità militari, delle associazioni e movimenti ecclesiali.
«La conclusione di questo anno appare molto diversa dagli altri anni – ha detto il vescovo –
Le considerazioni possono fluire con una certa dose di spontaneità e di ovvietà visto che tutti siamo stati sovrastati dalla pandemia del Covid-19. Fermiamo per qualche istante la nostra attenzione sul tempo che abbiamo vissuto per coglierne gli aspetti di pesantezza, di drammaticità prevalente, ma anche gli aspetti positivi e di singolarità in riferimento alla vita personale, familiare, civile, sociale ed ecclesiale».
La speranza della fede
«La venuta di Gesù da duemila è segno di speranza per l’umanità e per ciascuno. È questa la ragione e l’ancora di speranza per noi che vediamo scorrere il tempo, che conduce anche noi inesorabilmente verso il compimento, la fine, la morte terrena.
Noi che siamo animati dalla fede, in qualunque situazione possiamo guardare con fiducia allo scorrere del tempo e al futuro perché Dio è con noi; il bambino di Betlemme ci conferma l’interesse di Dio per le vicende dell’umanità e per ciascuno di noi, non ci ha abbandonati. Questa sera, facendo memoria dell’anno trascorso, questo pensiero ci è di conforto e suscita sentimenti di gratitudine in ognuno. Si, proprio nell’anno della pandemia, confortati da queste considerazioni, siamo qui per coltivare ed esprimere gratitudine e speranza».
La pandemia, la sofferenza, la solidarietà, la crisi economica e la ricerca medica.
Nell’omelia molti sono stati i riferimenti del vescovo a quanto accaduto nell’anno trascorso «che hanno inciso un segno indelebile e che influiranno nel futuro della nostra storia personale, della società e della Chiesa. Tutti noi abbiamo vissuto giorni di smarrimento e di preoccupazione. Diversi di noi hanno attraversato ore di angoscia: mancanza di respiro, dolori su tutto il corpo, rifiuto del cibo, isolamento medico, sociale e affettivo; interminabili giorni di solitudine e di incertezza sull’esito del morbo.
Abbiamo assistito, increduli ed estasiati a gesti anche eroici di altruismo e di generosità, emersi dal profondo di una umanità e che pensavamo scomparsi. Medici, infermieri, operatori sanitari, farmacisti, forze dell’ordine, Istituzioni…. Ma anche genitori, figli, amici, giovani volontari che si sono prodigati e inventati modi per portare cure, aiuti e sollievo a chi era nel bisogno e nella solitudine: per tanto bene ringraziamo il Signore.
Abbiamo osservato con meraviglia mista a sbigottimento le tante file di indigenti soccorsi alle mense della Caritas o di altre istituzioni benefiche. Anche le Istituzioni civili, militari, gli scienziati di ogni parte del mondo hanno assicurato la vicinanza operosa e benefica al popolo. Le ristrettezze economiche di famiglie, aziende, imprese hanno accresciuto la sofferenza e la preoccupazione per il presente e per il futuro. I progetti di sostegno economico, messi in campo dell’Unione europea e dai singoli Stati, alimentano la speranza nella ripresa economica, civile, sociale, culturale.
I farmaci resi disponibili per tutti i malati e soprattutto il vaccino anticovid, distribuito in questi giorni in varie parti del mondo e anche in Italia, è frutto della collaborazione tra scienziati, ma anche della sinergia di governi e autorità varie. Anche ciò è segno della benevolenza e Provvidenza del Signore che ispira il volere e l’operare per la diffusione del bene tra gli uomini».
La riscoperta della meditazione e del senso della comunità civile ed ecclesiale durante il lock down
«Nel tempo del lockdown siamo rientrati in noi stessi e abbiamo potuto riscoprire la riflessione, la meditazione della parola di Dio, la preghiera e la contemplazione del volto di Dio. La solitudine tra le quatto mura di casa e l’impossibilità di partecipare alla santa Messa col digiuno eucaristico ha rafforzato in noi il bisogno del Pane eucaristico e della comunità e ci ha fatto scoprire che siamo veramente tutti sulla stessa barca: ognuno deve remare in maniera ordinata e sincronica per poter raggiungere il porto sospirato e la salvezza.
Questa pandemia dove rafforzare in ciascuno il senso della responsabilità nelle scelte e nei comportamenti; il senso della comunità civile ed ecclesiale: nessuno si salva da solo e Dio non ci salva da soli, ma come popolo.
Leggere i segni dei tempi
Il popolo di Dio che sa leggere i segni dei tempi, anche di questa pandemia; sa riconoscere la presenza misericordiosa di Dio, impara ad apprezzare, a rispettare, custodire e curare il creato e i frutti della terra e del lavoro dell’uomo per un universo sano, ordinato per il benessere materiale e spirituale dell’umanità.
Gli auguri per il nuovo anno
«Allo spegnersi di questo anno 2020, che vorremmo cancellare dalla storia, vogliamo ripetere a noi stessi che tutto è Grazia e impegnarci ad approfondire con saggezza il senso di questi eventi per le nostre comunità e per ciascuno. Lasciamo posare su di noi la benedizione del Signore perché la consolazione di Dio ci conforti e ognuno comprenda con responsabilità la propria parte da compiere per rinnovare l’esistenza propria e della comunità».

L’OMELIA DEL VESCOVO

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